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			Nell'apprestarci
            a immergerci torna alla mente questa volta, in questo nuovo angolo
            di blu, la considerazione che questa attività così esaltante,
            questa passione tanto spesso contagiosa, come altre ha un prezzo che
            purtroppo non è uguale per tutti.
             
            Dalla zona di Isola delle Femmine ci
            siamo spinti sino allo scoglio della Formica, un miglio a largo di
            Porticello, incantevole esempio di ciò che la natura sottomarina è
            in grado di generare e al tempo stesso muto testimone di tanti
            naufragi e di vite umane perdute. 
            Ci lasciamo "cadere" sino a
            quota -20 e mentre risolviamo meccanicamente i problemi di
            compensazione, lo sguardo si sofferma su particolari che denunziano
            la storia contrastata di questo piccolo iceberg di roccia: frammenti
            di tegole, colli d'anfora, ancore più o meno antiche sparse su un
            pendio ripido e ricco di anfratti da cui fanno capolino antenne di
            aragoste e scure teste di murene. Ci orientiamo sul versante che
            guarda verso il castello di Soltanto e ci spingiamo sino a -30
            varcando quello che ci sentiamo di definire il giardino delle
            maestose paramuricee i cui ventagli rossi, agitati dalla corrente,
            si muovono lentamente con i polipi espansi per cercare di catturare
            il loro nutrimento. 
             
			  
			Il
            tempo dedicato a questa oasi ecologica risulta come sempre il
            massimo consentito dai tempi di una prudente immersione e d'altronde
            la voglia di raggiungere il fondo non è prepotente come si possa
            immaginare considerato che alla base dello scoglio, a circa -50, il
            paesaggio si trasforma in una sconfortante distesa di sabbia e
            fango. Al contrario avvertiamo il desiderio di impiegare la risalita
            per fermarci con l'occasione delle tappe di sicurezza sul lato della
            Formica che guarda verso le Eolie dove a poco meno di 15 metri la
            vegetazione torna lussureggiante in un'esplosione di parazoanthus e
            di astroides che ricoprono intere pareti a picco sul fondo. Proprio
            qui, in una sorta di cappella naturale ricavata nella roccia
            l'escursione subacquea si conclude sostando accanto a un oggetto che
            racconta una storia e ricorda un proposito, quello di vivere
            qualunque sport rispettando sempre la vita. A chi dimenticasse
            questi aspetti dell'attività subacquea dovrebbe capitare di fare la
            scoperta che i ricercatori del circolo Tecnomare di Palermo fecero
            nel 1991 durante una delle tante immersioni allo scoglio della
            Formica.  
             
             
			  
			A circa 30 metri di profondità, su
            un fondale estremamente sconnesso e semicoperto dal
            fango, trovarono una targhetta di ottone in gran parte corrosa
            dall'ossido. Per il desiderio di decifrarla subito ne strofinarono a
            lungo la superficie con i guanti fino a quando l'intera incisione
            divenne leggibile: "I subacquei palermitani ai loro amici
            scomparsi in mare - 1965". 
            In breve iniziarono la ricerca
            dell'avvenimento da cui aveva preso spunto la realizzazione di
            quell'oggetto e, attraverso le tante conoscenze nell'ambiente
            subacqueo palermitano, risalirono addirittura alle foto che
            documentavano la posa in opera della croce, dono del principe
            Gualtiero Belmonte, su cui era stata apposta la targa ritrovata. 
			L'uomo a cui era stata dedicata si
            chiamava Mario Dessy, un pioniere delle subacquea palermitana che
            nel maggio del 1964 aveva pagato con la vita l'ardimento e il
            desiderio di sperimentazione di nuove attrezzature da lui stesso
            costruite. Si apprese così dalle figlie di questo sportivo , noto
            anche per la sua attività di paracadutista, che a distanza di un
            anno dalla sua morte un gruppo di sub palermitani aveva voluto
            ricordarlo assieme a quanti altri, assieme a lui, avevano perso la
            vita sottacqua depositando sui fondali della Formica quella croce.
            La paziente ricostruzione di quell'avvenimento, l'ascolto di tante
            affettuose testimonianze, fecero nascere il desiderio di tutti i sub
            del Tecnomare di ripetere il gesto commemorativo di 26 anni prima. 
            
			  
			In
            poco meno di un mese prese corpo la realizzazione di un bassorilievo
            in bronzo che ad ottobre dello stesso anno fu sistemato su un
            basamento in cemento armato pesante oltre 400 kg. adagiato
            preventivamente con l'uso di palloni di sollevamento su un fondale
            si appena 13 metri per dar modo a chiunque di poterlo osservare
            anche dalla superficie del mare quando le condizioni di limpidezza
            dell'acqua lo consentono. 
            Non si perda questa esperienza unica
            lungo tutto il versante della costa palermitana perché in pochi
            luoghi come questo, natura e storia si coniugano in modo così
            inscindibile e suggestivo.  
            A tutti quindi un invito a farci un
            pensiero e parlando di pensieri non si dimentichi che gli amici di
            "SUB Dive Adventure" 
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