Due prefetti romani, padre e figlio, potrebbero 
			essere stati i proprietari della Villa del Casale di Piazza 
			Armerina. Ceionius Rufus Volusianus, praefectus urbi e console sotto 
			Massenzio e Costantino nei primi decenni del IV d.C., e suo figlio 
			Ceionius Rufus Albinus, console e praefectus urbi anch’egli, noto 
			intellettuale e scrittore di geometria e logica, tanto da meritare 
			il soprannome di Philosophus, sono i due politici del Sacro Romano 
			Impero sui cui nomi stanno lavorando gli archeologi che collaborano 
			al restauro della Villa.  
			L’ipotesi è quanto mai attendibile: i mosaici 
			della Villa riportano figure e personaggi che si possono ricondurre, 
			per diversi particolari e caratteristiche, a prefetti di queste 
			cariche. I risultati più recenti di queste scoperte saranno resi 
			noti durante il XVI colloquio dell’Aiscom (Associazione italiana per 
			lo studio e la conservazione del mosaico), di fatto la più grande 
			associazione di esperti e studiosi degli impianti musivi italiani e 
			non.
			Il gruppo si riunisce ogni anno in una città 
			diversa per confrontare scoperte e studi: quest’anno tocca a 
			Palermo. Centotrenta esperti, italiani e stranieri, si 
			confronteranno per tre giorni cercando di fare il punto sulle ultime 
			novità nel campo, divise nelle diverse giornate tematiche. La prima 
			è dedicata alla Sicilia (a Piazza Armerina, Lipari, Monreale) e 
			vedrà anche la presentazione di Fausto Zevi, del volume “Mosaici 
			mediterranei” a cura di Maria Costanza Lentini. Poi si passerà a 
			discutere dei mosaici di Campania, Abruzzo, Molise, Puglia, di Roma, 
			e via salendo, Toscana, Emilia, Lombardia e le “Venezie”.  
			“Il problema fortemente dibattuto finora era 
			incentrato sulla proprietà della Villa del Casale –  
			spiega 
			Patrizio Pensabene, docente alla Sapienza di Roma e alla Kore di 
			Enna -: gli studiosi discutevano sul fatto che fosse di proprietà 
			imperiale, o di importanti personaggi dell’epoca. Queste due 
			possibilità, che per anni sono procedute in parallelo, sono state 
			suffragate dal tentativo di identificare i proprietari tramite 
			simboli che comparivano nei mosaici. Fu lo stesso Hans-Peter L’Orange 
			a ipotizzare una proprietà imperiale (in un primo tempo Massimiano 
			Erculeo o il figlio Massenzio). Negli anni ’80 presero invece corpo 
			le ipotesi dello storico messinese Antonino Calderone, le stesse che 
			oggi trovano ampie conferme”.  
			Le nuove ipotesi che riconducono ai due Prefetti, 
			padre e figlio, prendono le mosse dal mosaico della “Grande caccia”, 
			che il restauro accurato del Centro regionale ha riportato 
			all’originario splendore. Nel mosaico compare un personaggio più 
			anziano con un bastone e un copricapo “pannonico”, e un altro 
			personaggio simile accanto, in asse con la basilica retrostante. 
			 
			“Gli scavi e il restauro hanno portato alla 
			luce con esattezza le figure che ipotizziamo siano quelle dei 
			proprietari. Sicuramente personaggi importanti della Roma Imperiale 
			del IV secolo, forse Ceionius Rufus Volusianus, prefetto urbano, e 
			suo figlio Ceionius Rufus Albinus, anch’egli prefetto della città, 
			noto intellettuale e scrittore di geometria e logica, tanto da 
			meritare il soprannome di Philosophus. Non solo, nelle vicinanze di 
			Piazza Armerina, è documentata l’esistenza di una stazione di posta 
			Philosophiana, che dava anche il nome ad una contrada che oggi si 
			identifica con l’area presso l’antica Sofiana, piccola città che 
			sorgeva a pochi chilometri dalla Villa del Casale. D’altronde, ville 
			grandi come quella del Casale non potevano che essere di proprietà 
			di famiglie di prestigio, con grandi possibilità economiche”.
			Pensabene sottolinea anche altri particolari. 
			“Negli anni ‘90 si è portata di nuovo l’attenzione sulla “Grande 
			caccia” e si è sempre più precisata l’interpretazione di personaggi 
			che provvedevano alla cattura di belve africane da trasportare a 
			Roma per i giochi del Colosseo, organizzati dal prefetto della 
			città. Certe scene di caccia normalmente sono considerati dei topoi, 
			dei temi ricorrenti, ma nel caso del mosaico di Piazza Armerina 
			pensiamo si debba andare oltre: e che i personaggi rappresentati 
			siano da ricollegarsi a persone reali vicine al Dominus della casa. 
			Si riconoscono i porti di Alessandria e Ostia, nel mosaico dell’aula 
			basilicale, che segnava l’ingresso del dominus nella villa, mentre 
			nella palestra delle terme, è raffigurato il Circo Massimo di Roma e 
			nella «spina del circo» la dea Cibele di spalle che cavalca un 
			leone: è il punto di osservazione esatto di chi guarda il circo dal 
			Palatino, quindi solo l’imperatore o in sua vece, il prefetto della 
			città”.  
			Altri personaggi in copricapo pannonico (simbolo 
			d’autorità) e insegne militari sono apparsi durante il restauro 
			delle pitture, condotto sempre dal Centro Regionale. Patrizio 
			Pensabene lancia anche una proposta. Come responsabile dello scavo 
			anche del nuovo edificio termale, anch’esso ricoperto da mosaici, 
			scoperto a sud, sotto l’insediamento medievale, a circa 120 metri 
			dalla Villa principale, propone di unificare i progetti di restauro 
			nell’idea comune di una grande parco archeologico che rivaluterebbe 
			di fatto l’intera zona, e non la sola Villa del Casale.