Protagonista della leggenda è la setta dei Beati Paoli, misteriosa e temuta, che operò a Palermo tra la fine del XV sec. e la prima metà del XVI sec.

Nata dallo strapotere e dai soprusi dei nobili, che amministravano direttamente anche la giustizia, la setta agiva nell’ombra e nella massima segretezza per proteggere i deboli e gli oppressi utilizzando un vero e proprio tribunale.

Di questa setta non esistono fonti storiche e tanto meno manoscritti. Solo il Marchese di Villabianca nei suoi ” Opuscoli palermitani” cita la segreta setta con il suo tribunale e i luoghi dove agiva. In questi diari hanno attinto diversi autori tra cui il Linares ed il Natoli.

Quest’ultimo scrisse tra il 1909 e 1910 un romanzo d’appendice che veniva regalato dal Giornale di Sicilia ai propri lettori.

La Palermo sotterranea, nella quale il Natoli ambienta alcuni avvenimenti del romanzo, è principalmente quella che ricade sotto il quartiere “Capo”.

Fra le molteplici cavità che presenta il sottosuolo della metropoli palermitana, costituito da un vasto banco di calcarenite quaternaria, ve ne sono alcune che la fantasia popolare ha fatto proprie e resistono alla mentalità dei secoli.

Le camere dello scirocco utilizzate dal lontano XVI secolo per potersi difendere dalla calura estiva, esistenti al di sotto di alcuni palazzi nobiliari, sono cosa nota agli addetti ai lavori, ma sconosciuta al resto del pubblico.

La calcarenite, che si presta molto bene ad essere cavata, insieme alla sorgente d’acqua sono i due elementi essenziali per poter ricavare una camera dello scirocco: queste cavità artificiali ebbero diffusione nel quindicesimo secolo in quanto i signorotti, accertata la presenza nel sottosuolo di una falda acquifera, si affrettavano a ricavare una grotta artificiale a forma circolare o quadrata dalla volta a botte, al cui centro utilizzavano il foro praticato per sondare la falda, riutilizzandolo per la ventilazione e per la poca luce che potesse penetrare dall’esterno.

Successivamente veniva dotata di sedili di pietra modellati nella stessa calcarenite, su cui i signorotti passano la giornata al refrigerio ottenuto grazie alla presenza dell’acqua sorgiva.

La leggenda narra che il ritrovamento di una “Camera dello Scirocco”, vuole essere quella utilizzata dalla leggendaria setta dei Beati Paoli, resi noti dal famoso scrittore William Galt alias Luigi Natoli nel suo celebre romanzo storico, pubblicato come romanzo d’ appendice nel Giornale di Sicilia dal 1909-10 che allora ha entusiasmato migliaia di lettori tanto che ogni qualvolta a Palermo si scopre una cavità sotterranea tutti ricorrono mentalmente alla famosa setta d’incappucciati.

Il misterioso antro, pur essendone nota l’esistenza, fino a qualche tempo fa era di difficile accesso poiché da tempo ne erano stati murati gli ingressi e un cumulo di rovine aveva cancellato la topografia del luogo.

La zona interessata è il quartiere Capo, intricato da ampie cavità sotterranee che fanno parte di un vasto complesso cimiteriale cristiano. Il luogo dove si riuniva la fratellanza dei Beati Paoli si trova nei pressi della chiesa di Santa Maruzza e il vicolo degli orfani.

Nella seconda metà del settecento il Marchese di Villabianca visitò il luogo e lasciò un’ampia descrizione di quello che aveva visto nei suoi “opuscoli palermitani”.

La casa dell’avvocato Giovambattista Baldi si trova a S.Cosimo nella vanella di S. Maruzza, nel quartiere Capo.

Dal primo piano dell’ingresso di questa casa, passando per una porticina, si arriva in un piccolo baglio scoperto, in cui sorge un basso albero boschigno , e il piano su cui si cammina non è altro che lo strato di una volta ben larga, che copre la grotta sottostante.

Nel centro della volta vi è un occhio con grata di ferro che serve da spiraglio e lume alla sotterranea caverna.

