Ammettendo pure che non esistesse il Duomo normanno e non fosse Cefalù celebre borgo marinaro, basterebbe il piccolo Museo Mandralisca per attirarvi torme di visitatori.

E basterebbero soltanto due dei gioielli raccolti dal barone Enrico Piraino di Mandralisca che vi sono custoditi:
il “Ritratto d”ignoto” di Antonello da Messina e il vaso siceliota con il venditore di tonno del IV secolo a C.

All’interno del territorio di Cefalù spicca la più alta cima, il Pizzo Sant’Angelo, che con i suoi 1081 metri ci ricorda che qui, con le Madonie, vengono a concludersi le ultime propaggini dell’Appennino continentale italiano.

Tutt’attorno è un ribollire di verdi colline che finiscono la dove comincia il mare. Da queste parti non valgono aggettivi come brullo, arido, riarso, che solitamente riguardano la Sicilia. Da qui le Eolie sembrano galleggiare in un mare limpido e trasparente.

Da lontano la cittadina appare sproporzionata.

Vi sembrerà minuscola, sovrastata com’è dall’immensità del suo Duomo. Un regale ex voto del normanno re Ruggero II scampato a un fortunale che aveva scaraventato la sua nave su queste coste.

Il suo fu un dono talmente eccessivo da risultare esagerato rispetto al tessuto urbano circostante. Un dono furbo, però. Un arcivescovado a metà strada tra Palermo e Messina e pure un omaggio alla tolleranza, alla multietnia del suo regno. Basta osservare il Cristo Pantocratore, cioè Onnipotente, del catino dell’abside: i capelli sono castano-chiari come quelli dei normanni, barba e sopracciglia folte e nere come avevano gli arabi, naso dritto e labbra sottili come i bizantini. Fra le tante pregevoli opere d’arte vi segnaliamo la quattrocentesca croce lignea bifronte di Guglielmo da Pesaro, la Madonna col Bambino datata 1553 di Antonio Gagini e un prezioso altare tutto d’argento del XVIII secolo.

E chiaro che lo scrigno da non perdere resta il Museo Mandralisca che comprende, oltre al vaso greco e alla tavola di Antonello già citati, una preziosa raccolta malacologica ricca di oltre ventimila conchiglie, e una raccolta numismatica. Ambedue sono state definite di enorme interesse scientifico. Cefalù vive da secoli con quell’ ingombrante Duomo dove tutti si recano a messa la domenica. In quello spazio ci stanno proprio tutti.

Eppure, stranamente, si contano tante altre chiese ricche anche loro di opere d’arte.

Il borgo che ha posseduto una delle più fiorenti marinerie siciliane del XIX secolo, intimamente legato al mare cui fanno riferimento le leggende e le tradizioni, deve il suo nome alla curiosa forma della Rocca, la collina che la sovrasta. Una sorta di grande testa da cui i greci trassero la denominazione di Kefaloidion che i Romani trasformano in Cephaledium e che diventa poi Cefaledi e, quindi, Cefalù.

I suoi natali leggendari, in ogni caso, sono sicani o fenici. Le più antiche testimonianze sono state messe in luce proprio sul promontorio che dà il nome alla città dove, accanto ad un tempio megalitico conosciuto come “tempio di Diana”, databile intorno alla fine del V secolo a.C., è stata ritrovata una cisterna risalente addirittura al IX secolo a.C. .
Sempre in questa area, altre testimonianze come i resti di mura merlate, cisterne e forni, sono riferibili al periodo bizantino. Le prime notizie storiche accertate rimandano al 396 a.C. Divenne musulmana nell°anno 858 e poi finalmente normanna, dopo la conquista del conte Ruggero, nel 1064. Ricordano il suo medioevo l’Osterio Magno e il Palazzo Maria. Il bellissimo Lavatoio, detto “Medievale”, foce del fiume Cefalino, è luogo di ricercate frescure estive… assai intrigante.

Infatti vi si spedivano sfiorite zitelle a lavare panni per attirare gli sguardi e, magari l’interesse matrimoniale, di compiaciuti pescatori in cerca di anime gemelle. I felici abitanti di questo pezzo di Sicilia si chiamano Cefaludesi. Ai forestieri sono abituati da sempre.

Eppure sono capaci di farvi sentire come se foste voi i primi ad arrivare, i privilegiati a godere della loro tavola, della loro amicizia. Basta passeggiare per le stradine del centro storico curiosando, magari con un gelato in mano, fra boutiques, ateliers, negozietti di artigiani o fermandosi a mangiare in una delle tante trattorie e pizzerie.

In pochi minuti d’auto si possono raggiungere le frescure di Gratteri, Collesano, Castelbuono, Isnello, Geraci, Petralia, Caccamo… Nomi che evocano pezzi di storia di Sicilia fatta di castelli, principi a cavallo e belle castellane infelici. Nel retroterra c’è il famoso Santuario della Madonna di Gibilmanna, già bello nel nome arabo: Gebel Mannah cioè il Monte della Grazia. E questo uno dei principali luoghi del culto mariano in Sicilia con una suggestiva visione delle Madonie e delle Eolie che sfumano in lontananza. Un modo per sentirsi più vicini al Cielo.

Gli abitanti vivono di turismo, naturalmente, e l’Estate Cefaludese con manifestazioni di arte, folklore e sport, offre piacevoli occasioni di incontri indimenticabili.

Da non mancare le tradizionali feste locali come la sagra del pesce azzurro a settembre, un vero inno al pesce dimenticato; la festa del Santissimo Salvatore fra il 2 e il 6 di agosto, e quella della Madonna di Gibilmanna la prima domenica di settembre.

Qui c’è il piacere intenso della scoperta. Che potrà essere di cose che attengono ai piaceri dell’anima o della gola. A voi la scelta.

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