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LA Chiesa Ipogea dell'Acquasanta


Tratto da: "Palermo Luoghi del Sottosuolo"
di Ernesto Raia e Lucia Rocca


I vari ritrovamenti archeologici avvenuti durante gli scavi per la sistemazione delle strade attorno la Borgata dell’Acquasanta all’inizio del secolo, inducono a pensare che essa era abitata fin dai tempi dell’occupazione punica. D’altro canto la zona fa parte dell’antichissimo feudo Barca, probabilmente la stessa persona che l’occupò con le sue legioni per molto tempo, così come riporta lo studioso Nino Basile.

In effetti osservando il sito ha la forma di una conca, riparata dai venti, ideale per l’approdo e la presenza di acque sorgive, era posto ideale per lo sviluppo di un villaggio di pescatori. Ed è alla presenza di una sorgente di acque minerali a cui sono state attribuite qualità terapeutiche che ha reso la borgata rinomata fin dai tempi remoti. (Fig.1)

Fig.1 – Ingresso della grotticella (foto: E. Raia)

Tale fonte sgorgava all’interno di una piccola grotta sita in prossimità del mare che l’ha resa dapprima santuario pagano e poi trasformata in chiesa ipogeica dedicata alla Madonna. Non si conosce la data di fondazione della chiesa, secondo il Mongitore ( storico Palermitano del XVII secolo), l’affresco che raffigurava l’immagine della Madonna che si venerava all’interno sarebbe stato rinvenuto nel 1022 al tempo dei Saraceni. (Fig2)

Fig.2 - resti da dove sgorgava l’acqua (foto: E. Raia )

La chiesetta attualmente è nel più completo abbandono, e le foto testimoniano le pietose condizioni odierne. Il Mongitore ha lasciato una descrizione particolareggiata del suo interno, quattro altari dei quali rimangono pochi resti di quello maggiore e di quello posto alla destra di chi entra dedicati a S. Rosalia e alla Madonna dell’Acquasanta. Non rimane traccia dell’antico affresco della Madonna che tanto stupore e meraviglia destò per la sua resistenza all’umidità e alla corrosione dell’aria marina a cui era sottoposto. (Fig.3)

Fig.3 – Particolare Parete destra della chiesuola con accesso al secondo ambiente (foto: E. Raia)

Dei dipinti : uno su legno raffigurante il mistero dell’Epifania, uno su tela raffigurante San Benedetto con Santa Scolastica S. Placido, San Mauro sullo sfondo San Martino ed infine un quadro raffigurante la Sacra Famiglia non rimane più nulla, al loro posto l’impronta che essi occupavano in quanto incastonati nelle pareti. Il pavimento è tutto sconnesso soltanto poche mattonelle danno l’idea della pavimentazione originaria, al suo centro vi era la sorgente le cui acque sono state deviate. (Fig. 4 e 5)

Fig.4 – Resti della pavimentazione (foto: E. Raia )

Fig.5 – Tracce di pittura rupestre (foto: E. Raia )

Poche tracce di pittura rupestre nel basso tetto a botte fanno pensare che l’interno doveva essere tutto affrescato. Una piccola acquasantiera posta alla destra dell’ingresso è tutto ciò che rimane. Un piccolo ambiente ipogeico annesso alla piccola navata centrale era forse l’abitazione del custode – eremita. All’esterno sopra l’ingresso poche mattonelle maiolicate rappresentanti grappoli di uva con foglie alterne palmate su fondo bianco; il tutto ad incorniciare la scritta "Grotta dell’Acquasanta". (Fig. 6 e 7)

Fig.6– Particolare dell’acquasantiera (foto: E. Raia )

Fig.7 – Particolare scritta sopra l’ingresso della grotta (foto: E. Raia )

Manca il bassorilievo in marmo raffigurante San Martino a cavallo che divide il mantello col povero, opera del XVI secolo, chiaro emblema dei Benedettini di San Martino padroni dell’ex feudo Barca donato loro per ordine testamentario da Luisa Calvello , moglie di Federico di Cesarea, il 7 febbraio 1400.

