Il feudo, la terra, il comune
(testo di Giuseppe Chiaramonte *)
Il territorio odierno del Comune di Santa
Cristina Gela è la risultante degli antichi pheuda sive
territoria di Santa Cristina con l'Erranteria del Salice,
Pianetto e Turdiepi, oltre che di Buscesci, Scanzano e Massariotta.
L'antropizzazione remota vi è attestata dalla
presenza di insediamenti indigeni (Pizzo Parrino) e romani (Guri i
Kapacit, necropoli di Quadaredda di Cozzo del Morto) e della zona
di interesse archeologico di Cozzo della Madonna.
Al periodo bizantino può farsi risalire il
toponimo terra di Costantino, usato nel rollo di Monreale (1182)
per designare quello che, in un documento del sec. XV, sarà
indicato come "pheudum sancte Christine". La terra
di Costantino avrebbe avuto come centro shpit' e Fìfiut, con
caratteristiche di phylakè, cioè dì presidio militare bizantino a
protezione della vasta zona sottostante.
Con gli Arabi, alla phylakè, diventata qal'at,
si aggiunse, a valle, un menzil musulmano che ha
conservato sino ad oggi il nome di Bufanit . Non è dato
stabilire se anche l'attuale sito urbano sia stato sede dì un
qualche minuto nucleo residenziale: la presenza di una tomba
circolare ipogea, già scoperta e ricoperta durante lavori di
ristrutturazione dì un immobile (1918), deporrebbe a favore di una
necropoli. Altri casali, con relativi poderi, erano e sono:
Pianetto (divisa de Limonis), Turdiepi (turris Elserf), Buscesci (gr.
boukoléo = pascolo buoi, o alb. Busheshi - pian del bufalo) e
Scanzano.
Coi Normanni, il nucleo più antico del
territorio, peraltro contiguo al casale del Gallo (Misilmeri),
fu interessato dalle prime donazioni del Conte Ruggero a favore
della Cattedrale di Palermo e segnerà, per secoli, il limes
australe del territorio palermitano con lo stato arcivescovile di
Monreale, successore della magna divisa Jati.
Dopo la scomparsa dei primi affittuari musulmani
convertiti, di cui rimane elenco in una platea greco-araba della
cancelleria normanna (1095), la Cattedrale di Palermo dovette
ricavare in vario modo il suo peculio da questi territori, sin
quando non ritenne opportuno affidarsi all'istituto
dell'enfiteusi. Una prima concessione enfiteutica del feudo di
Santa Cristina a 82 agricoltori albanesi di Piana avvenne il 31
maggio 1691. Tuttavia, contrariamente a quanto è stato sinora
sostenuto (La Mantia, Schirò ed altri), essa non dette luogo a
fondazione, ma gettò le basì di un insediamento stagionale
di Arbereshe o attorno a ruderi di un ipotetico casale
saraceno o, più verosimilmente, in case pagliara e magaseni sorti attorno a
fondaco, taberna e chiesetta rurale, tipico assetto di
posta sulla via
Corilionis, con probabile funzione sostitutiva della statio
turrita del finitimo rahal Buton (Rebottone), al bivio per
il parco vecchio di Ruggero II.
Nel 1747, ufficialmente a causa
dell'inosservanza dei patti enfiteutici, di fatto per un più
efficace inserimento nel commercio del grano, ci troviamo in
presenza di altra concessione enfiteutica a favore dei Naselli
duchi di Gela. E questa volta, non solo del feudo di Santa
Cristina, ma anche dell' Erranteria del Salice e del Pianetto.
Nasceva la terra di Santa Cristina,
una delle ultime licentiae populandi in Sicilia. I
Gela che in nome del feudatario eminente, l'Arcivescovo di Palermo
eserciteranno il merum et mixtum imperium legato al feudo
baronale Santa Cristina, concedono in subcanone gli appezzamenti
ad antichi e nuovi Albanesi di Piana che fissano dimora nel nuovo
centro. Concedono anche l'uso dell'antica chiesetta a Pietro
Piediscalzi, albanese di rito greco, che vi fonde una
confraternita e vi fa celebrare ogni domenica messa greca.
Si chiudeva così, con una fondazione albanese, il ciclo delle
città nuove di Sicilia che iniziò proprio con la venuta
organizzata degli Albanesi nell'Isola.
Il nuovo nucleo residenziale che congloba il
precedente insediamento stagionale veniva delimitato tutt'intorno
da file di case a schiera, surrogato povero della ormai desueta
cinta muraria, mentre l'area ricompresa, lottizzata, avrebbe
costituito sino agli anni '50 un serbatoio per posti di casa. La
particolarità etnica e religiosa dei coloni invitati a popolare la
nuova terra, consigliò ai Gela di agire da difensori del rito
greco.
Con senso di illuminata tolleranza, essi
assicurarono nello intero arco dell'amministrazione signoriale e
oltre, insieme ad un prete latino, la presenza di un papas di rito
orientale quasi sempre coniugato more Albanensium nella
latina parrocchiale chiesa da loro fondata.
