Il 3 luglio 2015, nel corso della 39° sessione del Comitato
del Patrimonio Mondiale tenutasi a Bonn, il sito
"Palermo Arabo-Normanna e le Cattedrali di Cefalù e
Monreale" è stato iscritto nella Lista del
Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO ( WHL).
I criteri UNESCO per i quali sono stati iscritti i
nove monumenti nella WHL.
Criterio (II):
"Mostrare un importante
interscambio di valori umani, in un lungo arco temporale o
all’interno di un'area culturale del mondo, sugli sviluppi
nell’architettura, nella tecnologia, nelle arti monumentali,
nella pianificazione urbana e nel disegno del paesaggio".
Criterio (IV):
"Costituire un esempio
straordinario di una tipologia edilizio, di un insieme
architettonico o tecnologico, o di un paesaggio, che
illustri uno o più importanti fasi nella storia umana".
Dichiarazione dell’UNESCO di eccezionale valore
universale
«L’insieme degli edifici costituenti il sito di
"Palermo Arabo-Normanna e le Cattedrali di Cefalù e
Monreale" rappresenta un esempio materiale di convivenza,
interazione e interscambio tra diverse componenti culturali
di provenienza storica e geografica eterogenea.
Tale sincretismo ha generato un originale stile
architettonico e artistico, di eccezionale valore
universale, in cui sono mirabilmente fusi elementi
bizantini, islamici e latini, capace di volta in volta di
prodursi in combinazioni uniche, di eccelso valore artistico
e straordinariamente unitarie.
Il sincretismo arabo-normanno ebbe un forte impatto
nel medioevo, contribuendo significativamente alla
formazione di una koinè mediterranea, condizione
fondamentale per lo sviluppo della civiltà mediterraneo
europea moderna».
Il Palazzo Reale di Palermo (secc. Xl-Xll) custodisce
originali e rare combinazioni di stile islamico e romanico,
frutto della convivenza tra diverse componenti culturali.
Ruggero II promuove Ia costruzione della Torre Greca, di cui
rimane la più tarda ricostruzione di età rinascimentale;
della Torre Pisana, ancora esistente; della Joharia (metà
del XII secolo) (dall’arabo aI-jawhariyya,
”l’ingioiellata”), nella quale è possibile ammirare la Sala
dei Venti e la cosiddetta "Stanza di Ruggero". La Cappella
Palatina (1130) rappresenta la massima espressione del
sincretismo culturale. Al suo interno convivono generi
diversi islamico, bizantino, occidentale che fanno della
Cappella l’esempio più rappresentativo delle arti
mediterranee nell’ambito della Sicilia normanna. L’edificio
è uno dei monumenti medievali meglio preservati: si
conservano quasi inalterati la decorazione marmorea in opus
sectile dei pavimenti e delle pareti, i mosaici bizantini
del presbiterio e delle navate, le pitture islamiche dei
soffitti lignei e l’antica configurazione dell’invaso
interno. Unica nel suo genere è la straordinaria macchina
lignea a muqarnas, poligoni stellati e cupolette della
navata centrale.
Fondata in epoca ruggeriana, tra il 1130 e il 1150, la
chiesa sorgeva in una posizione strategica per la sua
contiguità con il Palazzo Reale e con l’allora fruibile
fiume Kemonia. La chiesa presenta una volumetria regolare e
compatta, cui fanno da contrappunto, ad aItezze diverse, Ie
cupole intonacate di rosso all'esterno. La pianta della
chiesa è a croce commissa: la navata è costituita da due
ampie campate quadrate separate da un possente arco ogivale;
il transetto è triabsidato con abside centrale sporgente
all’esterno. Esternamente, i conci squadrati di calcare
contrastano con la vivace coloritura rossa delle cupole. La
chiesa comprende anche un Chiostro, costituito da una
sequenza continua di archetti ogivali, a doppia ghiera con
colonnine binate. Si presenta con caratteristiche
stilistiche e costruttive che rimandano al XIII sec.
Dall’interno della chiesa, attraverso un piccolo vano
ricavato nel muro del diaconìcon, si accede a un ambiente
adiacente, denominato ”saIa araba”. Originariamente
costituita da tre unità architettoniche - l’aula
rettangolare, il portico e un recinto -la sala è oggi
coperta da tre grandi volte a crociera di età
cinquecentesca.
