Altre curiosità

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LA LAPIDE MARMOREA ESPOSTA DAVANTI LA SANTA GROTTA

La lapide, ricoperta di scoria muffita per l'umidità e la vecchiaia lasciava intravedere il segno della croce. Ripulitala ed interpretatala, vi si trovarono queste parole scolpite:
"Ego Rosalia Sinibaldi Quisqune et Rosarum Domini filia amore Domini mei Jesu Christi ini (in) hoc antro habitari decrevi". Che è quanto dire: "Io Rosalia, figlia di Sinibaldo, padrone della Quisquina e delle Rose, per amore del Signore mio Gesù Cristo, stabilii di abitare in questa grotta".
Un fac-simile accurato della medesima, fu fatto a cura di Giuseppe Emanuele Ventimiglia, Principe di Belmonte e signore della Quisquina, ad istanza dei Padri Gesuiti, e fu trasmesso ai Bollandisti (sec. XVIII).

LE ORIGINI DEL CONVENTO FRANCESCANO

Giova, a maggior chiarezza dell'argomento, rintracciare le origini del Convento Francescano del Pellegrino, perché grande appoggio viene, in favore dell'antichità del culto della «Santuzza», dalla constatazione di un tal fatto, ottenuta da vie sicure.

Sono, le origini del Convento, legate alla vita di un tal Girolamo Lancia-Rebiba, (parente del Cardinal Rebiba), il quale, avendo sposata una nobilissima donzella, sua pari, la prima notte del matrimonio, preso da grande amore per la bella virtù, persuase lei a prendere la vita del monastero ed, avutone il consenso, si diede anch'egli all'esercizio di una vita santa, cominciando dal fuggir dal luogo natio, e dando ad un povero perfino il mantello che portava addosso. Era oriundo di S. Marco (vicino a Novara di Sicilia, prov. di Messina), e ne andò fino a Palermo, ove giunto; mosso dal ricordo della vita eremitica di S. Rosalia, salì sul Pellegrino, con il desiderio di imitarla. Per abito, portò una tonaca, una corda, ed un largo cappuccio, che poteva, all'uopo, coprirgli la testa.

La fama della sua virtù giunse in città, ed ebbe presto dei compagni di romitorio, che arrivarono a diciotto. Non avendo alcun luogo atto a dimorarvi, si formarono delle celle, utilizzando ed adattando le grotte ivi esistenti, nelle vicinanze di quella tradizionale, che si diceva abitata dalla Santuzza. Più tardi, il Viceré Medina pensò a dar loro un Convento, come si è detto. Vissero qui, i romiti, fino a tanto che alcuni perversi, prendendoli per impostori, non li cacciarono via con la forza; allora si rifugiarono presso i Minori Conventuali, che li accolsero amorevolmente, e li aiutarono a portare le loro lamentele a Roma. Di fatti, due di loro (tra i quali Giacomo), furono appoggiati presso il Cardinale Felice Peretti (poi Sisto V), che li proseguì di ogni favore, ed ottenne un decreto dalla S. Congregazione, in virtù del quale potevano ritornare al Pellegrino, e condurvi vita devota senza essere disturbati. Avvenne, intanto, che lo stesso Cardinale fosse fatto Papa, ed il 15 Ottobre 1587 approvò la Congregazione dei Minori Conventuali Riformati, nata un trentennio innanzi. Fra Girolamo, poté tornate, col compagno al Pellegrino, preferendolo alla dimora di S. Prisca (relegata alla nuova Congregazione dal Papa) e continuò così, giuridicamente, il prisco tenor di vita.

Uno dei suoi compagni, fu S. Benedetto da S. Filadelfìo o da S. Fratello, detto anche il Nero, perché oriundo da parenti di colore, che passò, più tardi, ai Riformati dell'Osservanza, e morì a S. Maria di Gesù: ed io non dubiterei di affermare che è proprio egli il Fra Benedetto che cercò le spoglie, della Santuzza, come ci apprendono i Bollandisti.

Vivevano, i Minori Conventuali Riformati, sotto lo stesso P. Generale dell'Ordine, e sotto lo stesso Provinciale della rispettiva Provincia; furono loro a fondare a Palermo il Convento di S. Lucia (oggi Parrocchia) e lo storico contemporaneo ci apprende che, Conventuali e Riformati, vivevano promiscuamente nei due Conventi del Pellegrino e di S. Lucia fino a tanto che i detti Riformati esistettero (1668).

Soppresso il Convento del Pellegrino, quello di S. Lucia rimase ai Conventuali, finché non fu eretto in Parrocchia secolare (4 Sett. 1781).

