Tredici giugno, all’Arenella ( a’ Rinedda), festa di Sant’Antonio di Padova salvato dalle acque, statua custodita nella parrocchia della borgata palermitana, ampliatasi attorno ad una vetusta tonnara, base principale per l’economia del luogo dove risiedevano nella zona della “leva”, diviene simbolo dei pescatori perché un Santo naufrago, con la faccia di fanciullo e senza bambinello, venne sottratto al mare cristallino, per caso, impigliato nelle maglie della rete insieme ad una copiosa quantità di pesce.

L’antica borgata, oggi, festeggia il suo Santo patrono con scintillio di luci, suoni ammalianti, bancarelle d’ogni tipo che smercia leccornie e chincaglierie attirando la curiosità della gente che “passia”, all’occasione a “leccare” un cono gelato proposto dall’antico chioschetto “don Ciccio” gestito da Giuseppe Tarantino.

Una tradizione che si ripete da diversi anni e a volte per necessità organizzative si fa slittare alla penultima domenica di giugno, ma non viene mai meno a quest’appuntamento con gli abitanti del quartiere, possessivi della loro festa, neanche quando il mare è in burrasca.

Forse, anche per il seguito della leggenda, una storia complicata che apre enigmi e una controversia annosa.

Racconta la gente del tempo andato che a recuperare la statua dai fondali non furono i pescatori dell’Arenella, ma ironia o volontà divina, volle i limitrofi, e da sempre antagonisti, “cugini” di Vergine Maria.

Furono proprio i pescatori di quest’ultima località a rendere i primi onori al Santo, con la faccia da fanciullo e, riconoscerlo come ruolo di patrono, portato in processione lungo la costa perché tutti vedessero il simulacro da loro pescato senza il bambinello perso durante il naufragio.

E proprio durante questa celebrazione religiosa, i segni tanto celesti quanto bizzarri, all’altezza dell’Arenella, il cielo si coprì, i venti iniziarono a soffiare violenti e un grosso nubifragio si abbatté sulla borgata.

La processione si sciolse, il Santo affidato, momentaneamente alla vecchia parrocchia dell’Arenella, che a suo tempo era la piccola chiesetta dei Florio, con la motivazione che sarebbero ritornati la domenica successiva a ritirare il simulacro.

Ritornati a riprendersi la statua, i fedeli pescatori pronti a partire, nel momento in cui s’immettono a sfilare in corteo, all’istante accade un altro temporale.

Nuovamente il trasferimento è rinviato, al seguente epilogo per altre due domeniche, alla terza domenica, quando si ripresentarono i fedeli di Vergine Maria, trovarono i pescatori della borgata schierati con i remi in mano a mò di lancia a difesa di Sant’Antonino e dicendo a loro di andarsene perché il Santo aveva deciso di rimanere all’Arenella.

Tra i due contendenti la gente del posto racconta che avvenne una vera battaglia a colpi di remi che duro diversi anni, da quest’episodio nasce la festa per questo Santo che ogni anno a giugno, la processione del fercolo viene imbarcata in un peschereccio e attraversa tutto lo specchio d’acqua che va dall’Arenella fino a Vergine Maria e viceversa per Acquasanta e rientra nel porticciolo.

Fino a non troppi anni addietro pare che la caratteristica della processione oltre che a svolgesi a mare, continuasse anche simbolicamente, le botte di remi tra le due contendenti contrade marinare.

Oggi sono poche le varianti ad un rito ormai centenario, ma d’aneddoti su questa statua ce ne sono tanti, come quello di un restauro, voluto negli anni 60 dal nuovo parroco della moderna chiesa, aveva pensato di riconsegnarlo ai fedeli, provvisto di bambinello, al suo nuovo mostrare ci fu il malcontento della gente che non apprezzò la nuova trasformazione.

Qualcuno nel vederlo dubita che la statua possa appartenere all’effige di Sant’Antonino  ma gli abitanti dell’Arenella hanno sempre mostrato il loro volto più accattivante.

La statua in legno di cipresso pitturata (con un colore di vernice che nei tempi si è reso scuro) si presenta con il saio dell’ordine in posizione dritta, più volte restaurata con un lavoro sommario, con il viso da semplice giovanetto, reca nel braccio sinistro un messale, dove si riscontra la scritta: Mirabilis deus insactis suis (meraviglioso Dio follia sua), forse aggiunto in tempi passati e, la mano destra protesa in avanti nell’atto di presentare un giglio simbolo della purezza anch’esso in argento.

Anticamente il simulacro era rivestito, durante la festa da un saio di colore bruno scuro ed in lui erano applicati degli ex voto d’argento a forma di pesce dono dei pescatori affinché il Santo possa intercedere per un’abbondante pesca.

Rimosso negli anni a venire il Santo viene mostrato nella sua reale entità e, adornato da una collana d’argento con grosse maglie che al centro riporta un medaglione in filigrana dove si pensa possa contenere una piccola reliquia.

Per sortilegio, oggi gli ex voto vengono appesi in una fascia che viene applicata al busto del simulacro con tanto di nastrini rossi.

Annualmente alla data ordinata la confraternita che è presente dal 13 giugno del 1936, fondata per quest’opportunità e costituita inizialmente da pescatori del quartiere (Ricciolino e i Nociari e tanti altri che non usavano il loro vero nome ma “l’inciuria”), si prende l’impegno di organizzare i solenni festeggiamenti al loro Santo patrono.

La congrega che è sorta con lo scopo di diffondere la devozione al Santo, veste l’abitino di colore bruno scuro bordato di bianco segno dell’ordine francescano portato dal Patrono.

Con il passare degli anni si è accresciuta di numero accogliendo tra le sue file anche gente d’ogni ceto sociale, ma sono solo i pescatori portano in processione il fercolo del Santo, prima con l’omaggio floreale accompagnati dalle note marcianti della banda musicale e, dopo il pontificale la processione “ a mare”, trascinato a ruote per un piccolo tratto del quartiere dove conduce al porticciolo per essere imbarcato sopra un grosso peschereccio agghindato a festa in cui prendono posto i portatori e la banda musicale, accompagnato da un folto numero di barche il peschereccio progredisce verso la tonnara di Vergine Maria dove farà una piccola sosta per gli abitanti di quella contrada, raggiunto il porticciolo dell’Acquasanta farà rientro in quello dell’Arenella.

I famigerati colpi di remi sono stati sostituiti con sfarzosi giochi d’artificio, che il passare dei tempi per questioni economici ogni tanto svaniscono.

Ripercorso la strada principale tra il tripudio della gente e dei numerosi devoti il fercolo rientrerà in parrocchia nella sua sistemazione di sempre.

Il giorno successivo nel pomeriggio un secondo favorevole simulacro con tanto di bambinello tra le braccia viene deposto in un avvenente fercolo per essere portato in processione per tutte le vie della borgata.

La festa, che si svolge tra rito e mondanità si consuma precocemente, ma non scorda di rinnovare il tradizionale momento dove tutta la comunità peschereccia organizza la sagra del pesce con una super grigliata per fedeli stanziali e di passaggio.

A sera, il fercolo rientrerà in parrocchia, deposto il simulacro e scomposte le corone di fiori donate dalla comunità dell’Arenella e dai pescatori vengono disfatte e i loro fiori benedetti devoluti ai fedeli per portarli nelle loro famiglie, dove verranno conservati gelosamente atti ad uso taumaturgo.

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