Acquedotti, pozzi, cave, catacombe, sepolture, cripte, 
costituiscono un vero e proprio reticolo molto intricato in cui modificazioni 
successive sono assai frequenti; sembra quasi che un filo di continuità leghi 
fra loro questi ambienti, è il caso, per esempio, delle famose 
Catacombe di Porta D’Ossuna, che una volta abbandonate dai fedeli, sono state 
trasformate in deposito, stalle, e per ultimo in rifugio antiaereo.
      
      Le catacombe paleocristiane - che non sono luoghi di culto ne, tanto 
      meno, nascondigli per i primi cristiani - sono, invece, necropoli 
      sotterranee realizzate in base a ben precise norme progettuali.  
      A Palermo, tra i complessi catacombali veri e propri, vanno annoverate 
      la catacomba paleocristiana di Porta D'Ossuna e quella non meno 
      importante, anche per l'anomala tipologia, di San Michele che si sviluppa 
      presso il complesso gesuitico di Casa Professa al di sotto della Chiesa 
      medievale di S. Maria della Grotta, oggi inglobata nella 600esca Chiesa 
      di S. Michele.  
      A questi vanno aggiunti altri complessi ipogeici minori, attualmente 
      non accessibili.  
      Sono vere e proprie opere architettoniche costruite scavando 
      opportunamente il banco di calcarenite giallastra su cui si sviluppa la 
      città di Palermo e non di grotte o cunicoli atte ad evocare, più o meno 
      romanticamente, la nostra fantasia. Sono opere dell'uomo e, come tali, 
      testimonianze della sua cultura e della sua progettualità.  
    	
    
    
      Tra i complessi ipogei catacombali paleocristiani il più 
      vasto è quello di Porta d'Ossuna, denominato così dal nome del 
      viceré Pietro Giron, duca di d'Ossuna, che la fece aprire nel 1613. 
      
      Questa catacomba è stata scavata nel banco 
      roccioso che limita a NO la depressione naturale del Papireto, uno dei due
      fiumi, insieme al Kemonìa, che delimitavano l'area urbana 
      dell'antica Panormo e fu tagliata, in epoca storica, per la 
      costruzione dei bastioni 500eschi lungo il corso Alberto Amedeo. 
      
      L'ingresso attuale (restaurato nel 1977) è in corso 
      Alberto Amedeo, 112 ed è preceduto da un vestibolo circolare fatto 
      realizzare nel 1785 da Ferdinando I di Borbone, come si legge 
      nell'iscrizione posta al di sopra.  
      La catacomba si articola in una serie di gallerìe 
      orientale in senso NS, collegate da un asse principale EO. Lungo queste 
      gallerie - e, particolarmente, agli incroci - sono alcuni lucernari (se ne 
      conservano cinque) che si aprono all'esterno, sul giardino soprastante, 
      per assicurare l'aerazione e, almeno in parte, l'ìllumìnazìone del 
      cimitero.  
      Lungo i corridoi sono numerosi arcosoli polìsomi ed 
      alcuni interessanti cubìcoli a tricora.  
      Gli arcosoli, che in questa catacomba sono polisomi 
      (cioè, con molte tombe) sono le tipiche sepolture incassate in nicchie con 
      apertura ad arco. Ampiamente documentati, sono caratterizzati dalla 
      disposizione delle tombe a gradini verso il fondo.  
      I cubicoli (dal latino cubiculum che vuoi dire 
      camera da letto) sono, invece, vere e proprie camere sepolcrali a pianta quadrangolare detti a tricora, dato che lungo le pareti si 
      aprono tré arcosoli. Sulle pareti, sia dei corridoi che dei cubicoli, sono 
      tagliati numerosi loculi ed alcuni incavi di piccole dimensioni. I primi 
      erano destinati a contenere i corpi dei defunti (adulti o bambini) mentre 
      gli altri erano utilizzati, probabilmente, come appoggi per lucerne od 
      offerte. 
		
      L'ingresso originario con due rampe gradinate si trova a 
      SO. Già documentato da un disegno SOOesco era sepolto da un cumulo di 
      detriti ed è stato riportato alla luce con i lavori dì manutenzione 
      promossi e finanziati dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra 
      (1995). In corrispondenza di questo ingresso si conserva un basamento 
      trapezoidale con probabile funzione di mensa per i refrigerìa e si 
      segnala la maggiore monumentalità dei cubicoli.  
      Segni distintivi della Catacomba di Porta d'Ossuna 
      sono l'organica distribuzione degli spazi, l'ampiezza degli ambulacri e la 
      monumentalità dei cubicoli caratteristiche, queste, comuni ai cimiteri 
      ipo-geici dell'Italia meridionale ed insulare.  
      Non è valutabile, allo stato attuale, l'entità delle 
      decorazioni o la quantità dì scritte dipinte poiché le pareti, fortemente 
      degradate, sono state imbiancate quando il monumento venne utilizzato come
      Ricovero durante l'ultima guerra (1940-45). Si conservano, 
      tuttavia, poche ma inequivocabili tracce della loro esistenza.  
      Il complesso in origine era indubbiamente più vasto ed i 
      suoi limiti a NE ed a S sono suggeriti rispettivamente dalle gallerie 
      scoperte nel 1739 costruendo il Convento delle Cappuccinelle dove fu 
      rinvenuta l'iscrizione funeraria della piccola Maurica (C.11. X, 7333) 
      conservata nel Museo regionale Archeologico Antonino Salinas di 
      Palermo e dal piccolo locale ipogeico scoperto lungo la via Imera; qui, in 
      particolare, nel 1980 fu effettuata una breve indagine archeologica a cura 
      di Rosamaria Bonacasa Carrà dell'Istituto di Archeologia dell'Università 
      di Palermo.  
      Tipologicamente affine a quelle romane ed in particolare 
      a quelle di Siracusa ma, nel complesso, più modesta la Catacomba di 
      Porta d'Ossuna si data al IV-V sec. d.C. ma una rilettura ed una più 
      attenta valutazone potrebbero venire da nuovi scavi.