Bagheria è il secondo comune della provincia preceduto nella graduatoria della popolazione dal solo capoluogo. Il centro abitalo sorge tra il golfo di Palermo e quello di Termini Imerese, su una vasta distesa di giardini di agrumi circondata dai monti Consuono, Giancaldo e dalla frazione marinara di Aspra. La località, tra il Seicento e il Settecento, fu meta privilegiata delle famiglie nobili palermitane.
Oggi si presenta come una cittadina moderna e dinamica, dalle mille contraddizioni, ma senza alcun dubbio dai connotati precisi e dalle molte attrazioni per autentici viaggiatori.
Una visita in questo luogo è un viaggio a ritroso alla scoperta delle radici della Sicilia, ma anche un cammino nel presente, e forse nel futuro. Commercio, agricoltura e pubblico impiego rimangono i principali sbocchi occupazionali assieme alla piccola industria legata alla trasformazione e alla conservazione dei prodotti agricoli: pomodoro e limone in primo luogo. Gli acquisti si concentrano soprattutto nel centro. Oltre all’abbigliamento, la zona è frequentata per i negozi sportivi, quelli di arredamenti e alimentari. La gelateria vale da sola una visita a Bagheria.
Comodamente seduti ad un tavolino, nei bar locali è possibile gustare una allettante brioches con gelato e panna montata, una fresca granita al limone, o acquistare per consumare a casa una squisita torta di gelato, panna e pan di Spagna.
Rinomati sono anche i dolci tipici del luogo, in particolare quelli con la ricotta, e la rosticceria: gli arancini di riso con carne sono una vera e propria specialità. Le pizzerie e i piccoli locali offrono menù a base di pesce appena pescato e si presentano alternativi ai ristoranti classici, frequentati soprattutto in occasione di banchetti e ricevimenti nuziali.
A dispetto di una crisi generale che ha visto scomparire gran parte delle botteghe artigianali, qui resistono alcuni mestieri di un tempo, come quello della lavorazione a mano della pietra di aspra , località marinara di Bagheria. L’elemento che permise quella straordinaria fioritura di forme del barocco cittadino viene utilizzato ancora oggi per le ristrutturazioni dei vecchi palazzi. Bagheria ha anche una buona tradizione di costruttori e decoratori di carretti, anche se oggi confinata in un ambito puramente folcloristico.
C’è ancora chi dipinge i carretti siciliani utilizzando i colori a base di olio di lino, dando vita ad un arcobaleno di forme e toni forti che si intrecciano e si ripetono sul legno scolpito. Le spallette laterali del carretto, “li masciddara”, ospitano i cosiddetti “quadri”: un susseguirsi di tradizioni rimaste impresse nel popolo bagherese, un numero incredibile di ricordi della grande epopea cavalleresca e delle canzoni “de gestes”: Rolando a Rongisvalle”, “L’Orlando furioso”, “Lo sbarco di Rodomonte in Francia”, “Angelica a Parigi”. Ma anche immagini di santi, quadri ispirati al Vecchio testamento, scene di caccia o di vita quotidiana, che rilevano, come disse Renato Guttuso, “un gusto pittorico che esce dalla sfera artigiana”.
La storia antica della città è in qualche modo legata a quella della vicina Solunto, uno dei primi centri fenici dell’isola, anche se fino alla prima metà del XVII secolo Bagheria, intesa come centro abitato, ancora non esisteva. La località era immersa tra vigneti, uliveti e piantagioni di canna da zucchero che si estendevano a vista d’occhio. La campagna ospitava solo qualche torre di guardia e alcune vecchie masserie. Solo nel 1658 inizieranno i lavori di costruzione della prima residenza ad opera del principe Giuseppe Branciforti. Coinvolto nella congiuro antispagnola del 1649, il nobile palermitano scelse l’esilio volontario costruendosi una villa-fortezza, edificio attorno a cui si formerà il nuovo centro abitato.