Si prova, dunque, anche con documenti, che molto tempo innanzi il Ritrovamento del Corpo della Santuzza, (1550 circa) esisteva una morale certezza della sua presenza al Pellegrino, e ne era, con quasi precisione, indicato il sito.


TRADIZIONALE CULTO DELLA SANTA

BIBLIOGRAFIA

L'antichità del Culto della Santuzza, oltre che dalla tradizione è attestata:
1. Da un manuale di preghiere della Chiesa Palermitana, del 1462, che porta elencato nelle Litanie il nome di S. Rosalia (S. Ruso-lia) tra i nomi delle Sante Margherita ed Anastasia. E da notarsi, d’avvantaggio, che esso era copia di un altro manuale di preghiere del secolo XIII, se prestiamo fede al P. Gaetano Maria Noto, informatore dei Bollandisti

2. Dai formulari di preghiere delle Chiese di Bivona, S. Stefano, Mazzara, che, almeno fin dal secolo XIV, avevano invocazioni culturali della Santa

3. Le Chiese di Palermo, Racalmuto, Bivona, S. Stefano, Ragusa celebravano da tempo immemorabile, la festa della Santa, fissandola al 4 Settembre sebbene ultimamente con rito semidoppio.

4. Più antiche ancora, sono le immagini della Santa, poste in luogo sacro ed esposte alla venerazione comune. Degne di menzione, quella di Monreale, al Duomo, che è del secolo XII (forse del im);^ quella della Cattedrale di Palermo che fu dedicata l'anno lISS^ da Gualtiero II, Arcivescovo di Palermo; quella della Martorana antichissima (sec. XIII) come tutta la Chiesa, monumento nazionale di antichità e di arte: quelle di S. Nicolo all'Albergheria, (di Palermo), di S. Stefano... tutte antiche e precedenti di gran tempo data del Ritrovamento.

5. È più recente, ma di certo autore, quella della sua Chiesa di Bivona, di mano di Tommaso De Vigilia, fatta nel 1494. in essa, la Madre del Divino Amore, col suo Pargoletto, pone una corona di fiori sul capo della Santa, inginocchiata davanti a Lei, di prospetto: ai due lati, gli Apostoli S. Pietro e S. Paolo, ritti in piedi assistono a quelle sponsalizie, mentre in alto, a destra ed a sinistra, tre angeli per parte, danno fiato ai loro strumenti' ).

6. La Chiesa di S. Rosalia in Racalmuto è del secolo XIV (30)

7. Più antica era una Chiesa di S. Rosalia in Palermo, che in un testamento del 18 Aprile 1257 ricevette in legato un tari di oro da certa Teofania, nobildonna: ed essa Chiesa è pure ricordata in altro testamento del 1337 del nobil uomo Giovanni da Calavallis.

8. Una cappella della Santa, nel tempio di S. Caterina dell'divella, in Palermo, vien ricordata, in un catalogo composto l'anno 1439 sotto il celebre giurista Nicolo Tudisco. Arcivescovo di Palermo, detto comunemente il Panormita.

9. Alla data del Ritrovamento, potevano assicurarsi come costruite in un tempo immemorabile, molte altre chiese, o cappelle, dedicate alla Santa a Rovella (Salemo), Giuliana, Polizzi, Bivona (Cappella nella Chiesa di S. Agata), Troina, Ragusa, Scicli, S. Mauro, Tortorici, Ficarra, Calascibetta, Augusta (tutte in Sicilia), ed anche a Paola... nonché l'altare della grotta della Quisquina, cui confluivano i devoti in altri tempi, e fin da quelli vicinissimi alla sua morte, come comprovavano documenti di S. Stefano.
10. L'antichissimo benefizio ecclesiastico fondato sul Pellegrino, sotto l'Invocazione di S. Rosalia, di nomina pontificia, di cui esiste menzione negli anni 1393,1399 e via via.

Con tali documenti, il pio Cardinale Dona, convalidava l'antichità del culto della Santa, presso la S, Congregazione dei Riti. Ma è innegabile anche , che il culto stesso, prima del Ritrovamento, e nei tempi più vicini a questa, aveva incominciato a languire, nonostante che la Chiesa di Palermo lo avesse ripreso, col rito semidoppio, l'anno 1609, mentre cominciavano a propagarsi le voci di un prossimo e grande benefizio, che avrebbe apportato, la Santa, alla sua Città natia, che verserebbe in grave pericolo.

I biografi.

