Alla sontuosa cattedrale
normanna, che attira ogni anno un milione di visitatori, si
deve la grande fama della città di Monreale.
Imponente con i suoi cento
metri di lunghezza, magnifico con le splendide absidi
decorate ad archi ciechi, il Duomo
di Monreale rivela la sua sontuosità
all'interno. Superato lo splendido portone di Bonanno Pisano
- o la porta, non meno bella, realizzata da Barisano da
Trani - si resta senza fiato davanti alle pareti rivestite
di stupendi mosaici, definiti un miracolo di oreficeria,
estesi per seimila e trecento metri quadrati. Mosaici
policromi e d'oro zecchino, raffiguranti la Bibbia, la
Creazione, i Profeti e la venuta di Gesù, la Crocifissione
e la Resurrezione. La prospettiva culmina nel Coro con la
grandiosa figura del Cristo Pantocratore, "dai dolci
occhi a mandorla, che sembra abbracciare il tempo",
alto ben dodici metri, visibile da ogni parte.
Un capolavoro insuperato
anche per la potente forza comunicativa "un inno al
trascendente". Il tetto, anch'esso mirabile, a forma di
carena di nave, è costituito da enormi tronchi scolpiti con
fregi d'oro.
L'icona di Maria, su cui
è scritto in greco "tutta Immacolata" è ospitata
nella parte centrale dell'abside maggiore.
Il lato destro ospita i
mausolei con le spoglie di Guglielmo II il Buono e di
Guglielmo I il Malo, due re dal carattere diverso la cui
indole si riflette perfino nei loro sarcofagi: di marmo
bianco, istoriato, il primo, di rigorosa e spoglia pietra
scura di porfido il secondo.
Nella cripta infine si
custodisce anche il tesoro di Guglielmo II, di cui fa parte
una spina della corona di Cristo, conservata in un
reliquiario d'oro e d'argento.
La visita continua nel
chiostro, dalla pianta quadrata sottolineata dall'elegante
colonnato composto da centoquattordici coppie di colonnine.
La varietà dei soggetti
raffigurati nelle colonnine ne fanno un luogo di riflessione
e di preghiera, il cui delizioso silenzio, come scrive Guy
de Maupassant, suggerisce "un tale stato di grazia che
ci si vorrebbe rimanere all'infinito". La serie di
scale, a chiocciola, scoperte, ripide, alternate da
attraversamenti e ballatoi, costituisce le terrazze, altra
attrazione del duomo, che salendo sempre più in alto,
accompagnano il visitatore su per una serie di panorami e
scorci da scoprire, tra cui la vista mozzafiato sulla Conca
d'Oro.
Attiguo al duomo è il
complesso monumentale, un tempo sede del Convitto
dei Benedettini. Recentemente oggetto di un
restauro, il sito, caratterizzato da splendide sale
luminose, è stato destinato, tra l'altro, a sede della
Galleria Civica d'Arte moderna, intitolata al suo primo
curatore e direttore, Giuseppe Sciortino. Notevole lo
scalone interno, di fattura barocca, realizzato in marmo di
Carrara e di Billiemi. I restauri hanno portato alla luce
numerose scoperte, tra cui locali sotterranei ed una
splendida pavimentazione.
Del complesso monumentale
fa parte anche l'Archivio storico, mentre, attraversato il
grande atrio, si accede all'elegante belvedere, un tempo
coltivato dai monaci a ortaggi e piante officinali, oggi
fitto di ficus centenari e dominato da una grande magnolia.
Di fronte al duomo si trova l'accesso alle grotte. Si tratta
di cavità naturali che attraversano il sottosuolo del
centro storico. Ricche di stalattiti, le grotte passano
vicino alle falde freatiche e visitandole si sente il
sommesso gorgoglio dell'acqua sotterranea: la località di
Monreale abbonda di polle e sorgenti, alcune delle quali
convogliate nelle belle fontane, opera del Torres. Le grotte
possono essere visitate, appena terminati gli interventi
manutentori.
Il settecentesco Palazzo
di Città, sul lato sinistro della piazza,
custodisce alcuni dipinti di pregevole scuola, oltre a una
tela di Antonio Pietro Novelli, padre del più famoso
Pietro.
Tra gli altri l'Anapo di
Siracusa di Antonio Leto, pittore monrealese dell'Ottocento,
che si trova nella Sala Rossa, destinata al sindaco. Qui è
custodito anche un gruppo scultoreo in terracotta del Gagini
raffigurante la Sacra Famiglia. Di gran pregio i ritratti di
Benedetto d'Acquisto e di Pietro Novelli, nonché un dipinto
del fiammingo Matthias Stomer, raffigurante
"L'adorazione dei pastori".
