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							  Scrive 
							il Dott.Giuseppe Pitrè a proposito di dialetto 
							siciliano:"Nel dialetto è la storia 
							del popolo che lo parla; e dal dialetto siciliano, 
							così come dai parlari di esso, è dato apprendere chi 
							furono i padri nostri, che cosa fecero, come e dove 
							vissero, con quali genti ebbero rapporti, vicinanza, 
							comunione." 
							 
							E così si esprimeva l’insigne filologo Ernesto 
							Monaci:  
							 "Si 
							cerchi di rialzare nella coscienza del popolo l'idea 
							del suo dialetto, persuaderlo che tutti in Italia, 
							siccome anche nelle altre nazioni, siamo bilingui: 
							che la favella appresa nel seno della nostra 
							famiglia non è men degna di rispetto che la lingua 
							da apprendersi nelle scuole. I dialetti dovrebbero 
							avere un loro spazio nella lingua parlata e sarebbe 
							tempo che, finalmente, se ne introducesse lo studio 
							nelle scuole affinché quei tanti che s'affannano a 
							far dimenticare il dialetto nativo per una lingua 
							che non sempre conoscono, cessassero da questa loro 
							opera disfattistica." 
							<-ERNESTO MONACI 
							 
							
							ORIGINE 
							Il dialetto Siciliano e la lingua 
							italiana ebbero origine dal latino medioevale, 
							ovvero il basso latino. Il siciliano però raggiunse 
							forma d'arte prima, come dimostra un singolare 
							documento: una delle porte del duomo di Monreale, 
							quella firmata da Bonanno Pisano (1186), i cui 
							battenti, divisi in quarantadue formelle, 
							riproducono scene bibliche accompagnate da scritte 
							esplicative in volgare.  
							
							 Vi è 
							poi la testimonianza di Dante che nel "De vulgari 
							eloquentia" scrive: "II volgare siciliano si 
							acquistò fama prima e innanzi agli altri per il 
							fatto che molti poeti indigeni poetavano in 
							siciliano e per il fatto che la corte aveva sede in 
							Sicilia è accaduto che tutto ciò che si è prodotto 
							di poetico prima di noi fu detto siciliano; 
							denominazione che anche noi qui manteniamo e che 
							nemmeno i posteri potranno mutare". 
							Egli definì tutta la produzione 
							poetica siciliana col nome di "Scuola Siciliana" 
							e affermò che i primi "pionieri" nel campo della 
							produzione letteraria e poetica in lingua volgare 
							italiana furono proprio i poeti siciliani 
							appartenenti a questa scuola.  
							Palermo divenne la culla della poesia siciliana. Tra 
							i più famosi poeti di lingua siciliana troviamo 
							Cielo D'Alcamo, giullare particolarmente colto 
							di cui si hanno poche notizie, che scrisse il 
							celebre componimento "Rosa fresca aulentissima" e 
							Giacomo da Lentini, da molti ritenuto l'inventore 
							del "sonetto"e ritenuto proprio da Dante, il 
							caposcuola della lirica siciliana. Qualche tempo 
							dopo l'influenza della lingua siciliana si espanse 
							anche nel nord Italia, specialmente in Toscana dove 
							si venne a formare una corrente di poeti, i poeti 
							siculo-toscani, che in seguito avrebbe dato origine 
							alla scuola del dolce stil novo e alla lingua 
							italiana che si affermò come lingua del popolo 
							italiano al contrario del siciliano che fu degradato 
							al ruolo di semplice dialetto regionale. 
							La conformazione geografica di 
							isola, ha certamente permesso alla lingua siciliana 
							di mantenersi lontano da influenze di confine. Il 
							risultato è una specificità unica della lingua e una 
							certa omogeneità fra i dialetti delle province 
							siciliane, che si distinguono per alcuni tratti 
							fondamentali. 
							Data la lunga e variegata storia della Sicilia, 
							crogiolo di culture e popoli, è difficile 
							distinguere tutte le influenze linguistiche subite 
							dalle lingua siciliana, che ne hanno fatto una 
							lingua unica, con un idioma personalissimo e 
							riconoscibile. Il fenomeno di uniformità della 
							lingua, fu osservato da molti studiosi di 
							glottologia uno di questi fu il tedesco Gerald 
							Rohlfs che scrisse “esiste nell’isola un dialetto 
							unitario”. Le differenze che si possono notare nel 
							lessico derivano quasi esclusivamente dalla presenza 
							più o meno di avanzi del greco e dell’arabo. Il 
							lessico latino presenta in tutta l’Isola una 
							uniformità che raramente si trova nelle altre 
							regioni d’Italia.  
							I dialetti siciliani si possono 
							quindi dividere in tre zone: siciliano occidentale, 
							diviso tra area palermitana, trapanese e 
							agrigentina; siciliano centrale, diviso tra le aree 
							nisseno-ennese, agrigentina orientale e delle 
							Madonie; e siciliano orientale, diviso in area 
							siracusano-catanese, nord orientale, messinese e sud 
							orientale.  
							Il dialetto siciliano oggi è 
							correntemente parlato da circa 5 milioni di persone 
							in Sicilia, oltre che da un numero imprecisato di 
							persone emigrate o discendenti da emigrati delle 
							aree geografiche dove il siciliano è madrelingua, in 
							particolare quelle trasferitesi nel corso dei secoli 
							passati negli USA (dove addirittura si è formato il 
							Siculish), in Canada, in Australia, in Argentina, in 
							Belgio, in Germania e nella Francia meridionale. 
							
							  L'uso 
							del siciliano è altresì molto diffuso sia come 
							lingua familiare che come lingua conviviale tra 
							persone in stretta relazione, e presenta una 
							produzione letteraria piuttosto viva, soprattutto 
							nel campo della poesia. 
							In tempi recenti il dialetto 
							siciliano è salito nuovamente alla ribalta grazie ad 
							autori come Pirandello, Verga, 
							Capuana, il grande poeta dialettale Ignazio Buttitta 
							fino al contemporaneo Andrea Camilleri.  
							 
							
								
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