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La Festa dei Morti a Palermo


Ogni 2 Novembre, c’è l’usanza di recarsi al Cimitero, per porre anche un solo fiore nella tomba di un nostro caro. Silenzio, il luogo è sacro, i nostri cari si potrebbero svegliare!  Si! Proprio così! Cimitero sta a indicare il luogo, dove i nostri cari stanno dormendo in attesa della venuta del Cristo Vittorioso che verrà a destarli.  

I Cimiteri Palermitani, Rotoli, Sant’Orsola, Cappuccini, Santa Maria di Gesù, sono invasi dai Palermitani che almeno una volta l’anno ricordano i propri cari e visitano le loro tombe, questo è l’aspetto religioso ma per i palermitani si rinnova il rito della “festa dei morti”.

La tradizione  si rifà ad antichi culti pagani e ad un banchetto funebre comune ai popoli indoeuropei . A noi rimane ancora il ricordo nel consulo siciliano.

Una vecchia tradizione era di consolare i parenti del defunto con il cunsulato, in altre parole il rito di consolare i parenti del defunto durante tutta la veglia  funebre pensando pure alla preparazione della colazione, del pranzo e della cena.

Tradizionale era il brodo di carne, la pastina in brodo di carne e durante il giorno e soprattutto la notte si preparavano delle brocche di caffè per tenere tutti svegli.  Si faceva la "nottata", amici e parenti facevano a gara per non lasciare soli chi erano stati colpiti dal lutto, qualcuno nelle fredde notti d’inverno si attrezzava con la coperta per coprirsi durante la veglia. Era questo comunque un modo per ritrovarsi a volte dopo tanti anni che non ci si vedeva o si mettevano da parte le liti intercorse per riconciliarsi in occasione del lutto. Non si cucinava in casa del morto e si mangiava senza essere visti.

Queste cose resistono ancora in alcune famiglie ma il lutto è diventato un fatto privato, spesso si dispensa dalle visite non si fanno più le nottate perché si lasciano riposare i parenti del defunto.

Un vecchio detto recita: < <un c’è mortu ca un si riri e un matrimonio ca, un si chianci >>.

Questo perché durante la visita ognuno vuole sapere com’è successo e ognuno racconta un aneddoto che riguarda il defunto. Chi invece approfitta della circostanza per raccontare di tutto e di più riguardante lui la sua famiglia o gli ultimi avvenimenti delle famiglie conoscenti.

Il culto dei morti ha origini antichissime e nella nostra Palermo c’era la netta distinzione tra il lutto di Corte, di Nobili, di civili, di plebei.

Il Viceré ordinava come svolgere le esequie e il comportamento da tenere da parte di tutti durante il lutto cioè come dovevano tenersi le visite al defunto, come vestirsi, i giorni di lutto, i tendaggi, i drappi, come tenere le finestre delle stanze, se accendere i lampadari o le candele, i giorni in base alla parentela che bisognava restare a casa, i rintocchi delle campane ecc.

Se non erano rispettate le norme scritte nel bando del 1775 dal Viceré, erano applicate le pene ai trasgressori, si parlava di 500 scudi ai nobili per tutti gli altri un anno di carcere o altre pene a discrezione di S.E. Per i nobili, il funerale era sontuoso, doveva rispecchiare la vita del defunto,ricco in vita, funerale sfarzoso. Il popolino cercava di adeguarsi e invitavano, a pagamento, le reputatrici, donne che piangevano, urlavano e arrivavano a strapparsi i capelli per il dolore della perdita. Era questo un mestiere.

I poveri si esponevano in portantine, anche in avanzato stato, ai crocicchi delle vie o nelle piazze, e si raccoglieva l’elemosina per dare una degna sepoltura alla salma.

Le confraternite in Palermo avevano per statuto di occuparsi di seppellire chi viveva in povertà, tra queste la Confraternita di S. Matteo. Con questi riti si cresceva e conviveva per cui la morte era una costante della vita e ci si abituava.

Da qui nascono il culto dei morti e la Festa dei Morti, tradizione vuole che i genitori regalino ai bambini, al posto dei cari defunti, dolci e giocattoli. In tempi non tanto lontani i cimiteri erano pieni in questo giorno di bambini inconsapevoli che giocavano o si rincorrevano nei vialetti del cimitero, in mano i giocattoli appena ricevuti in dono.

Durante la notte mentre i bimbi ignari dormivano, i genitori preparavano i tavoli imbanditi di ogni ben di Dio: giocattoli, vestitini, scarpette nuove, a volte l’occorrente per la scuola. Si preparavano le ceste con pupe di zucchero, martorana, noccioline, mandorle, castagne, meline, biscotti te tu. Spessissimo erano regalate ai ragazzini le pistole con cinturoni da cowboy e fucili. Vendevano i proiettili di gomma e i piombini in scatolette per sparare con le pistole. Si giocava per strada e s’incontravano bande di bambini armati che organizzavano scontri e battaglie con tanto di morti e feriti che finivano quando la mamma chiamava per il pranzo o per la cena. Le femminucce spingevano le carrozzelle con dentro le bambole, molti gareggiavano con le bici, I bambini rallegravano le borgate, ora non si vedono quasi più, rinchiusi in casa davanti mamma tv o il computer.

Adesso i bambini non giocano più per strada ma la festa dei morti sta cedendo il posto a quella di “Halloween”, dolcetto e scherzetto sono arrivati anche da noi. I negozi sono pieni di maschere, cappelli a punta, zucche colorate.

Per fortuna i dolci antropomorfi, celebri nella nostra città, resistono, le pupe di zucchero, piccole statue di zucchero di varie forme raffiguranti vari personaggi: coppie di sposi, dame, cavalieri, paladini e da un po’ di tempo personaggi tratti dai cartoni animati.

In occasione della festa dei morti a Palermo le vetrine dei negozi si colorano di frutti dolcissimi di pasta di mandorla o pasta reale, chiamati "frutti di Martorana".

Il nome nasce dal monastero della Martorana – delle “nobili signore dell’ordine di S. Benedetto” - conosciuto appunto per i suoi frutti di pasta di mandorle. Nel 1866, dopo la soppressione delle Corporazioni religiose, i frutti di Martorana non furono più prodotti dalle suore ma dai pasticceri che da allora, puntualmente ogni anno, adornano le vetrine con coloratissimi cestini con frutta di pasta di mandorla.



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