“In questa scendersi per cinque scoglioni di pietra rustica che in faccio presentarvi in una piccola oscura stanza con in mezzo un tavolo, da qui si entrava nella principale grotta ove trovasi una ben larga camera con sedili tutto all’intorno e col comodo di cava o sia nicchie e scansie nelle quali si posavan l’armi si di fuoco che di ferro”.

…or qui adunavansi questi sectarij
e vi tenevano le loro congreghe
in luoghi oscuri
e dopo il tocco della mezzanotte
vi capitavano onde e tutte facevansi
a lume di candela”.

Aggiunge il Villabianca che, oltre l’ingresso di casa Baldi, in vicolo degli orfani esisteva un altro accesso alla grotta. Ripulita di recente dalla cooperativa sociale Sicilia 2000, sotto la stretta sorveglianza dell’architetto Sausa, tutta la zona interessata, la grotta con gli annessi ha riaperto una nuova ipotesi su quella che di tanto mistero avvolse la fatidica setta.

La grotta, che fa parte di un complesso di cavità di quello che era il letto naturale del fiume Papireto, è ricavata nella sua sponda di sinistra in un grosso blocco di calcarenite. Nei secoli, la grotta venne interessata, ora come luogo di riunione segrete (secondo quanto tramandatoci dalle tradizioni), ora come butto, cioè come immondezzaio privato, sfruttando la preesistenza dell’ipogeo, ora come rifugio durante le incursioni aeree della seconda guerra mondiale.

Ma la vera funzione per cui fu utilizzata sin dal XVIII secolo, per le sue caratteristiche si richiama a quelle che erano le camere dello scirocco.

Il baglio scoperto esiste ancora, ma l’albero boschigno che copriva l’accesso alla grotta è stato tagliato tanto tempo fa, e rimane un gioioso giardino di limoni e pergole.

All’antro, accessibile da nove gradini, si perviene attraverso un piccolo ingresso che dà sul vicolo degli orfani dove sorge una vasca seicentesca con un ninfeo in pietra lavica, alimentata da una vecchia torre d’acqua. Al centro di essa si vede ancora il buco o lucernario, anche se oggi risulta ostruito da una costruzione.

La cavità in un angolo, sulla parete di sinistra, contiene un profondo pozzo seriale con piccoli incavi dette “pedarole” per raggiungere la sorgente alimentata da acqua limpidissima.

E’ attorniata da un sedile in pietra ricavato nella stessa roccia, sulla parete di destra è ricavata una nicchia aperta che fa pensare un passaggio.
Accanto ad essa, alla profondità di tre metri e mezzo, c’è un cunicolo che porta ad altre due grotte,che sicuramente custodiscono nuovi misteri.

Durante i lavori di pulitura, sepolte nel terriccio che ricolmava l’ingrottato, sono stati trovati diversi oggetti di differenti epoche, ma la cosa che ha fatto scalpore è il ritrovamento di un puntale conico di ferro che altro non è che un portafiaccola da parete, per il quale bisogna stabilire il periodo a cui risale.

Quest’ultimo ritrovamento richiama certamente a presupposti sull’esistenza dei sectarij….ma a dir del Villabianca alla fine del settecento di quella terribile organizzazione “se n’era già perduta la semenza”.

Il Comune di Palermo, ha iniziato il recupero di tutta la zona che interessa il complesso di palazzo Blandi, in vista d’inserire il tutto in un nuovo itinerario nel circuito cittadino. Il percorso potrebbe comprendere l’area che riguarda l’antico letto che solcava il fiume Papireto, iniziando con la visita alle catacombe paleocristiane del IV-V sec.dopo Cristo, proseguendo con la visita di alcune cripte e finendo con la leggendaria grotta dei Beati Paoli.

Per una visita guidata nei luoghi dei Beati Paoli: +39 340 5957407

Bibliografia attuale:
– Castiglione – Indagine sui Beati Paoli – ediz. Sellerio , Palermo
– Francesco F. Renda – I Beati Paolo. ediz. Sellerio , Palermo
– L. Natoli – I Beati Paoli – ediz. Flaccovio, Palermo- note storiche di Rosario La Duca
– Carlo Di Franco – Il misterioso antro – Sikania n. 3 / 1999

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