Il "Non" Rifugio antiaereo nel 
					Bastione di 
					Porta Guccia a Palermo
					
					
					
					"Quando suonava la sirena si doveva raggiungere il 
					ricovero più vicino...
Spesso erano delle trappole... 
					senza vie d’uscita se non quella d’ingresso..."
					Non c’è gioia più grande che ricevere le e-mail per posta 
					elettronica dopo aver messo in rete un nuovo pezzo, scoprire 
					che occhi attenti e critici si sono soffermati sul tuo sito 
					è la ricompensa più grande. Raccontare fatti e mostrare 
					luoghi sconosciuti ai più, suscitando forti emozioni , 
					riportare alla mente di chi legge i ricordi che si 
					ritenevano perduti mi entusiasma e mi invoglia a continuare 
					con passione lo studio per una materia poco conosciuta e 
					poco trattata. Tra tante e-mail una in particolare mi ha 
					colpito, quella del Prof. T. Guarrata, leggendola ho colto 
					tutta l’emozione che ha provato nel ricordare i tristi 
					momenti della guerra condivisi con gente a lui sconosciuta 
					in un ricovero antiaereo. Da ciò è nata l’idea di rendere 
					partecipe il protagonista inserendo il suo articolo nella 
					"Palermo Sotterranea" preceduto da una breve presentazione 
					del luogo dove si svolsero i fatti.
					Su Corso Alberto Amedeo strada che riprende il tracciato 
					dell’antico fossato delle mura cinquecentesche, è visibile 
					il Bastione della Balata o del Papireto, che faceva parte 
					assieme al bastione di S. Giacomo al bastione del Palazzo 
					Reale e al non più esistente bastione d’Aragona, al sistema 
					murario cinquecentesco occidentale. 
					Il Bastione ha la forma pentagonale alto tra i sei e gli 
					otto metri. Sopra il bastione fu eretto il Palazzo del 
					Marchese Guccia con un giardino pensile, eretto alla fine 
					del XVIII secolo quando gran parte dei bastioni furono 
					venduti dal Demanio ai privati.
Al palazzo si accede dal 
					vicolo Cuccia ad angolo della via Papireto a confine col 
					convento delle Cappuccinelle dove in un locale seminterrato 
					fu realizzata la nuova sepoltura delle monache. 
					
					
					
					L’ingresso al vicolo
					
					
					
					
					
					Il muro perimetrale del convento
					
					
					
					
					 L’ingresso al palazzo
					Il sistema viario faceva parte originariamente del 
					complesso militare del bastione. Percorsi pochi metri 
					dall’inizio del vicolo ci si trova davanti l’ingresso del 
					palazzo riconoscibile dal grande portone e dalle insegne 
					della famiglia Cuccia.
					Varcata la soglia si trova un piccolo cortile dove alla 
					sinistra trovasi una fontana una volta riccamente ornata; 
					dal cortile si diparte un doppio scalone che porta ai piani 
					nobili con ricchi saloni decorati ed affrescati, da dove è 
					possibile accedere al giardino pensile fatto costruire dal 
					marchese, ed è qui che si trova la Torretta Belvedere dove 
					nel periodo bellico, si sarebbe dovuta montare una 
					postazione di mitragliatrici antiaerea. 
					
					
					
					
					Il piccolo altare
					
					
					
					
					 La Torretta Belvedere 
					
					Fortunatamente non fu istallata, data la vicinanza col 
					Palazzo Reale, il quale avrebbe potuto subire gravissimi 
					danni.Alla base della rampa destra dello scalone si trovano 
					le tracce di accesso a quello che una volta era il locale 
					adibito a ricovero……Ma facciamo parlare il protagonista...
					
					
					
					
					L’ex ingresso al ricovero
					
					
					
					
					 Il Prof. Guarrata indica l’ingresso al ricovero
					
					
					
					Il sotterraneo si estende sotto il bastione, oggi a 
					livello stradale, tra il corso A. Amedeo e Porta Guccia.
					
