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PANORMUS - GASTRONOMIA PALERMITANA

Panelle, Crocché e la friggitoria palermitana

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Le panelle, si preparano facendo sciogliere la farina di ceci in acqua con sale e prezzemolo.

Poi si pone il recipiente sul fuoco e si rimescola continuamente sino ad ottenere una pasta piuttosto solida (tipo polenta) che, ancora calda, si spalma in apposite formelle di legno di faggio dalla canonica forma rettangolare (4x8 cm).


Sulla formella di legno può essere inciso un elemento floreale che, al raffreddamento della pasta, forma sulla panella cruda un rilievo di circa 3 millimetri.

Il Pitrè ci riferisce che in passato questi rilievi avevano differenti forme tra cui, più frequente, quella di pesce. I “i pisci-panelli”, così le chiamavano i più indigenti che, mangiandole, s’illudevano di mangiare frittura di pesce, allora troppo costosa.

Arrivano ben calde e gonfie sul bancone, dove sono adagiate in un ripiano d’alluminio bucherellato per permettere all’olio di scolare, e in men che non si dica vanno a riempire la pagnottella che sarà tagliata a metà, aperta a mo’ di cerniera, e riempita.

I cazzilli o crocchè si ottengono bollendo le patate che, una volta pelate, vengono passate per creare una purea piuttosto densa a cui si aggiunge prezzemolo o menta, sale e pepe.

Utilizzando le esperte mani, si formano delle crocchette dalla tipica foggia ellittica, della lunghezza di circa sei centimetri. Anche queste vengono poi fritte in abbondante olio di semi.

Dalla preparazione delle panelle e delle crocchè, raschiando con una paletta sia il fondo sia i bordi delle casseruole dove era stato preparato l’impasto, si otteneva un nuovo impasto fatto dalle due materie prime. Con questi impasto si produceva una crocchetta di “rascatura”  dal gusto particolare e, cosa da non sottovalutare, dal prezzo ancora più basso, per chi non poteva permettersi neanche le crocchè tradizionali.

In ogni stagione altre fritture arricchiscono il bancone della friggitoria, per la delizia degli avventori, e così troviamo i cardoni (cardi) e broccoletti (cavolfiore) “alla pastella”, i carciofi, le arancine di riso con carne o burro, lo sfincione (sorta di pizza morbida molto spessa, condita con la cipolla), i timballi di pasta al forno o di riso o di verdure, il “grattò” (gatteau di patate), e ancora, frittate miste con erbette di montagna, sarde a “beccafico”, fritture di maccarroneddu o cicireddu (piccoli pesci e pesciolini), di calamari, e l’intramontabile “caponata” il cui ingrediente base è la melanzana.

Le friggitorie ricalcano antiche tradizione della Magna Grecia, quando al “thermopolium” (antico bar – tavola calda) si compravano pietanze cotte, da consumare per strada.

Un momento importante per le panelle (e per le arancine) si riscontra il 13 dicembre, giorno in cui si festeggia Santa Lucia e, per devozione, in tutta l’isola, non si consumano farinacei.

(n.d.r.) Ciò che è stato narrato, pur con dovizia di particolari storici, non può né potrà mai sostituire l’esperienza diretta: al viaggiatore raccomandiamo quindi di soffermarsi davanti ad una friggitoria, prima di acquistare il “pane con le panelle”, per assaporare gli intensi profumi dei vari ingredienti. Poi assaggi. Il gusto “unico” della panella solleciterà le sue papille gustative come non mai. Degustandola, provi a guardarsi attorno… i palazzi… le chiese… la storia, gli sembrerà di farne parte  Molti, prima di partire, ci ritornano. Molti, la seconda volta, appena scesi dal traghetto, girano subito a sinistra per andare alla tal panelleria dove due anni prima


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