Tra i monumenti dello strato arabo-normanno, Santa
Maria dell’Ammiraglio (1140 ca.) detta la Martorana,
Concattedrale dell’Eparchia di Piana degli Albanesi
-"rappresenta il livello più bizantino, con elementi di
chiara derivazione islamica. In origine la chiesa era
preceduta da un portico con atrio e dal campanile, visibile
ancora oggi." I due ordini inferiori del campanile si
distinguono per la netta definizione del loro volume; le
superfici sono ornate da tarsie in pietra lavica con
poligoni stellati di derivazione islamica; i due ordini
superiori sono arricchiti da numerose colonnine che
ravvivano le volumetrie esaltando gli effetti chiaroscurali.
La porta lignea costituisce un’eccezionale opera d’intaglio
islamico. L’interno della chiesa antica è decorato con
eccellenti mosaici eseguiti tra il 1143 e il 1148: uno dei
migliori esempi di mosaico bizantino del periodo comneno. La
pregevole pavimentazione marmorea in opus sectile rispecchia
fedelmente i modelli bizantini. Alla base della cupola si
trova un fregio in legno d’abete con un’iscrizione in lingua
araba che reca un inno della liturgia bizantina.
La chiesa di San Cataldo (1160 ca.) rappresenta un
compiuto capolavoro architettonico, notevole esempio di
elaborazione formale sincretica concepita da maestranze
islamiche secondo criteri romanico-occidentali; il
coronamento della chiesa è costituito da una cimasa a
traforo di tipo fatimide al di sopra della quale spiccano le
tre cupolette che coprono la nave centrale, impostate su di
un basso tamburo continuo in cui si aprono piccole finestre.
Le pareti nude, prive di qualsiasi decorazione, esaltano la
nitidezza architettonica della chiesa, ingentilita dalle
colonnine angolari del santuario e dagli archi a sesto acuto
retti da colonne e capitelli dei quali alcuni di ' spoglio.
A rendere ancor più preziosa la chiesetta, contribuisce il
pavimento in opus sectile, unico esempio dell’epoca di
Guglielmo I: esso manifesta l’affermarsi della nuova
corrente promossa da Ruggero II, assicurata dalla presenza
di artigiani islamici capaci di interpretare in modo nuovo e
originale la tradizione orientale di matrice bizantina. La
chiesa, oggi a uso esclusivamente turistico, dal 1937
appartiene all’Ordine Equestre dei Cavalieri del Santo
Sepolcro di Gerusalemme.
La sua fondazione risale a Gualtiero Offamilio,
arcivescovo della città dal 1169 al 1190. Nel sito si sono
succedute una prima Basilica del IV secolo distrutta dai
Vandali e una seconda costruzione del VI secolo alla quale
si potrebbe ricondurre il primitivo impianto della Cripta a
pianta basilicale. Trasformata in moschea del venerdì al
tempo della dominazione islamica, fu restituita al culto
cristiano nel 1072 da Roberto e Ruggero d’Altavilla.
All’arcivescovo Gualtiero Offamilio si deve la ricostruzione
dell’edificio normanno. L'edificio ha un impianto basilicale
a tre navate. All’esterno, il banco meridionale della
costruzione si distingue per l'ampio portico in stile
gotico-catalano (l‘attuale accesso), eretto intorno al 1465.
La parte absidale, stretta fra le torricelle, è quella che
meglio conserva la sua facies originaria del XII secolo. La
chiesa risulta oggi divisa in tre navate. Lungo le navate
laterali sono dislocate varie cappelle: nelle prime due
cappelle della navata meridionale si trovano le tombe degli
imperatori e dei reali di Sicilia.
Il palazzo della Zisa (1190 ca.) (dall’arabo al-Azîz,
”il glorioso”, ”lo splendido”), fondato dal re Guglielmo I,
costituisce un sorprendente esempio di architettura
palaziale ifiqena. Sorgeva fuori le mura dell’antica città
di Palermo, costituendo il monumento più importante e
rappresentativo del Genoardo (dall’arabo Jannat aI-ar,
”giardino” o ”paradiso della terra”) che s’ispirava ai
giardini di ascendenza islamica come i riyad di origine
persiana. L’altezza totale si sviluppa su tre livelli,
marcati all’esterno da sottili cornici e da archi ciechi a
rincasso. Al centro del piano terreno, in asse con il
portale principale, si trova l’ambiente di rappresentanza o
«sala della fontana», sala a iwan di tipo islamico che
costituisce, di fatto, il cuore nevralgico di tutto il
palazzo, aperta sul vestibolo attraverso un ampio arco
ogivale sorretto da colonne binate ai lati delle quali sono
i resti dell’epigrafe in stucco con il nome del palazzo e il
riferimento a Guglielmo II. Tutta la sala è decorata con
mosaici decorativi e tarsie marmoree in opus sectile, ampie
nicchie voltate a muqarnas e un raro pannello di mosaico
bizantino con temi profani e iconografie islamiche.
