Conclusasi la parte laica delle celebrazioni la notte del 14 luglio con i fantastici giochi di’artificio, in onore della Santuzza, il quinto e ultimo giorno è dedicato alla parte religiosa.

Testi e Foto @Palermoweb

La mattina del 15, l’Arcivescovo di Palermo celebra il Solenne Pontificale alla presenza delle varie Autorità civili e militari, l’autorità Senatoriale cittadina con il suo Sindaco rinnova il patto di fede contratto con la venerabile Santa sin dal lontano 1625, anno del rinvenimento delle sacre ossa.

 

Fulcro delle celebrazioni, questa volta, è l’urna argentea contenente le sacre reliquie, conservate durante tutto l’anno nella cattedrale accanto all’altare maggiore (foto grande in alto), allestito dopo la settecentesca trasformazione del Fugà.

Quest’arca monumentale, realizzata nel 1631 dagli argentieri palermitani su disegno dell’architetto del Senato Palermitano, Mariano Smeriglio, venne a sostituire l’originaria, realizzata per l’occasione dei festeggiamenti del primo “festino” del 1625, per dare una sistematica posizione alle 27 reliquie.

Queste, ricoperte di cotone idrofilo e riposte in un cofanetto rivestito di velluto rosso, vennero introdotte all’interno del nuovo reliquiario a sarcofago che nello stesso tempo divenne un apparato atto all’uso processionale.

Ad essa fu conferita una semplice forma rettangolare, suddivisa in tre parti: la base, un corpo centrale e la copertura apicale.

La base, che funge da supporto, viene successivamente adagiata nella “vara” vera e propria ed è costituita da una pedana alquanto compatta nella quale s’innesta un fusto centrale che regge l’intera opera. A livellare il peso, ai quattro spigoli sono posti dei putti alati nudi, in posizione eretta, che utilizzano una mano per sorreggere l’urna mentre con l’altra impugnano uno scudo nel cui campo vi è cesellato il classico simbolo della Santa: la rosa. In entrambi i fianchi laterali sono poste due aquile cinte di corona (emblema della città di Palermo) con le ali spiegate, e con gli artigli sorreggono un gran cartiglio dove sono trascritte alcune dediche dell’allora Arcivescovo Giannettino Doria e del Viceré Filippo IV.

Il corpo centrale dell’arca è il sarcofago in cui è contenuta la custodia con le reliquie. Esternamente, su ognuna delle quattro facce vi è un quadro scenografico in cui sono raffigurate scene della vita di Santa Rosalia; in una in particolare la santa è effigiata in estasi amorosa, mentre offre a Maria una corona di preci, in un’altra mentre abbandona la reggia per ritirarsi nella Quisquina, donde poi un angelo la guida al Pellegrino. Ai lati di questi quadri, seduti in posizione esterna verso la frappa inferiore, sostano due angioletti a reggere la scena.

La balza superiore oggi presenta agli angoli quattro cerofori ,aggiunti in tempi recenti. Sulla parte sovrastante, a piramide, sono presenti quattro scene, inerenti alla vita della Santa, e intercalate da testine di cherubini alati.

La parte apicale termina con una statuetta della Santa in abiti monacali e con sul capo la caratteristica corona di rose, nell’atto di schiacciare un drago.

Opera suprema di un’equipe d’artisti, costò al Senato palermitano 8.321 onze e per la cassa furono adoperati 412 kg. d’argento purissimo.

Anticamente era trasportata a spalle da 62 confrati della Pia Congregazione di Maria SS. Annunziata, della categoria dei fabbricatori (tale privilegio fu acquisito, secondo la tradizione, per via del notevole peso dell’urna e della forza che era necessaria per sollevarla: e a quell’epoca solo i Muratori ne avevano i requisiti). In un secondo tempo la confraternita prenderà il nome “di Santa Rosalia” per via dell’aggregazione di altre confraternite, avvenuta nel 1911.

cappella santa rosalia cattedrale

Al presente la confraternita ha la sede nella chiesa dei Quattro Coronati al Capo. I capitoli stilati all’epoca fanno obbligo ai confrati si condurre in processione la preziosa urna della nostra concittadina Santa Rosalia fin dal lontano 1750. Il sodalizio, votato al culto della Vergine del Pellegrino, continua ancora oggi la sua finalità per cui fu istituito. La presenza dei confrati durante lo svolgimento del festino, è un segno tangibile della loro devozione verso la Patrona.

