Lotte sociali per le risorse del territorio
(testo di Dino Paternostro. *)
San Giuseppe Jato nacque come comune feudale. Fu
fondato, infatti, nel 1779, dal Principe di Camporeale Giuseppe
Beccadelli Bologna, che ottenne la "licentia populandì" da
Ferdinando IV.
Il centro abitato nacque sul feudo "Mortilli" e
da questo prese il nome: San Giuseppe dei Mortilli appunto che
qualche anno dopo avrebbe cambiato definitivamente in San Giuseppe
Jato.
Il paese sorge proprio sotto le pendici del
massiccio di monte Jato, la cui storia si perde nella notte dei
tempi. Pare, infatti, che sul sito vi siano tracce di
frequentazioni umane di uno dei primi tre popoli abitatori
dell'isola, gli Elimi, il cui nucleo originario - secondo la
tradizione - era costituito da profughi troiani, sfuqqiti alla
distruzione della loro città ad opera dei Greci. La città poi
venne ellenizzata e raggiunse un periodo di massimo splendore,
contrassegnato da "monumenti" dì rilevante bellezza (il teatro,
l'agorà, il bouleterion, il tempio di Afrodite) e da una sua
autonoma capacita di monetazione, come dimostrano le campagne di
scavo, condotte dal 1971, dalla missione archeologica svizzera,
guidata dal professor Peter Isler, dell'università di Zurigo.
Buona parte del materiale archeologico rinvenuto sull'altopiano
del monte Jato è adesso sistemato nell'Antiquarium del comune di
San Cìpirello, nel cui territorio ricade il sito.
Orgoglio degli abitanti di San Giuseppe Jato
sono, per esempio, la chiesa e il quadro con l'immagine sacra
della Madonna della Provvidenza, patrona della città.
Altre chiese importanti da visitare sono: la
chiesa della Madonna del Carmelo, che sorge in piazza del
Carmine, proprio alle pendici di Monte Jato. Fu costruita alla
fine dell'Ottocento e presenta la classica architettura rurale
siciliana; la chiesa delle Anime Sante, la cui
particolarità, non collegabile a nessuno stile particolare, è data
dalle edere rampicanti sul prospetto, alla cui sommità c'è il
campanile; la chiesa del SS. Redentore e San Nicolo di Bari,
in stile rustico-barocco, il cui progetto di completamento fu
redatto da Achille Viola; la chiesa di San Francesco di Paola,
costruita senza uno stile particolare da maestranze locali, dove
sono conservati dipinti di Gabriel Mering.
Il territorio di San Giuseppe Jato è ricco di
rilievi montuosi aspri e plasticamente suggestivi come la Pizzuta,
Maya e Pelavet, nonché costellato dì vecchi mulini ad acqua,
testimonianza di un recente passato in cui la molitura del grano
costituiva un'attività economica rilevante, grazie alle acque del
fiume Jato e ai suoi affluenti.
Quelli di cui restano tracce sono: il mulino
Provvidenza, con struttura a martello, costruito verso la fine
dell'Ottocento. Si possono ancora vedere la turbina e la cannella,
il garraffo e la condotta idrica; il mulino Jato, che sembra
risalire al 1182 (il più antico del paese, quindi), caratterizzato
da una torre cilindrica; il mulino Principe, costruito intorno al
1800 dal Principe di Camporeale, Giuseppe Beccadelli Bologna. Pur
essendo in completo stato di abbandono, è quello che si conserva
meglio e di cui è possibile "leggere" le funzioni fondamentali: la
condotta idrica, sostenuta da archi ogivali e la struttura a
martello; il mulino della Chiusa, che utilizzava per il suo
funzionamento le acque del Vallone Procura, di cui esiste ancora
il corpo di fabbrica; il mulino Quarto, del quale si
possono notare la macchina che separava la farina dalla crusca e
la ruota porta cinghia. Di esso esistono ancora la botte di carico
e una condotta che si biforca: una serviva per macinare il grano,
l'altra per il pastificio.
* tratto dall'opuscolo
turistico della Provincia di
Palermo