Verso la fine dell’800 la zona fiancheggiante la spiaggia e i terreni limitrofi appartenevano ad un ricco signore inglese Donviller, il quale aveva trasformato il posto in un piccolo parco. Tipo molto stravagante, ogni mattina, alla stessa ora, tutti i giorni dell’anno e con qualsiasi tempo, percorreva a nuoto il tratto antistante la grotta.

Fu questo il periodo che la borgata raggiunse il suo massimo sviluppo grazie anche alla notorietà delle acque minerali che scaturivano all’interno della grotta, consigliate come efficace purgativo per la presenza di Sali alcalini, quali solfato di calcio e di magnesio, cloruro di calcio, sodio e magnesio. Nacque così nel 1871 per opera dei Fratelli Pandolfo, sacerdoti, proprietari sia della villa settecentesca che della grotta dove sgorgava l’acqua; decisero di costruire uno stabilimento di bagni termali caldi, freddi, sfruttando appunto, le qualità terapeutiche dell’acqua. Non mancarono le vasche, le docce, e i vapori benefici ottenuti grazie ai macchinari modernissimi in dotazione alle più rinomate terme dell’epoca. L’acqua alla fonte aveva una temperatura di circa 18 gradi, ma veniva riscaldata fino alla temperatura di circa 40-42 gradi per la cura di determinate malattie.

Il complesso raggiunse la sua massima rinomanza intorno agli anni 1891-92 quando le acque furono premiate dal giurì a chiusura dell’Esposizione Nazionale di Palermo e una lapide posta in quel che era il corridoio d’ingresso ai bagni ne ricorda la motivazione. Infine, un’ultima indagine condotta dal Dott Manlio Valli rileva che l’acqua aveva le stesse caratteristiche delle acque di Montecatini.

Nei primi del secolo la spiaggia dell’Acquasanta era la più rinomata ed elegante, grazie soprattutto a Ignazio Florio che cercò di valorizzare il mite clima dell’inverno palermitano costruendo la grande Villa Igiea lussuoso sanatorio albergo, che non fu mai usato come sanatorio ma lussuoso albergo. (Fig.8 e 9)

Fig.8 – Facciata stabilimento termale (foto: E. Raia )

Fig.9 – Vasca utilizzata per i bagni termali (foto: E. Raia )

Oggi l’acqua non sgorga più perché incanalata in condutture che sfociano a mare, dello stabilimento rimane solamente la fatiscente facciata e le due targhe una all’ingresso dei bagni e l’altra posta all’ingresso del Vicolo Bagni Minerali mute testimoni del passaggio della più ricca ed elegante nobiltà palermitana… (Fig.10 e 11)

Fig.10 – Targa all’ingresso del vicolo (foto: E. Raia )

Fig.11 – La targa a ricordo della premiazione del Giurì dell’Esposizione (foto: E. Raia )

L’epigrafe della lapide di fig.11: "Quest’acqua minerale, ritenuta salutare dagli antichi, fu adoperata per le ribelli ostruzioni dei visceri, contro reumatismi cronici, gotta, calcolosi uriche, coprostasi, ecc. La scienza, in seguito, studiandone le qualità chimiche, la disse solfatica mista magnesiaca ferruginosa, confermando così la sua azione terapeutica nelle suddette malattie. La clinica ne sancì l’uso con i ripetuti ed accertati successi. Gli Ammalati lodarono l’efficacia per i benefici ricevuti; concorsero a divulgarla, a bene dell’umanità, ragguardevoli ed illustri cittadini, benemeriti ed operosi sanitari. In omaggio, il giurì dell’Esposizione Nazionale di Palermo la premiò meritatamente ai 7 giugno 1892"


BIBLIOGRAFIA
La Duca R. (giugno 1973) - Le notizie sono tratte dagli articoli del Giornale di Sicilia.
Giustolisi V. - La Montagna Sacra.
Basile N. - Palermo Felicissima.
Tomasino F. - La Sorgente dell’Acquasanta.



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