I più antichi, che si ricordino dal P. Ignazio Mancuso, sono i cinque seguenti, anteriori al Ritrovamento:

1. Valerio Rossi, che prima del 1590, scrisse sul Convento dei Francescani del Monte Pellegrino, e la cui testimonianza fu addotta più innanzi (pag. 15 n.5). Scrisse in italiano.

2. Filippo Paruta, Segretario, o Notare, del Senato Palermitano, che scrisse nel 1609. Il manoscritto è citato dal Mongitore, nella Biblioteca Sicula. Morì nel 1629.

3. Simone Parisi, Barone della Milocca, che ricorda la Santa, nella sua Descrizione della Sicilia, edita l'anno 1610.

4. Vincenzo La Farina, Barone di Aspromon-te, che scrisse una lettera su S. Rosalia, l'anno 1620.

5. Ottavio Gaetani, S.J. che ne parlò nella sua opera «Vitae Santorum Siculorum», composta prima del 1620, ma edita effettivamente nel 1657, cioè 37 anni dopo la sua morte. Egli fa menzione di una vita più antica, trovata, come si diceva sul monte Pellegrino da un tal Vincenzo Traina, dedito alla milizia. Ma, ne dell'autore, ne della Vita, ne del ritrovatore, da particolari ragguagli. Le notizie, però, dei predetti, non sono che frammentarie, salvo quelle del Gaetani, di cui non si può neanche stabilirsi qual sia la parte originale, essendo stata ritoccata, la sua opera dopo il Ritrovamento del corpo.

Posteriormente al Ritrovamento, scrissero:
1. Il P. Giordano Cascini, la cui Vita ed Invenzione del corpo della Santa fu impressa l'anno 1631. È riportata dai Bollandisti, Vita altera (la prima, è quella del Gaetani, citato), pag. 384-387.

2. Il P. Pietro Salerno, S.J. che pubblicò l'opera predetta del Gaetani, dalla quale è ricavata la narrazione dei miracoli, addotta dai Bollandisti, pagg. 387-394.

3. Joannes Maria Rosciolus Fui. - Sancissimo Patri Urbano Vili Pont. Max. Oratìo (de S. Rosalia) (Romae, Typ. Rev. Camerae Apo-stolicae, 1628) pagg. 12 in-4. Fu tenuta nel Collegio Romano, il 6 Aprile 1628. Autore della medesima dicesi il P. Angelo Gallucciò S.J. Fu aggiunta in appendice all'opera del Giordano citato (Vitae et inventio corporis S. Rosolide Virginis Panormitanae, Panormi 1631, pag. 51, ss.).

4. Nel fondo medito concistoriale, dell'Archivio Vaticano, tra i Concistori di Urbano Vili, vi sono alcune notizie relative alla peste di Palermo, che saranno addotte nel corso di questa narrazione.

5. Il Martirologio Romano, sotto le date 15 Luglio e 4 Settembre, reca l'elogio della Santa, cui da il merito di aver liberato la Sicilia dalla peste (15 Luglio).

6. Arturus Monasterio, Ord. Recollectorum, Sa-crum Gynecaeum seu Martyrologium amplissimum in quo Sanctae et Beatae... recen-sentur. Parisiis, Covterot, MDCLVII, 15 Ju-lii, pagg. 282-283; 4 Sept. pag. 349.

7. «Orationem de laudibus S. Rosolide recita-vit gravi stylo Aurelius Porpora ». L. C. pag. 349, nota e.

8. Rocchus Pirrus, Sicilia Sacra, 3 ed. Panormi, 1733, passim.

9. Mancuso Antonio Ignazio d. C. di G. - Istoria dell'ammirabile Vita di S.Rosalia Vergine e Romita Palermitana compendiosamente (?) descritta. In Palermo, MDCCIV, nella stamperia di Domenico Cortese, pagg. 256 in-16 picc. È una vita di nessun pregio letterario e critico, ricolma di molte ridondanze che fanno perdere il senso, cui bisogna distillare tutte le volte: ma è notevole per la sua rarità bibliografica.

Degli scrittori posteriori, non mi occupo: salvo che della collezione dei Bollandisti, di cui mi son servito, per la parte che mi è occorsa, e della quale adduco i singoli capitoli, per comodità dei dotti, ma li riporto in italiano, per intelligenza del popolo minuto. Il quale, anche così potrà formarsi un'idea della vastità ed importanza della materia qui trattata, ed aiutarsi a ricostruire col pensiero la grandiosità dell'ammirabile Eroina di cui narrano le gesta ed illustrano la dilatazione del culto, dovuto specialmente all'affermarsi della Sua potenza taumaturga.



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