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 Sicily virtual tour !

La valle eterna

Le tappe del percorso:
Agrigento, Aragona, S. Angelo Muxaro, S. Biagio Platani, Alessandria della Rocca, Santo Stefano di Quisquina, Caltabellotta, Cammarata, Mussomeli, Sutera, Racalmuto

AGRIGENTO

L'antica Akragas fu fondata nei pressi del mare, tra i due fiumi Jpsas e Akragas, nel 582 a.C. da un gruppo di greci provenienti da Gela. La città si ingrandì rapidamente e crebbe d'importanza partecipando alla vita civile e letteraria della Madre Patria e della Magna Grecia. Fu patria di artisti ed uomini insigni tra cui primeggiò il filosofo Empedocle. Akragas, alleata con Siracusa, combattè contro Cartagine che sconfisse a Imera nel 480 a.C.; a questo perìodo risale gran parte dei Templi che arricchirono a tal punto la città che Pìndaro la definì "la più bella fra quelle abitate dai mortali".

Nel 210 a.C., dopo una lunga lotta, i Romani l'occuparono e la chiamarono Agrigentum. Nell'806 d.C. fu la volta degli arabi che ne cambiarono il nome in quello di Kerkent (Girgenti)e trasferirono la città sulla collina, presso la rupe Atenea. Nel 1086 sì avvicendarono nel possesso i Normanni, gli Svevi, gli Spagnoli e, infine, i Borboni nel 1734. Tutti hanno lasciato della propria dominazione segni che si vedono in ogni parte della città. Per i meravigliosi monumenti dorici che Agrigento possiede, per il suo cielo di cobalto, per il salubre clima e per il suo incomparabile panorama (la Valle dei Templi ed il mare), è sempre meta desiderata di turisti disposti anche a soggiornarvi lungamente. Nel periodo Dicembre-Febbraio i mandorli in fiore danno alla Valle dei  Templi un particolare fascino di incomparabile bellezza.

Da visitare: la Valle dei Templi, il Museo Archeologico Regionale, la Pinacoteca, il Duomo, la casa natale di Luigi Pirandello detta il Caos.


ARAGONA

Fondata nel XVII secolo da Baldassare III Naselli, è un paese dedito all'agricoltura. Recentemente, in contrada San Vincenzo sono stati scoperti i ruderi di un'antica Villa Romana tardo-bizantina ed in contrada Fontanazza i ruderi di un'altra villa romana.

Le Macalube

Si tratta di particolari manifestazioni vulcaniche che insistono in una zona della periferia di Aragona. Si raggiungono seguendo la segnaletica turistica locale; una lunga trazzerà porta ad un'ampia distesa melmosa che presenta manifestazioni esterne vulcaniche di origine idro-argillosa consistenti in una miriade di piccoli coni di argilla da cui fuoriesce una miscela fangosa di metano e acqua salmastra, il che conferisce al paesaggio un aspetto quasi lunare.

Da visitare: il Palazzo baronale dei Naselli, la Chiesa Madre, il tesoro della Chiesa del SS. Rosario nella cripta-museo di Arte Sacra.


S. ANGELO MUXARO

Siamo nell'entroterra agrigentino, nel cuore della Sicilia sud-orientale. Questa è la terra che fu dei Sicarii e Sicani sono chiamati i monti che la circondano a nord e ad occidente, da Sambuca dì Sicilia a Cammarata.

Sita alla sommità di una suggestiva e solitària collina gessosa dominante la media valle del fiume Platani, Sant'Angelo Muxaro è il centro di un'area abitata nella tarda età del bronzo (1200-1050 a.C.), Molti studiosi l'hanno identificata con la mitica Kamikos, la inespugnabile cittadella che Dedalo, secondo la leggenda, costruì per il rè sicano Kokalos e che, ancora oggi, rimane un affascinante mistero.

Il colle è disseminato di tombe sicane e grotte scavate dall'uomo nelle rocce. Tra queste tombe i contadini, prima, e gli archeologi, dopo, hanno trovato un vero e proprio tesoro oggi disseminato in vari musei o finito in ricche collezioni private. Particolarmente, nella Grotta Ruffo sono stati trovati vasi, anelli d'oro, fibule, coltellini, fruttiore ed altri oggetti di produzione fenicio-ciprìota e indigena, databili dali'VIII al V sec. a.C., molti dei quali sì possono ammirare nei musei di Siracusa ed Agrigento.