Riscontri del rito greco, oggi qui scomparso, ma
tipico della diaspora albanese medievale, troviamo nei registri
parrocchiali, nel canto del Lazeri, nel vajfim del
Venerdì Santo e Prémtja e Madhe, nell'antica disposizione
cemeteriale: a est venivano inumati i graeci ritus, ad
ovest gli altri. Traccia di ciò è la diversità delle croci già
usate per i tumuli: a forma allungata per i latini, a bracci
uguali per i greco-albanesi.
Dopo l'abolizione della feudalità in Sicilia
(1812) e l'estensione nei reali dominj al di là del faro
della legge organica sull'amministrazione civile, già in vigore
nella parte continentale del regno delle Due Sicilie, la terra di
Santa Cristina diventa comune col nome di Santa Cristina (gennaio
1818). Con l'unità d'Italia, riscontratesi omonimie tra comuni del
nuovo regno, la denominazione ufficiale diventa Santa Cristina
Gela e, per scorporo da Monreale (Buscesci, Scanzano e
Massariotta) e compensazione con Marineo e Piana degli Albanesi,
comprenderà il territorio attuale.
Nella parlata arbereshe dei suoi
cittadini il nome del Comune rimane quello dell'antico feudo: Sendahstine.
In questa graziosa cittadina, che offre al
turista una vista bellissima sul lago e una piazzetta centrale
con fontana recuperata, sulla quale si affacciano l'antico Municipio e la
chiesa madre con sculture lignee
attribuite al Bagnasco e tela del sec. XVIII, nacquero: Giuseppe
Arcaico (1825-1875) figlio dell' ultimo papas di rito greco
in Santa Cristina, illustre medico oftalmico e direttore della
clinica oculistica dell'Università di Palermo, che "per invenzioni
e trattati rese più chiaro il nome Italiano e la Sicilia presso le
Imperiali e Reali Accademie di Austria, Francia a Prussia"; e
Francesco Musacchia (1852-1931) fondatore della lega Nazionale
Albanese (1902) poi Lega Italo-albanese di Palermo, che diede un
singolare contributo presso le cancellerie degli stati europei a
favore del movimento per l'indipendenza dell'Albania dall'Impero
Ottomano.
La signorile abitazione dei Musacchia,
dichiarata di interesse storico ai sensi della legge del 1939, è
stata recentemente acquistata dalla Municipalità per destinarla,
dopo il restauro, a biblioteca pubblica e a servizi culturali.
La facilità di raggiungere i caricatori di
Palermo e di Termini Imerese, attraverso il reticolo di vie
secanti il territorio di S. Cristina, spinse i Gela a farne il
centro amministrativo e degli interessi legati alla produzione
cerealicola, estesa anche in altri territori arcivescovili (Bifarera,...)
enfiteuticati alla famiglia.
Gli interessi commerciali del nuovo signore e
padrone della terra di Santa Cristina ebbero l'effetto di
spostare l'asse del centro urbano dall'antico baglio (piazza
Umberto I) verso l'attuale corso principale, poi intitolato ai
Gela, sul tracciato della trazzera Palermo-Corleone, dove
crearono un complesso di granai e stalle, ancora in parte
conservato.
La Festa di San Giuseppe, la Pasqua
e la Festa Patronale, sono le
principali ricorrenze religiose della piccola comunità.
La Tavolata di San Giuseppe si
svolge la sera nella piazza del paese, dove avviene anche il
suggestivo rituale della consumazione del pranzo in pubblico da
parte della Sacra Famiglia. In mattinata, i devoti usano preparare
nelle loro case i pani, la cui particolari è costituita dalla
presenza della velatura di zucchero con ramoscelli di rosmarino.
La distribuzione al pubblico avviene subito dopo la benedizione da
parte del sacerdote. Il giorno della festa è preceduto dalla
tradizionale accensione dei falò o "vampe"di San
Giuseppe. Ma il momento di maggiore solennità è sempre quello
della processione del Santo per le vie del paese.
In occasione della Pasqua i Santacristiniari non
rinunciano a mantenere viva la memoria delle loro origini. Nei
giorni che precedono la Settimana Santa la gente esce per strada
per intonare il "Lazeri", antico canto della
risurrezione di Lazzaro in lingua albanese. Anche la distribuzione
delle uova colorate di rosso, in segno di augurio, fa parte
di questi momenti.
I festeggiamenti in onore di Santa Cristina,
le cui reliquie, ottenute solo di recente, sono conservate in una
teca custodita all'interno della chiesa Madre, si svolgono
in maniera molto semplice il 24 luglio. Saltuariamente,
oltre alla tradizionale processione, vengono allestiti i "quadri"
o "martirii" di Santa Cristina. Si tratta di una
rappresentazione allegorica muta con decine di attori non
professionisti in costumi d'epoca. Questo genere di processioni,
molto in voga nella Sicilia del Settecento, oggi è quasi del tutto
scomparso.
* tratto dall'opuscolo
turistico della Provincia di
Palermo