Il luogo diverrà infatti presto meta di villeggiatura preferita dai principi palermitani che costruiranno le proprie residenze nobiliari fra la costa e i campi coltivati.
Fu così che nacquero villa Valguarnera , la più sontuosa, edificata su di un poggio e dominante sui due golfi in posizione molto panoramica; villa Palagonia , la più famosa per i mostri e personaggi visionari in pietra arenaria; villa Villarosa , con fronte a colonnato; villa Cutò , con elegante loggia a cinque archi; villa Trabia, con un grande parco. Bagheria diventò presto nota nel mondo per le ville barocche. Una di queste residenze, villa Cattolica , ospita la galleria d’arie moderna, nata attorno ad una raccolta donata dal bagherese Renato Guttuso, caposcuola del realismo italiano. Sarebbe veramente difficile comprendere l’arte di Guttuso senza fare riferimento alla sua terra natale, alla storia, ai colorì e ai paesaggi siciliani. Era partito da Bagheria inseguendo la propria vocazione per la pittura, quell’arte che aveva imparato a conoscere all’interno di una bottega artigianale, assistendo, non a caso, al lavoro dei decoratori di carretti siciliani.
A Bagheria è nato e vissuto anche Ignazio Buttitta, il poeta che ha rinnovato dal profondo, nei suoi contenuti e nel suo stile, la poesia dialettale del Novecento legandola ai valori dell’impegno ed ai sentimenti di riscatto morale del popolo siciliano. Cantore dell’uomo e della natura, con un senso forte della sicilianità della cosmicità, l’intramontabile “Omero di Bagheria” ha fatto scorrere la sua poesia, piena di uccelli, di pesci, dì uomini, di terra illuminata dalla solarità del mare e del cielo di Aspra, lungo questo scorcio di fine millennio siciliano contrassegnandone in qualche modo le stagioni culturali e letterarie più importanti, consegnandoci un linguaggio limpido e sonoro, attraversato da tutti i fenomeni che hanno trasformato i vernacoli siciliani e le parlate popolari in dialetto moderno.
“Bagheria” è anche il titolo dì uno dei più bei romanzi di Dacia Maraini. La scrittrice in questa città ha trascorso gli anni dell’adolescenza e di tanto in tanto torna a visitarla: “Girando lo sguardo verso il mare, noto con sollievo che gli ulivi sono ancora lì, in massa, e hanno sempre lo stesso colore cereo, argentato. Fra gli ulivi, in basso a destra, la villa Spedalotto , con le sue colonne leggere, il suo cortile assolato e sempre vuoto, il suo cancello chiuso”.
La Maraini nel 1970 ambientò in una villa barocca “L’amore coniugale”, una trasposizione sullo schermo dell’omonimo romanzo dì Alberto Moravia. E quasi venti anni dopo, un altro regista locale, Giuseppe Tornatore, conquisterà l’ambitissimo premio Oscar con un film ambientato nei paesini della provincia palermitana: “Nuovo Cinema Paradiso”.
Le chiese di Bagheria sono da visitare sia per la loro architettura che per le opere d’arte custodite. La Matrice, costruita utilizzando pietra tufacea estratta dalle vicine cave di Solanto, fu ultimata nel 1771. Al suo interno, composto da un’unica navata, sono conservate preziose opere d’arte quali un simulacro di San Giuseppe e un Crocifisso, entrambi del XVII secolo, e una statua della Madonna del XIX secolo. La chiesa del Santo Sepolcro venne realizzata nella prima metà del Settecento. Suddivisa in tre navate, custodisce alcune opere d’arte del secolo della fondazione e affreschi. Il prospetto principale si presenta in stile neogotico. Anche la chiesa delle “Anime Sante” venne edificata nel XVIII secolo. L’interno è composto a tre navate, mentre la facciata è in chiaro stile neonormanno. Al suo interno è custodita una statua lignea dell’Immacolata di pregevole fattura.
testo di Nuccio Benanti tratto dall’opuscolo turistico della Provincia di Palermo