I confrati e le consorelle vestono un abitino nero bordato di blu, sul cui dorso presenta una placca rappresentante Santa Rosalia, e celebrano la loro festa la prima domenica di settembre portando in processione un simulacro ligneo dell’Eremita intagliato da Giuseppe La Rizza nel XIX secolo.

Alla processione partecipa, per diritto acquisito, la confraternita di Santa Rosalia dei Sacchi costituitasi nel 1635 per volontà del sacerdote Giuseppe Bonfante, dietro approvazione del Cardinale Giannettino Doria Essa era formata dalla categoria dei “varberi” e “scarpari” i cui capitoli furono approvati dalla Curia nell’agosto 1636. Prerogativa della confraternita, è di essere votata al culto della Santuzza, fin dal momento in cui furono portate in corteo al Palazzo Reale l’urna di Santa Cristina e il dipinto con Santa Rosalia. Quest’ultimo era, e lo è ancora, posseduto dai Gesuiti di casa Professa, ed era condotto in processione da quattro uomini che indossavano un vestito di sacco e dipinto.

Dall’abbigliamento adottato nacque la denominazione della confraternita; i confrati per un lungo periodo continuarono ad indossare un sacco di tela “naturale” e sulle spalle reggevano un mantello di “lanette” che recava una croce bianca con in mezzo un’effige di Santa Rosalia. Questa veste fu indossata durante celebrazioni particolari. I tempi più recenti anch’essi hanno adottato un abitino nero bordato di blu e, dopo vario peregrinare, hanno stabilito la loro sede nella chiesa di Santa Maria della Pietà alla Kalsa. La seconda domenica di settembre festeggiano la Santa.

Costantemente attiva rimane a Palermo la devozione nei confronti di Santa Rosalia e ancora nel nostro secolo nascono nuove confraternite ad essa dedicate: quella della chiesa di San Giacomo dei Militari al Corso Pietro Pisani, la cui fondazione risale al 1919 e, quella del Marabutti, del 1934.

Entrambe onorano la “Santuzza” la prima domenica di settembre (vogliamo ricordare che, da calendario, Santa Rosalia viene festeggiata il 4 settembre).

Partecipare al corteo, in passato, era quasi un obbligo di tutte le corporazioni. Trattandosi della Patrona della città, esse, oltre ad essere rappresentate fisicamente, conducevano grossi ceri e vari stendardi ed era consuetudine portare con sé i fercoli (le “vare”, appunto) con le statue dei propri Santi. Esse partecipavano secondo un ordine di progressione emanato dal Senato strettamente legato alla processione di Santa Rosalia.

L’avvenimento richiama molto popolino, i devoti aspettano con ansia il passaggio dell’urna, perché ognuno, nell’intimo, ha qualcosa da chiedere alla Santa, e la folla sui balconi è sempre pronta ad omaggiarla con petali di rosa.

Per onorare il transito dell’urna, si dispose, nei tempi passati, di organizzare delle temporanee architetture, drappi, altari e paramenti d’ogni sorta: Queste venivano commissionate da civili che intendevano ornavano i loro palazzi, che si affacciavano sul percorso della processione, con rivestimenti di tessuti pregiati. A ciò contribuivano anche vari altri ordini religiosi e le Nazioni presenti a Palermo.

Ancora una volta la processione prende il via dall’ingresso principale della chiesa Metropolitana e si snoda lungo la più antica arteria della città, ripercorrendo l’itinerario che presumibilmente le reliquie della Santa compirono al loro rientro a Palermo dal Pellegrino, allorché la loro presenza fece miracolosamente cessare l’epidemia di peste.

Oggi come allora la cittadinanza affida al loro miracoloso potere il compito di risolvere ogni sorta di problema, dal malanno fisico alla pena amorosa, fino alla piaga della mafia.

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