					Le pareti ed il soffitto a botte sono in pietra mentre il 
					calpestabile dei tratti 1,2,3 (identificati nella piantina), 
					è in terra battuta. Si accede dalla via Guccia, al numero 
					civico 5, attraverso un ingresso (oggi murata) situato alla 
					destra della scala principale, nell’atrio del palazzo. Il 
					dislivello tra la via Guccia e il corso A. Amedeo fa si che 
					la parte bassa del sotterraneo si debba raggiungere mediante 
					una scala ripida in muratura,stretta e senza ringhiera, 
					composta da circa quindici gradini (zona nr.4) alla sinistra 
					della scala ora descritta si allarga un tunnel discendente 
					con gradoni ampi ed a piano inclinato per cui la discesa qui 
					diventa agevole (zona nr.5). La parte terminale della 
					scalinata del tunnel porta già al piano stradale di corso A. 
					Amedeo. Mediante un pianerottolo, da destra, seguendo il 
					perimetro del bastione, si accede ai camminamenti del 
					sotterraneo (zone 1,2, e 3 ).
					Unica via d’uscita , oltre all’ingresso, un piccolo 
					cancello in ferro (parte terminale della zona nr.8) che 
					portava in un giardino, non visibile dalle vie esterne, 
					situato tra il bastione, il corso A. Amedeo e la via 
					Cappuccinelle. Tale giardino fu poi la sede dell’allora 
					arena cinematografica A. Amedeo. Oggi vi si trovano 
					magazzini o siti artigianali e la via d’accesso è un grande 
					cancello in ferro in corso A. Amedeo proprio adiacente alla 
					parete esterna del bastione.
					
					
					
					
					L’accesso al sotterraneo
					
					
					
					
					Scorcio del sotterraneo
					 
					
					
					Vecchio magazzino per la 
				lavorazione delle corde.
					Da recente l’intera parete della fortificazione è stata 
					ripulita e illuminata per cui il sito è evidenziato anche a 
					livello turistico. Nell’occasione dei recenti lavori di 
					restauro venne praticata una piccola via d’ingresso al 
					sotterraneo protetto da un cancelletto in ferro da dove è 
					possibile osservare lo spessore della parete del bastione e 
					la larghezza del camminamento.
					
					Un pò di storia...
					Il 
					camminamento sotterraneo venne utilizzato come rifugio 
					antiaereo nel secondo conflitto mondiale (1940-44), prima 
					dagli abitanti del civico 5 della via Guccia, tra cui molti 
					sfollati che, in funzione del " rifugio" avevano preso 
					alloggio anche nelle vecchie scuderie del palazzo. 
					Successivamente il rifugio si allargò agli abitanti delle 
					vicine vie Papireto, Cappuccinelle e Noviziato.
					Assunse così la funzione di ricovero pubblico senza che 
					ne avesse le caratteristiche per la mancanza di una via 
					d’uscita sicura. La custodia del sotterraneo era affidata al 
					capo fabbricato, Don Totò, che si avvaleva dei collaboratori 
					più giovani di lui. Il loro compito principale era quello di 
					rendere praticabili i camminamenti o parti di essi, per 
					consentire ospitalità ad un numero crescente di rifugiati 
					durante le incursioni aeree; installare, ove possibile, la 
					luce elettrica per ridurre l’uso di candele, acetilene e 
					lumini vari che bruciavano una considerevole quantità di 
					ossigeno, non facilmente ricambiabile. Ogni famiglia, in 
					linea di massima, si attribuiva una zona fissa ove sistemava 
					panche e sedie o quanto altro riteneva opportuno.
					Le parti utilizzate del sotterraneo come ricovero furono 
					quelle che nello schema sono segnate col numero 1 e metà del 
					camminamento segnato col numero 2. Nel 1943, durante 
					un’incursione aerea, fu deciso da parte di un gruppo di 
					rifugiati di esplorare il restante camminamento, reso 
					inaccessibile da cumuli di materiale da riporto, da 
					infiltrazioni d’acqua che rendevano fangoso il terreno e da 
					ostacoli vari che impedivano, anche a persone di piccola 
					statura, di mantenere la posizione eretta. L’esplorazione 
					comportava l’uso di torce funzionali che garantissero la 
					luce. Dopo alcuni giorni, approfittando di una ennesima 
					incursione aerea, si portò a compimento l’esplorazione e si 
					scoperse che il camminamento culminava in una grande stanza 
					senza uscite zona 3 della cartina. 
					...il 9 maggio 1943, era domenica, durante lo storico 
					bombardamento diurno (erano le ore 12) effettuato da 
					cinquecento fortezze volanti americane, il rifugio antiaereo 
					mostrò tutti i suoi limiti di agibilità perché si affollò 
					oltremodo per un numero insolito di rifugiati che, 
					terrorizzati dal prolungarsi ininterrotto del bombardamento 
					, vi cercarono scampo. In quella occasione si rischiò lo 
					stritolamento reso più sinistro dal tremare della terra, 
					dallo spostamento d’aria causato dalle esplosioni delle 
					bombe di grosso calibro cadute vicine, dalla mancanza di 
					energia elettrica e dal pigia pigia che non consentiva di 
					accendere le candele di fortuna.
					Quanto detto è la 
					testimonianza di T. Guarrata, allora tredicenne...