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Le Camere dello Scirocco di Palermo


Mario Tozzi a Palermo visita lo Scibene

I palermitani conoscono bene lo scirocco, vento molto caldo proveniente dall’Africa che porta afa e calura insopportabile.

Proprio tra il XVI ed il XVIII secolo, i nobili e le famiglie agiate del palermitano prendono l’abitudine di costruire sotto i palazzi della città delle grotte scavate nella roccia per sfuggire all’afa dello scirocco.

Si accede ad esse per mezzo di una scala, caratteristica principale per il loro utilizzo è una sorgiva e un pozzo di ventilazione che permette di mutare l’aria calda, inumidita dall’acqua , in aria fresca.

Le “Camere dello scirocco“ hanno avuto la massima diffusione nel XVIII secolo quando si diffonde l’uso da parte dei nobili di spostarsi in estate nelle ville di campagna per passare lì i mesi estivi per la “ villeggiatura “. Per la costruzione della grotta si sceglie la parte di terreno dove viene intercettata una falda acquifera poco profonda non più di dieci metri, che serve per la refrigerazione dell’aria, in caso contrario viene costruita una condotta: il qanat.

Di solito l’ambiente ha una forma quadrata o circolare, con sedili intagliati nella roccia. Il tetto è sagomato a volta per aumentare la staticità, dentro la città è lasciato spesso grezzo proprio come una grotta, mentre quello delle ville fuori Palermo viene abbellito, intonacato e ammattonato rispecchiando il lusso della villa dove viene costruito.

Unici esempi di camera a “cielo aperto“ sono villa Savagnone a fondo Micciulla risalente alla seconda metà del ‘700 di forma circolare e l’ambiente costituito da diverse cavità, in fase di studio, situato presso la Fossa della Garofala.

Quando i nobili si rifugiavano nella camera dello scirocco, per sfuggire alla calura, si bagnavano e rinfrescavano direttamente nella sorgiva e si racconta che venivano organizzati banchetti e incontri conviviali. Ma da recenti studi e sopralluoghi ciò che si racconta viene messo in discussione in quanto la poca luce, l’alto tasso di umidità e soprattutto l’imperfetta ventilazione che creava ristagni d’aria non permetteva la permanenza per molto tempo in questo ambiente poiché l’aria rendeva affannosa la respirazione.

Si pensa allora che questi ambienti siano stati usati come sorgente artificiale dove attingere l’acqua fresca durante la calura e per la conservazione di alcuni alimenti che avevano bisogno di una temperatura più bassa e costante.

Le Camere dello Scirocco ritrovate all’interno della città sono poche poiché le fonti storiche non documentano la loro esistenza e non ne danno una descrizione.

Quelle conosciute sono: quella alle spalle del Palazzo delle Poste, quella del Palazzo del Barone Colluzio, presso il rione Balate all’Albergheria , quella conosciuta come la Grotta dei Beati Paoli, presso il Vicolo degli Orfani, al Capo grazie alle ricerche condotte dal Prof Todaro, quella riportata alla luce in seguito agli scavi eseguiti presso la Chiesa dei Calzolai, conosciuta come la Chiesa di San Crispino e Crispiniano, presso Casa Professa, ed infine quella forse più antica e la più integra situata all’interno del cortile di Palazzo Marchesi presso il rione Casalotto.


PALAZZO MARCHESI

VILLA SCIBENE SAVAGNONE



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