L'antico quartiere
del Carmine, posto a ridosso del duomo, sul
versante sud orientale, conserva ancora lo spirito delle
origini, malgrado i segni del nostro tempo. Caratteristici
sono i chiassi, (da chiazza, cioè piazza) spazi comuni nei
quali al termine della giornata di lavoro i contadini e le
loro famiglie sedevano ad ascoltare i benedettini che
facevano opera di evangelizzazione e catechesi. Un altro
quartiere storico, a monte, al di là del corso principale
della cittadina, è la Bavera, detta così perché abitato
dagli esattori del fisco, all'epoca detti bavaresi. Una
passeggiata alla Bavera riserva delle sorprese. Le stradine
linde, qui e là traboccanti di piante e fiori, si aprono a
scorci assai gradevoli e talvolta panoramici. E ci si può
rifocillare con il pane fresco o i biscotti sfornati dai
forni a legna.
In pochi passi si arriva
alla Chiesa della Collegiata,
fondata nel Seicento, che ospita il Crocifisso con il
Patruzzu
amurusu, che miracolò i cittadini dalla peste.
La leggenda vuole che le rose dopo essere state
"passate" sul crocifisso diventino taumaturgiche.
Il tre maggio, data in cui avvenne il primo miracolo, cioè
la scomparsa dell'epidemia, si svolge la processione con la
vara del crocifisso trasportata a spalla dai confratelli.
Nell'antica chiesetta
di San Vito, molto amata dai monrealesi trovarono
sepoltura due illustri cittadini, Antonio Veneziano e Pietro
Novelli. Sulla piccola piazza Vaglica si affaccia il
Collegio di Maria, con l'armonioso prospetto ceramico a due
ordini di finestre. Al Collegio è annessa la chiesa della
Santissima Trinità, dall'insolita pianta ottagonale e con
un bell'altare maggiore rococò. La chiesa vanta opere del
Seicento e un tesoro di paramenti sacri, intessuti da fili
d'oro e d'argento. Al santo patrono di Monreale, San
Castrense, è dedicata una chiesa, originariamente annessa a
un convento di monache di clausura, sita nella piazza
omonima, decorata con statue e stucchi di scuola serpottiana.
Le decorazioni, purtroppo, sono state nel tempo ridotte e
manomesse a causa di restauri maldestri.
Chiostro
Santa Maria la Nuova
Piazza Guglielmo il Buono, Monreale
info: 0916404403
da Martedì a Domenica (9,00-19,00 ) - Lunedì (9,00-13,45
)
Intero € 6.00 - Ridotto € 3.00 - Residenti € 1.00

I
dintorni
Con i suoi quasi 53mila
ettari, il comune di Monreale è forse il più esteso
d'Europa.
Oltre al centro storico
comprende anche le frazioni di San Martino delle Scale,
località di villeggiatura immersa nei boschi che, oltre ad
ospitare l'abbazia dei Benedettini, conta numerose ville
dove molti palermitani si recano per trovare un po' di
refrigerio nelle giornate estive di torrido scirocco.
Il Castellaccio
La sede arcivescovile e il
monastero vanno difesi adeguatamente, e così sulla sommità
del monte Caputo, probabilmente utilizzando un forte
preesistente, nel XII secolo i normanni erigono il castello
di San Benedetto, l'unico esempio nella Sicilia occidentale
di monastero-fortezza. Chiamata Castellaccio, la fortezza è
ben armata: la cinta muraria con le sue monofore ad arco
ogivale protegge l'interno, organizzato come un monastero,
un convalescenziario e una chiesa. Quattro grandi cisterne,
tuttora funzionanti, raccoglievano l'acqua piovana. Il forte
subì numerose devastazioni, specialmente ad opera delle
milizie dei Chiaramonte, che si vendicarono così di alcuni
frati che volevano affidarlo ai catalani, loro avversali.
Abbandonato nei secoli successivi, è
stato restaurato nel 1898 dall'architetto Giuseppe Patricolo.
Raggiungibile attraverso l'antico sentiero tortuoso, una
mulattiera che sale a zig zag, il
Castellaccio è oggi sede di un rifugio gestito
dal Club Alpino Siciliano. Ospita alcuni posti letto ed una
cucina rustica e si può visitare il sabato e la domenica.
Una visita merita anche l'acquedotto
romano di Aquino, sito a 170 metri sul livello
del mare, lungo la strada per Altofonte.
Pioppo, una ridente
frazione il cui abitato si snoda lungo la strada
provinciale: Pezzingoli, anch'essa località di
villeggiatura. Grisì, che si inerpica sul monte e ai cui
piedi si trova il lago omonimo. E proprio l'incontaminato
lago di Grisì recentemente e diventato famoso perché
trampolieri, cicogne ed altri esemplari della fauna avicola
di passo, affollano il lago verso la fine di settembre.
Grazie alla sua grande estensione, il territorio monrealese
è assai variegato.
