<Segue
A questo
punto si pose il problema se trainare la nave sino in porto ovvero
ormeggiarla sul versante di tramontana, a ridosso in pratica del
vento di sud-ovest. Si optò per quest'ultima soluzione e la nave
venne trascinata su un basso fondale di circa 35 metri sul quale
si adagiò facendo perno sul "calcagno" del timone. A un miglio e
mezzo dalla costa si poteva scorgere lo scafo che emergeva per un
terzo della sua lunghezza complessiva, dal ponte di comando
all'estremità della prua. In pratica era sommersa per 140 dei suoi
180 metri. Ora si presentava il problema del recupero ma più che
mai quello dell'inquinamento del litorale. La Paulus infatti a
causa dello scoppio stava perdendo il gasolio con un ritmo di tre
tonnellate l'ora che avevano ricoperto la superficie del mare per
un raggio di cento metri.
Da qui la decisione del comandante del
porto Giuseppe Francese di far giungere un notevole quantitativo
di solvente per scongiurare l'inquinamento ma era il mare stesso a
disperdere gradatamente le 15 tonnellate che complessivamente
fuoriuscivano dalle falle. I giorni che seguirono furono decisivi
per la sorte della petroliera perché il fortunale che nel
frattempo si era abbattuto sul litorale impediva qualunque
intervento mentre la Capitaneria stava completando la definizione
del piano di rigalleggiamento destinato a riportare in porto la
nave dopo averla alleggerita attraverso il pompaggio dell'acqua
che ne aveva invaso i serbatoi. Il piano però non ebbe mai
attuazione in quanto la Paulus si inabissò completamente
spezzandosi in due tronconi all'altezza del castello di poppa.
L'immersione su questo gigante addormentato è tra le più
suggestive tra quelle sinora descritte relative alla costa
nord-occidentale della Sicilia, E' anche un'immersione che può
essere effettuata in un tempo relativamente lungo in quanto buona
parte dello scafo è adagiato su un fondale che degrada dai 16 ai
30 metri.
Iniziando quindi la discesa sulla prua della nave si
potrà percorrerla per oltre tre quarti della sua lunghezza
soffermandosi a guardare le varie sezioni in cui è divisa la
coperta, le tubature per l'imbarco e lo stivaggio del combustibile
che la ricoprono come una ragnatela, i portelloni dei serbatoi, le
stive e parte dei locali dell'equipaggio.
Il castello di poppa
però e i locali dei motori sottostanti si trovano tranciati dal
resto della nave e distanti una trentina di metri dalla parte più
lunga del relitto. Qui la visione di ciò che resta è però molto
confusa: un groviglio di lamiere, di enormi bielle, di pistoni, di
ancore ancora fissate allo scafo rende difficile identificare la
forma originaria di questa zona della nave ma proprio la
dimensione di ogni particolare dà l'idea del gigantesco mezzo di
cui faceva parte facendo rivivere la tragedia di quel lontano
1978.
|