Un anello d'oro del peso di gr. 32,50, trovato da tale Angelo Militello, e raffigurante una vacca che allatta un vitellino ed una coppa aurea con fregio dì toro (facenti parte di una serie di suppellettili ritrovati nelle tombe), si trovano esposti in una bacheca al British Museum di Londra. Altra grotta dì particolare interesse, sita nella zona collinare superiore, è quella di Sant'Angelo o Tomba del Principe, affine alle tholos micenee, formata da una grande camera circolare con volta a cupola e annessa camera sepolcrale. La grotta sìcana divenne, nel tempo, chiesa bizantina, casa di prostituzione e covo di briganti; secondo una leggenda, alla fine, vi si stabilì S. Angelo, l'uccisore del drago.


SAN BIAGIO PLATANI

È un paese dell'entroterra agrigentino, a 35 km dal capoluogo, situato sul medio versante di una collina che termina in contrada Garipi e degrada verso il Platani. Il centro storico è tagliato in due dal corso principale su cui convergono, in direziono ortogonale, le altre vie dell'abitato. Le sue origini risalgono al 1635 anno in cui Giovanni Battista Gerardi ottenne la licentia sdificandi; nel 1659 ne divenne proprietario Dìego loppolo con il titolo di duca.

Il paese è conosciuto per le sue tradizioni popolari e per il folclore che esalta, in maniera originale, alcune ricorrenze religiose di particolare rilievo. Ma la manifestazione più singolare è, certamente, quella di Pasqua con la realizzazione degli artistici Archi di Trionfo, comunemente intesi con gli Archi dì Pasqua.

Da visitare: la chiesa Madre, la chiesa di San Biagio e quella del Carmino e, nel periodo pasquale, gli Archi di Pasqua.


ALESSANDRIA DELLA ROCCA

Posta su un altopiano, gode di uno splendido panorama. Fu fondata nel 1570 da Blasco Barresi signore del Castello di Pietra d'Amico, tant'è che in origine si chiamava Alessandria della Pietra. L'attuale nome lo prese nel 1862 dal Santuario di S. Maria della Rocca del XVII sec., edi-ficato sul luogo dove venne rinvenuta una statua della Vergine.


S. STEFANO QUISQUINA

Il paese, a 732 metri di quota sui Monti Sicanì, immerso nel bosco della Quisquina, è situato a gradinata su un pendio dell'omonima serra, ideale per escursioni naturalistiche.

Il sito ha origini antichissime che gli archeologi fanno risalire al XIII sec. a.C. Il Paese, che si trova a circa 70 km a nord-ovest di Agrigento, ha restituito tracce evidenti di antichissimi insediamenti umani che ci riportano alla civiltà sicana. Non si conosce il primitivo nome ma i vari toponimi e l'esistenza dei due casali di Rahaltavilla e di Santo Stefano Milia testimoniano di una successiva presenza araba.

Sul fianco nord della Serra Quisquilia, in un angolo di primordiale bellezza dominato dal Monte Cammarata (m. 1580) e dal Monte delle Rose (m. 1456), sorge l'Eremo di S. Rosalia (dove la Santa visse in preghiera e castità prima di raggiungere Monte Pellegrino, a Palermo, dove morì all'età di trentatre anni). L'Eremo fu costruito nel 1760 ed ha incorporato una chiesetta al cui interno spicca una statua marmorea di S. Rosalia.

Da visitare: la Chiesa Madre, l'Eremo di S. Rosalia

Escursione consigliata: Caltabellotta


CALTABELLOTTA

L'antica città sicana di Triokala (Triokala vuoi dire tré cose belle e cioè posizione felice, abbondanza di acque e feracità del suolo), è addossata ad antiteatro ad una rocca su cui sorgeva l'antico Castello medievale da dove lo sguardo spazia, guardando verso nord nelle giornate serene, dall'Etna al Monte Erice mentre dal lato opposto è possibile godere del panorama offerto dalla lunga striscia di mare che va da Mazara del Vallo a Eraclea Minoa e da una miriade di paesini: Ribera, Calamonaci, Lucca Sicula, Villafranca Sicula, Burgio, Sambuca dì Sicilia, Chiusa Sclafani, Bisacquino.

Fuori dai tradizionali itinerari turistici, Caltabellotta deve il suo attuale nome ad una difformazione del nome con cui gli arabi la chiamarono, Kal 'at ballut (rocca delle querce). Questo paesino-presepe posto a 949 metri di altitudine, a meno dì 20 km da Scìacca e a 70 km dal capoluogo, trova pochi riscontri in Italia per amenità di panorama, per soavità di campagna e per purezza di orizzonti e, pertanto, costituisce una invidiabile località climatica dì soggiorno estivo.

