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ROCCAPALUMBA: i dintorni

L'ambiente e i dintorni

Ambiente naturale
Posto in un ameno sito, ai piedi di un'imponente rupe calcarea, ("La Rocca"), e di una suggestiva collina, Roccapalumba si eleva a circa 500 mt. sul livello del mare e conta tremila abitanti circa.

La varietà geomorfologica del territorio, costituito da basse colline e da piccole valli, conferisce al paesaggio un aspetto gradevole e seducente. Le macchie boschive di eucaliptus, pini, querce, castagni, frassini, gli oliveti e i mandorleti arricchiscono l'ambiente circostante di colori e di profumi soprattutto in primavera.

La montagna sovrastante il paese si eleva di circa 700 mt., ed è un'area di particolare interesse naturalistico diversificata nelle sue caratteristiche vegetazionali e faunistiche.

Questo contesto naturale crea le condizioni ideali per la sopravvivenza di molte specie animali come l'assiolo, la poiana, la coturnice, il picchio, il grillaio, il gheppio, l'upupa, la donnola, il coniglio, la volpe, il riccio, la martora, la lepre.

La notevole varietà floristica tipica della macchia mediterranee consente sicuro rifugio anche a molte specie migratorie.

Il clima particolarmente mite e l'aria incontaminata, favoriscono soggiorni tranquilli a diretto contatto con la natura.

Abbeveratoio "cannoli"
L' abbeveratoio in pietra, con l'annessa fontana, fu voluta dall'Amministrazione Civica per portare l'acqua potabile nel centro abitato. I lavori di costruzione furono progettati ed eseguiti sotto la direzione dell'ingegnere Emanuele Mazzola, che si avvalse di maestri scalpellini locali.

La pietra utilizzata proveniva dalle cave della Rocca, caratterizzate dal particolare colore rossastro; nell'esecuzione dell'opera gli scalpellini si sono avvalsi di tecniche di lavorazione della pietra quali la sbozzatura e la bocciardatura. La loro bravura trova riscontro nella realizzazione del fonte di forma concava ricavato da un unico blocco poggiante su una base sagomata.

Il sistema di approvvigionamento idrico constava di due vasche di raccolta, poste a monte del bevaio, nelle quali venivano convogliate le acque di diverse sorgenti di cui è molto ricco il territorio. L'inaugurazione dell'abbeveratoio avvenne il 3 ottobre 1897

ITINERARIO

L'itinerario che proponiamo mira ad evidenziare l'affascinante ambiente naturale che circonda Roccapalumba, e al tempo stesso vuole essere una passeggiata attraverso la storia partendo dalle tombe rupestri, passando per l'insediamento arabo dirigendoci verso l'infinito.

Tombe rupestri
Disseminate nel territorio troviamo le tombe rupestri, monoliti scavati ed incastonati nel terreno che come occhi vigili scrutano l'inesorabile scorrere del tempo, muti testimoni che si consegnano alla storia.

Regalgioffoli
Regalgioffoli, dall'arabo Rachai-joff al, fu sede di un antico casale musulmano.

Sull'etimologia del toponimo, gli storici hanno avanzato diverse ipotesi di significato, traducendo "casale dell'abbondanza" o "luogo di passaggio".

Secondo il Barberi, il casale con il feudo fu posseduto da un poeta, Nicolo da Caccamo, al quale, essendosi egli ribellato a Re Martino, fu confiscato per essere devoluto alla Regia Curia.

Fu poi concesso da re Alfonso il magnanimo a Dionisio Parisi con diploma dell'll giugno 1431 con facoltà di ripopolarlo. Probabilmente l'attuale "baglio" ubicato nei pressi della Chiesa di Maria SS. del Rosario, potrebbe corrispondere a una parte dell'impianto originario dell'antico casale.

La Chiesa di Maria SS. del Rosario
Fu fondata nel 1819 dai baroni Giacomo Gloriando Lo Suiglio e Giuseppe Denaro. Rimase per molto tempo alle dipendenze della Cattedrale di Termini Imerese, per passare poi a quelle della Chiesa Madre di Roccapalumba.

Nel 1891 venne istituita la confraternita di Maria SS. del Rosario, a cui seguirono quella di San Giuseppe nel 1901 e quella del SS. Sacramento nel 1926.

La chiesa, elevata a parrocchia nel 1932, è ad unica navata e custodisce il pregevole gruppo ligneo della Vergine col Bambino e San Domenico degli inizi dell'Ottocento.

Lavatoi Pubblici
Il lavatoio pubblico ubicato in contrada Pizzuta, della fine del '700, di notevole interesse etno-antropologico, testimonia un momento della lavorazione della lana, un'attività ormai completamente scomparsa.

Esso fa parte del contesto rurale rappresentato dall'adiacente masseria e dall'abbeveratoio.

Il lavatoio, inserito in un ambiente coperto, è costituito da due vasche adiacenti in muratura il cui muro divisorio è coperto da lastre in pietra. I piani inclinati delle due vasche sono in pietra e presentano al centro una fontana da cui fuoriusciva l'acqua.

Un'altra struttura simile, non coperta, si trova nella frazione di Regalgioffoli in contrada Calvario ed è probabilmente di epoca anteriore.

Questo lavatoio presenta due ampie vasche di cui una con un piano inclinato, al cui interno è ancora visibile il "cannolo" in pietra dal quale scaturiva l'acqua.

Mulino in contrada Fiaccate
Il mulino ad acqua, di notevole interesse storico ed etno-antropologico, è situato in contrada "Fiaccati", sugli argini del fiume Torto, lungo la Regia Trazzera Palermo-Siracusa; fu costruito nel 1880 ad opera di maestranze fiorentine ed entrò in funzione nel 1882, in seguito a una crescente domanda che non poteva essere soddisfatta dai mulini fino ad allora esistenti; rimase attivo fino agli anni '50.

L'edificio, costruito in pietra locale a vista, consta di un corpo centrale suddiviso in tre parti uguali da due archi a tutto sesto, al cui interno si trovano due impianti per la molitura con due grosse macine in pietra, azionate da ruote in ferro con eliche. Gli altri vani della struttura servivano per l'alloggio del mugnaio, per il deposito dei cereali da molire e per la sistemazione delle bestie da soma.

La struttura si conserva abbastanza integra e comprende parte della canalizzazione (saia) un grande invaso di forma ovoidale (urga), con la canalizzazione che portava l'acqua verso due invasi a forma di imbuto (utti) dai quali fuoriusciva l'acqua che serviva ad azionare le ruote in ferro, che a loro volta mettevano in moto le mole in pietra. Questo sistema faceva sì che il mulino funzionasse anche nei periodi estivi, quando le precipitazioni erano scarse.

Il prospetto principale ha tre aperture: due finestre dotate di grate di ferro battuto e una porta alla quale sono poste due grate in ferro che permettevano di controllare il livello dell'acqua che defluiva nei canali sottostanti.

Il mulino in contrada "Fiaccate" è uno dei tanti che sorgevano lungo il fiume Torto, ed è esempio di una struttura produttiva alimentata dall'acqua.

Dato l'ottimo stato di conservazione del mulino e la sua importanza culturale, la Soprintendenza ha posto sotto vincolo di tutela l'intero edificio.

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