La quadrangolare araba
(testo di Dino Paternostro *)
Scrisse il geografo arabo Edrisi che
l'abbondanza di acqua nel territorio di Trabia muoveva numerosi
mulini, dove si produceva farina, utilizzata per lavorare l'itryah,
un particolare tipo di pasta, costituita da fili molto lunghi, non
bucati, che oggi chiamiamo "vermicelli". Lo storico siciliano
Michele Amari precisa, infatti, che un "cibo di farina in forma di
fila".
Il fatto ha una sua importanza perché la storia
ci tramanda che gli spaghetti furono importati da Marco Polo dalla
lontana Cina, ma il viaggiatore veneziano nacque cento anni dopo
lo scritto del geografo arabo, per cui si può affermare, con
Pietro Zizzo, che Trabia fu "se non I'unico
almeno uno dei primi centri in cui si produceva, in rudimentali
macchine quella particolare pasta che veniva poi asciugata al sole".
Per lungo tempo l'economia di Trabia si resse
sulla produzione di questa pasta e sui trappeti - detti
anche "cannamele" - dove si trasformava la canna da
zucchero. Cambiati i tempi, oggi l'economia del paese, situato
lungo l'autostrada Palermo-Catania, tra il grosso centro di
Termini Imerese ed Altavilla Milicia, si basa sulla frutticultura (principalmente le nespole, la cui sagra si
svolge ogni anno, a maggio), sulla pesca e anche sul turismo, grazie alla bella spiaggia della sua frazione di
San Nicola l'Arena.
Il nome di Trabia, nei documenti ufficiali,
l'incontriamo per la prima volta nell'XI secolo come "Trabi' ah",
che in arabo significa "la quadrangolare", forse a significare la
conformazione urbanistica del centro abitato di allora. Cento anni
dopo l'Edrisi ne parla come di un mahall (borgo) molto
popolato e in cui ferveva un'intensa attività
economico-commerciale, grazie anche all'abbondanza di acqua.
Nel XIV secolo Filippo II d'Aragona concesse il
paese e il suo territorio a Bertino Cipolla e, dopo la morte di
quest'ultimo, a Lombardo di Campo. Quindi, la concessione passò da
Guglielmo Tricotta, a Bernardo Tricotta. Quest'ultimo - con
proprio testamento - lo legò al Convento del Carmine di Palermo,
che un anno dopo lo passò a Bernardo Bartolomeo.
Nel 1444 - con atto del notaio di Termini
Imerese, Antonino Bonafede - Trabia e il suo territorio furono
concessi in enfiteusi a Leonardo Bartolomeo, profanatore regio,
perché vi esercitasse "l'industria delle cannamele", scrive
Francesco Tardia.
Ma la svolta per Trabia avvenne col matrimonio
tra Aloisia, unica nipote del Bartolomeo, e Blasco Lonza, barone
di Galati e di Randazzo, appartenente ad una famiglia di grande
prestigio, che vantava origini normanno-sveve. Aloisia portò in
dote al Lonza proprio le terre di Trabia: d'allora i Lonza
legarono indissolubilmente - e per lungo tempo - il loro nome a
quel territorio, anche perché, il 14 novembre 1509, l'imperatore
Ferdinando elevò a baronia il feudo di Trabia con il castello, il
fondaco, i mulini, i trappeti e le abbondanti acque, consentendo a
Blasco Lonza di fregiarsi del titolo di barone di Trabia. I Lonza
fecero restaurare il bel castello, attorno al quale si sviluppò
ancora di più l'odierna Trabia.
A qualche chilometro dal paese, adagiato su una
bassa scogliera, sorge la frazione marinara di San Nicola
l'Arena, conosciuta anche come San Nicola Tonnara, perché già
nel XIV secolo esisteva in quel piccolo borgo una tonnara. Appena
fuori il centro urbano, esiste ancora il castello "turrito e
merlato", costruito intorno al XV secolo, che oggi sono
proprietari i Mantegna, principi di Ganci. Si tratta di un vero
gioiello, che vale la pena di visitare. I Lonza fecero restaurare
il bel castello, attorno al quale si sviluppò ancora di più
l'odierna Trabia.
* tratto dall'opuscolo
turistico della Provincia di
Palermo