Dagli insediamenti per la
villeggiatura, che molti palermitani hanno trasformato in
residenza stabile, alle aree attrezzate sparse qua e là
nelle zone boschive, dalle pinete di Casaboli
e di Aglisotto, nei
pressi di Pioppo, ai
boschi di conifere di San Martino,
ai boschi di latifoglie della Ficuzza intorno alla casena
di caccia di Ferdinando I. Poco lontano da
quest'ultima, sulla statale che conduce a Corleone, sorge
poi il complesso monastico di Tagliavia,
di grande interesse storico. Numerosi sono inoltre i bagli
intorno ai quali si svolgeva - e in parte tuttora si svolge
- l'attività agricola degli abitanti. Due borghi destinati
ai contadini sono stati realizzati negli anni Trenta,
Borzellino e Borgo Schirò, quest'ultimo recentemente
dipinto ad opera degli studenti dell'Accademia delle Belle
Arti di Palermo.
Passeggiando nelle
campagne monrealesi si incontrano edicole votive,
abbeveratoi, fontane. Può capitare anche di imbattersi in
un pastore che sta montando la ricotta.
DUOMO di Monreale (PA)
Il Duomo fu fondato nel 1174 da Guglielmo II ed
attorno ad esso venivano realizzati anche l'Abbazia, il
Palazzo Reale e quello Arcivescovile costituendo, in tal
senso il complesso monumentale di Monreale.
La nascita del Duomo è
avvolta nella leggenda che vuole sia stata la stessa Madre
di Gesù a scegliere quella terrazza naturale perché vi fosse
edificato un Tempio in onore del Figlio. Un'altra leggenda
narra come Buggero II, avendo sognato di trovare un tesoro
nascosto sotto un albero di carrube ai cui piedi si era
addormentato, fece il voto di edificare un tempio in onore
del Salvatore se la profezia del sogno si fosse avverata.
L'esterno del Duomo
è caratterizzato da una certa sobrietà stilistica con la
facciata serrata da due poderose torri quadre che bilanciano
la massa del Santuario a cui venne aggiunto, nel 1770,
l'attuale portico che ne occulta una parte ed è decorato da
una serie di archi intrecciati e da tarsie in tufo chiaro e
pietra lavica. Tale decorazione si estende ai prospetti
laterali ed alle absidi. Sul lato settentrionale della
chiesa tra il 1546 ed il 1569 fu aggiunto un elegante
portico su colonne di Giandomenico e Fazio Gagini. Le porte
in bronzo sono opera dei più importanti artigiani
dell'epoca; quella principale del 1186 di Bonanno Pisano
rappresenta 42 episodi biblici ed è esaltata dalla ricca
cornice del portale dove si alternano decorazioni pla-stiche
e musive. Nella parte inferiore della porta troviamo due
leoni e due grifi, simboli della monarchia normanna. La
porta settentrionale rappresenta, in 28 formelle, figure di
santi ed evangelisti.
L'interno della
chiesa è a pianta basilicale, a croce latina di m. 102x40,
orientata ad Oriente secondo la tradizione bizantina. Le tre
navate sono divise da due file di nove colonne di granito
con diverse dimensioni e sostengono archi a sesto acuto di
tipo arabo. Il santuario quadrangolare a tre absidi è
imponente per struttura ed altezza. La caratteristica
davvero straordinaria di questa costruzione è l'addobbo
musivo (6.340 mq) che si sussegue lungo tutto il perimetro
interno della chiesa, realizzato con tessere incastonate
nell'oro zecchino. La preziosità di questo mosaico non ha
pari in Italia ed e secondo nel mondo soltanto a quello
della Cattedrale di Santa Sofìa a Gostantinopoli. Realizzato
da artisti di diversa provenienza, sia bizantini che locali,
si presenta non sempre costante per finezza di disegno ed
espressività, svolgendo una narrazione del mondo secondo la
Bibbia, cominciando dalle sette giornate della creazione e
terminando con le attività degli Apostoli a cui,
nell'abside, si aggiunge il Cristo Pantocratore con la corte
celeste di angeli, profeti e santi. Il soffitto policromo, a
capriate lignee, fu costruito nel 1816-37 dopo l'incendio
del 1811, su disegno dell'originale. Il pavimento a dischi
dì porfido e granito con fasce marmoree intrecciate a linee
spezzate è in parte originale ed in parte del 1559. Notevoli
sono le altre opere d'arte conservate all'interno tra cui:
l'altare dì Luigi IX re di Francia, un reliquiario marmoreo
gaginesco con rilievi sacri, un altare barocco in marmo con
decorazioni a mischio, l'altare maggiore in porfido, in
stile barocco eseguito a Roma da L. Valadier nel 1771, la
tomba marmorea di Guglielmo II il Buono, la tomba in porfido
di Guglielmo I del XII sec., la Cappella di S. Benedetto con
"l' Apoteosi di S. Benedetto" Marabitti (1766), la Cappella
di S. Castrense.
Il Tesoro
Vi si accede attraversando la fastosa cappella del
Crocifisso ricca di intarsi marmorei e sculture. Esso consta
di un reliquiario barocco detto della Sacra Spina, altri
reliquiari di varia età, una cas-settina di rame di età
normanna, una pregevole pisside con figure, un pastorale del
XVII sec. e vari arredi sacri e codici.