[Sito
7] Ponte dell'Ammiraglio
Il Ponte dell’Ammiraglio (1132 ca.), importante
testimonianza dell’architettura civile di età normanna,
rappresenta uno dei massimi prodotti d’ingegneria medievale
in area mediterranea. Costruito in pietra da taglio,notevole
per dimensioni, straordinarie per l’epoca. Deve il suo nome
al fondatore Giorgio di Antiochia, ammiraglio del regno al
servizio del re Ruggero II dal 1125 e altresì fondatore
della chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio. Presenta la
configurazione caratteristica a ”schiena d’asino”, con due
rampe simmetriche rette da sette campate ad arco ogivale e
ghiere a rincasso. Le arcate sono scandite da sei massicci
piloni dotati a loro volta di aperture a sesto acuto in modo
da ridurre la spinta del fiume in piena. Realizzato in conci
regolari di calcarenite, richiama per tecnica costruttiva e
morfologia una tipologia diffusa in area maghrebina. Sul
Ponte dell’Ammiraglio, il 27 maggio dell'anno 1860, nel
corso della Spedizione dei Mille, le truppe garibaldine
provenienti dalle pendici di Gibilrossa si scontrarono con
le truppe borboniche, lì posizionate per opporsi
all’ingresso del nemico in città.
L’edificio (1131) è preceduto da un ampio sagrato a
terrazzo. Le due possenti torri del prospetto, alleggerite
da eleganti bifore e monofore, sono sormontate da cuspidi
piramidali del Quattrocento. La facciata del 1240 è
caratterizzata da archetti ciechi e archi intrecciati. Il
portale, arricchito da intagli in marmo bianco, è preceduto
da un portico del 1471 a tre arcate sostenute da colonne di
granito con capitelli recanti lo stemma vescovile e volte a
costoloni. L’interno basilicale è caratterizzato da tre
navate scandite da sedici colonne di granito che sostengono
archi a sesto acuto a doppia ghiera. L’abside centrale, le
pareti del presbiterio e la volta costolonata del coro sono
rivestite da mosaici realizzati da maestranze bizantine. Le
figure sono disposte in processione secondo un preciso
principio gerarchico: nel catino dell‘abside centrale vi è
la figura del Cristo Pantocrator benedicente; nella fascia
sottostante, la Vergine e quattro Arcangeli. Annesso alla
Cattedrale è il Chiostro del XII sec., quadrato e per tre
lati circondato da un portico a colonne binate con capitelli
figurati che sorreggono archi ogivali.
E uno dei monumenti più solenni dell’architettura
normanna (1172). L’intero complesso monumentale,
costituito dalla chiesa, dal convento benedettino e dal
palazzo reale, venne edificato per volere del re Guglielmo
II (1166-1189). L’impianto riprende in linea generale il
modello della Cattedrale di Cefalù, ma ne differisce per lo
sviluppo volumetrico del santuario, dove transetto e absidi,
avendo uguale lunghezza, formano un unico grande corpo
centralizzante. Il portale cuspidato mostra quattro ghiere
ogivali a rincasso, arricchite da uno splendido partito
decorativo con motivi figurati ed astratti a rilievo misti a
tarsie in opus sectile geometrico con poligoni stellati.
All’interno la luce naturale rifrange nell’oro delle tessere
che compongono i mosaici, che rappresentano uno dei cicli
più vasti del mondo medievale (oltre seimila metri quadri).
Nell’abside centrale, emergono il Cristo Pantocratore e la
Vergine col Bambino tra angeli e santi. ll Chiostro annesso
rappresenta un esempio straordinario di questo tipo di
costruzione, che nello spirito e nell’atmosfera sembra
evocare i cortili porticati delle dimore signorili
islamiche.