La città conserva un impianto urbanìstico medievale che occupa la parte alta del centro abitato. Triokala fu la prima sede vescovile della Sicilia con S. Pellegrino il quale, come vuole la leggenda, fu mandato direttamente da S. Pietro nel 40 d.C. a predicare la religione cristiana; nel contempo liberò la comunità da un feroce drago che imperversava nel territorio. Nel medioevo Caltabellotta tenne a battesimo uno dei più importanti avvenimenti della storia siciliana: la Pace di Caltabellotta (31.8.1302) stipulata tra Carlo di Valois e Federico II, pace che mise fine alla guerra del Vespro.

Da visitare: l'Eremo di San Pellegrino (oggi Santuario), la Matrice, la Chiesa di S. Maria di Monte Carmelo, un gioiello classico-rinascimentale, la barocca Chiesa di S. Maria dell'Uria, la Chiesa di S. Agostino, la bizantina chiesetta dì S. Maria della Pietà.


CAMMARATA

Il ritrovamento di numerosi reperti archeologici alle pendici dell'omonimo monte, all'interno dì alcune grotte, attesta chiaramente la presenza dell'uomo in epoca assai remota. Si trattò di sìcani, greci, romani, arabi; di questi ultimi una interessante testimonianza è data dagli archi tuttora esistenti. La storia di Cammarata ruota attorno al Castello che le sue sette torri rendevano inespugnabile. Del Castello, un tempo imponente, rimangono, oggi, pochi ruderi. Si ha notizia che fu donato dal conte Buggero d'Altavilla ad una sua congiunta, Lucia da Cammarata, che insieme al figlio Adamo lo possedette fino al 1154.


MUSSOMELI

Le testimonianze espresse dal territorio lasciano intendere che nella località dove oggi sorge Mussameli dovevi trovarsi un sito abitato di origine sicana, successivamente ellenizzato. Lo testimoniano la presenza di una necropoli con un gran numero di tombe a Grotticella scavate nella roccia. Sul monte Raffi, poi, è stato trovato un villaggio dell'età del bronzo nonché i resti dell'acropoli dove sorgeva il Tempio di Demetra ed alcune tombe a forno e a cassa. Nella vicina contrada di Polizzello, piccolo villaggio di case coloniche, sono stati rinvenuti I resti di un villaggio della prima età del bronzo; in particolare, le mura di cinta mentre più in basso sì possono vedere numerose grotte con tetto a volta a pianta rotondeggiante o rettangolare. Queste grotte hanno restituito corredi di materiali indigenti protostorici con decorazione incisa o dipinta dall'VIII al VI sec. a.C. fra cui spicca il magnifico vaso con polipo (Museo di Palermo).

Il primo nome del paese fu Manfreda, dategli in onore di Manfredi Ili di Chiaramente che lo fondò nel 1364 costruendovi poco dopo lo splendido Castello, quasi una fortezza inespugnabile, in stile gotico-normanno. Nel 1392 rè Martino confiscò le terre dì Mussomeli ai Chiaramonte assegnandole ai Moncada. In seguito Mussomeli appartenne ai Lanza di Trabia che ne detennero il dominio fino al 1812, anno di abolizione della feudalità.

L'attuale nome le deriverebbe da Mons Mellis, l'antico nome di Monte San V'ito che domina il paese.

Da visitare: Castello Chiaramontano, Chiesa Madre (XV sec.), Chiesa di S. Margherita, Chiesa di S. Domenico, Torre dell'Orologio, Palazzo Trabia e Palazzo Mistretta.

IL CASTELLO CHIARAMONTANO

Sorge a circa due chilometri da Mussomeli sulla strada provinciale per Villalba. Fu costruito per volere di Manfredi III di Chiaramonte nel 1370 sulle rovine di un fortilizio arabo, in stile arabo-normanno con archi a sesto acuto, bìfore e volte a crociera. All'interno, nel piano inferiore, si può visitare la Sala dei Baroni dove, secondo la tradizione, nel 1391 vi si radunarono tutti baroni di Sicilia convocati da Andrea Chiaramonte. Accanto vi sta una sala molto più piccola dove, secondo una vecchia leggenda, vi furono murate vive tré giovani donne da un barone geloso. E i loro spettri vagano senza pace tra le rovine del Castello. Una visita merita anche la chiesa del Castello che conserva una pregevole statua in legno della Madonna.


