Gran rilievo di pietà popolare assume in Sicilia l’effige del Crocifisso, paesi e città venerano il Cristo in croce sacrificatosi per la redenzione dell’uomo.

A Palermo una decina di confraternite sostentano devozione per il Cristo in Croce, questi assi che scaturiscono un profondo significato per l’intera universalità hanno una simbologia particolare che hanno eretto un culto che dall’oriente si trasmise nel VII secolo in occidente con il recupero delle reliquie della Santa Croce.

Nel quartiere dell’Albergheria al limite meridionale del territorio cittadino, gli abitanti da sempre hanno venerato una particolare immagine di un crocifisso ubicato presso la piccola chiesetta della Pinta dedicata alla Madonna dell’Annunciata o dell’Itria, volgarmente detta della Pinta, a pochi passi da quella di San Mercurio e, costruita là nel giardino limitrofo a questa ultima, nel 1670 per permettere di edificare la porta di Castro.

Per onorare tale effige fu fondata nel 1894 una confraternita con lo scopo di venerare il mistero di Cristo in croce sotto il titolo del SS. Crocifisso alla Pinta, come recitano i vecchi “ Capitoli” approvati dall’autorità ecclesiastica, inoltre fa obbligo di istruire i propri adepti alla formazione spirituale.

A tal proposito ogni anno la confraternita per assolvere ad un proponimento di devozione la terza domenica di maggio trasporta il suo simulacro per le vie del quartiere affinché possa giungere a trovare i propri fedeli.

Ancora una volta il culto della memoria resta immutato i confrati indossano, un abitino di colore rosso, come il sangue che Cristo verso sulla croce, bordato di viola segno della sua passione, al centro de pettorale risalta un medaglione con l’effige del Crocefisso, sul retro arabescato un ricamo con la croce e tre stelle.

L’idolatrata immagine, un’ammaliante scultura in cartapesta, opera assestata degli ultimi anni del XVII secolo o molto presumibilmente più vicina ai primi anni del XVIII secolo d’intagliatore siciliano ignoto che adopera per la sua realizzazione una tecnica a mistura tradizionale metodologia usata già dal XVI secolo, dove venivano utilizzati materiali poveri come: gesso, colla, ritagli di tramati impastati e modellati su appositi stampi e applicati ad una struttura di legno.

L’immagine del Cristo d’estrazione barocca risalta la scenografica consuetudine di ritrarre il volto agonizzante e appare impreciso nell’esecuzione della barba e dei capelli e, reca sul capo la corona di spine, che la devozione popolare la propone d’argento, il corpo euritmico e ignudo, ricoperto da un dovizioso panneggio che avvolge i fianchi, nel bramato tendersi dei muscoli delle braccia che si attaccano alla croce, mostra il realistico torace proteso con i segni della tribolazione.

La ferita del costato è ingemmata dalla riproduzione in argento dorato dello squarcio con pendagli che recano pietre preziose (granati) dono dei fedeli.

Il Crocifisso si innesta in una avanzata croce di legno di color nero dove alla congiungimento dei due assi, simbolicamente rappresentati da un’unione che riconducibile tra la terra e il cielo, da una raggiera d’argento che ne esalta il corpo spossato.

Prodotto di committenza popolare, certi procedimenti che l’autore esegue richiama il periodo in cui l’opera è stata realizzata che in definitiva risulta essere di discreta fattura.

L’incerta provenienza alla confraternita del simulacro, fa pensare che questa effige appartenesse alla chiesa del SS. Crocifisso dell’Albergheria e che in seno ad essa vi era una confraternita omonima fondata nel XIV secolo e successivamente soppressa.

Il Gaspare Palermo nella sua “guida del 1858” fa menzione di un’antica e assai venerata immagine del Santissimo Crocifisso da parte degli abitanti del quartiere.

Niente di strano che dopo la soppressione dell’antica confraternita, l’immagine sia stata trasferita presso la chiesa della Madonna dell’Annunciata e che in seguito nel 1894 si rifondasse questa nuova congregazione per continuare il culto del Santissimo Crocifisso che tanto esalta gli animi del quartiere Albergheria.

Questo stupendo simulacro s’innesta al di sopra di un cassone “ vara” ottocentesco che reggerà il crocifisso di color nero con filettatura in oro dove sono applicati i segni della Passione.

La solenne festività che la confraternita organizza per esaltare l’immagine del Crocifisso inizia qualche settimana prima con vari incontri e suppliche serali, l’effige viene esposta accanto all’altare maggiore affinché i fedeli possano onorarlo con devozione.

La domenica mattina il solenne pontificale e l’omaggio floreale da parte della confraternita che hanno animato la liturgia con canti devozionale, aprono i festeggiamenti che nel pomeriggio vedranno il fercolo per le vie del quartiere.

“Canto, prerogativa di questa confraternita, che comunemente pratica in tutti i momenti della liturgia domenicale dall’antifona d’ingresso alle lodi del Signore”.

Fercolo che sarà attorniato da numerosi fedeli al momento dell’uscita dal portone principale della chiesa di San Giuseppe Cafasso dove la confraternita è alloggiata dopo che la loro sede si è resa pericolante per la sua vetusta età.

Trasportato a spalla dai portatori della confraternita, che alzerà il fercolo, essi ormai si sono assottigliati, ma la volontà viene premiata dalla fedeltà dei fedeli che con slanciò emozionale supereranno qualunque difficoltà, da alcuni anni alla confraternita maschile si è aggiunta una sezione femminile.

Il cammino prosegue per le vie della borgata con le note festanti della banda musicale, l’opportunità a reso gradevole il passaggio del fercolo, scintillanti luminarie ravvivano il percosso con la molteplicità policroma delle loro luci, i balconi si sono addobbati con le coperte eccellenti della famiglia , ogni tanto il scampanellio del “superiore” fa arrestare la “vara” per una sosta, l’acclamazione della gente, unisce sempre più gli astanti.

Da parte dei confrati si eleva un grido d’incoraggiamento “Grazia ! Patruzzu Amurusu… Grazia!”, gente a piedi scalzi, torce accese, lamenti di supplica, vocio tutto intorno accompagnano la solenne processione.

Chi ha un “voto” cioè la promessa da espletare o una “grazia” ricevuta e li presente con la sua testimonianza di fede.

Espressiva è la fermata della “vara” presso gli ammalati e gli indigenti che per la loro precaria condizione possono essere rischiarati dal volto del Cristo in croce.

Il lungo percosso rituale, che per quel giorno sembra far sprofondare l’Albergheria in un’altra dimensione, concluderà il suo cammino con il rientro in chiesa.

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