SUTERA

La scritta Solerà Ingens ac subtilissima civitas campeggia nel guidone civico; Ingens la insignirono i romani quale importante fonte di rifornimento granario e subtilissima (sottilissima) le fu dato da Carlo V per la bontà dell'aria. Prima della rifondazìone del paese da parte degli arabi nell'attuale configurazione, il sito fu abitato dai sica-ni come attestato da un notevole insediamento protostorico nella vicina contrada Raffi. Tale presenza si protrasse fino ad età greco-romana quando la sua popolazione preferì spostarsi ai piedi del monte S. Paolino per sfruttare al meglio le proprie potenzialità-strategico difensive. Non per niente il suo toponimo suona Sutera, dal greco Sote'rche vuoi dire sicurezza.

Prima che arrivassero gli arabi il paese fu abitato, senz'altro, dai bizantini per quanto della loro presenza non vi sia traccia se non nelle memorie della conquista araba dell'861 e in una piccola e suggestiva cappellata rupestre sul Colle San Marco.

Dell'assetto urbanistico arabo è chiara testimonianza il quartiere Ràbato (borgo chiuso) che sì sviluppò, nell'875, attorno alla moschea successivamente inglobata nella Matrice. La conquista normanna del 1061 apportò numerosi cambiamenti strutturali al paese che, peraltro, si espanse nel nuovo quartiere Rabatello sulle alte pendici del monte S. Paolino ripopolandosi, dopo la metà del XII secolo, nel nuovo quartiere Giardinello.

Da città demaniale in età normanno-sveva passò, nel 1325, a feudo di Buggero Scandolfo nel periodo aragonese e, successivamente, ai Chiaramonte nel 1366 per tornare al pubblico demanio nel 1398 finché Carlo V, per esigenze finanziarie dovute alla guerra contro i turchi, non la vendette a Girolamo Bologna barone di Capaci da cui fu riscattata dagli stessi cittadini nel 1560.

Tornata al pubblico demanio, attraversò un felice periodo di sviluppo culturale e religioso fino a 700 quando per l'improvviso spopolamento s'iniziò un lento declino.

Da visitare: l'oratorio rupestre sul Colle San Marco, il quartiere Ràbato, la chiesa romanica di S. Agata, ruderi del 400esco Palazzo Salomone, la chiesa del Carmine, la Matrice, il Santuario di S. Paolino.


RACALMUTO

Di origine araba è indubbiamente il suo toponimo di RachaI Chammòut. L'odierno centro sorge a 440 metri slm a 27 km da Agrigento, tra le valli dei fiumi Platani e Salso, in territorio calcare-solfi-fero. Centro di origine antichissima, forse fondato dal re dei Sìculi Ducezio, il suo primo nome fu, probabilmente, Mofhion. La primordiale presenza umana viene attestata da insediamenti pre-sicani e dalle tombe a forno dell'età del ferro che vi fanno da corona. Nel 1880, nel corso dei lavori per la costruzione della ferrovia Licata-Porto Empedocle, si rinvenivano nei pressi di Racalmuto altre tombe a forno con corredi dì ceramica del 2° millennio a.C. mente casuali rinvenimenti di monete greche (con il granchio agrigentino e il cavallo alato siracusano) comprovano presenze siciliote nella zona di Casalvecchio-Grottìcelle. Recentemente sono affiorate strutture murarie abitative risalenti ad epoca ellenistico-romana nella zona di Grotticelle. Nell'840 circa Racalmuto cade nelle mani dei musulmani che si assestarono vicino alle fonti d'acqua della Fontana del Raffo in zone propizie alla coltura di ortaggi. Nel XVI secolo Racalmuto si sviluppa attorno al Castello dei Chìaramonte. Nel 1716 il matrimonio di Costanza Chiaramente con Antonio Del Carretto diede origine alla baronìa di Racalmuto per volere di rè Martino d'Aragona. Nell"800 comincia lo sfruttamento delle miniere di zolfo e di salgemma, attività che si concluse pochi decenni fa per l'entrata in crisi del settore. A Racalmuto è nato lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia autore, tra l'altro, de il Giorno della Civetta e dì Toto Modo.

Da visitare: il Teatro Regina Margherita, Chiesa di S. Maria Vergine (antecedente al XVI secolo), Chiesa di S. Margherita Vergine, Chiesa dì San Giuliano, Chiesa di S. Sebastiano. A due chilometri dal paese si può visitare la culla della presenza saracena, ossia un piccolo angolo di paradiso allietato dal gorgogliare di due fonti, Lu Saffo e Lu Saracinu, la prima adoperata dalle donne di Racalmuto per pulire i panni e modellata ai bordi da questa incessante attività.


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