Partinico sorge alle falde del colle Cesarò, in una vasta zona pianeggiante, dove la viticoltura rappresenta il settore economico portante.
Il suo sviluppo é stato enormemente favorito, negli ultimi anni, dalla diga Jato, un invaso artificiale voluto fortemente dai contadini della zona, che per esso hanno condotto epiche battaglie non violente sotto la guida del compianto Danilo Dolci, il sociologo triestino, definito il “Gandhi italiano”. Agricoltura e commercio sono le attività trainanti di questa comunità, che vuole sfruttare al meglio la sua vicinanza all’autostrada Palermo-Trapani-Mazzara d Vallo e quindi all’aeroporto “Falcone e Borsellino”, e sinergia con i comuni del circondario (San Giuseppe Jato e San Cipirello da un lato, e quelli del Golfo di Castellammare dall’altro).
Partinico, però, é anche una cittadina che ha storia e cultura.
Già Edrisi, geografo di Ruggero II, la descriveva una “graziosa terra, piacevole, piana, di bell’aspetto e proprio ridente, circondala da fertili poderi nei quali si lavora gran copia di cotono, hinnah, edallre specie di piante, qatani”.
Di Partinico si é occupato anche Al Muqaddasi, che ne parla nelle sue opere databili intorno al 988. Ciò dimostra che già a quella data il paese esisteva e non é sorto, quindi, nel 1307, come una certa tradizione vorrebbe lasciar credere. Le terre di Partinico sarebbero appartenute ai Templari, ma – nel 1307 – Federico d’Aragona le cedette al Monastero di Santa Maria di Altofonte. Ma non mancano documenti che addirittura provano l’esistenza di un agglomerato umano fin dai primi secoli della dominazione romana.
Nell’itinerario di Antonino Pio il nome di Partinico viene scritto come “Parthenicum”, un aggettivo chiaramente derivante da “Parthenos”, per cui è credibile che il luogo fosse considerato come un luogo di sosta dei viandanti, dedicato a Minerva. Risulta poi che Partinico, durante il regno di Guglielmo II, sia stata distrutta durante i disordini civili dell’epoca, tanto che nel XV secolo compare il nome di “Sala di Partinico”, lasciando intendere che il luogo si era ridotto ad una sorta di Casale. Nel 1584, il regio Visitatore Francesco Pozzo, che aveva ricevuto apposito mandato, dichiarava la Chiesa Madre di Partinico, dedicata a Maria SS. dell’Annunziata, di “regio Patronato”, annettendola alla Comanda della Magione, così Partinico entrava a far parte del demanio regio. Successivamente, in base al privilegio di Re Ferdinando III di Borbone, avveniva l’annessione alla Comanda Costantiniana di “qualunque chiesa di Regio Patronato e di tutti i territori dipendenti”, e Partinico cessava, quindi, di essere il quinto mandamento di Palermo e si avviava a diventare comune autonomo, come accadeva effettivamente nel 1800.
Lo sviluppo urbanistico degli ultimi cinquanta anni ha lasciato poche tracce della città preesistente, anche se resta interessante una visita accurata del centro urbano dove si possono ammirare chiese, conventi e palazzi a un certo pregio artistico-monumentale.
A cominciare dalla chiesa di San Giuseppe, all’interno della quale si conservano tele secentesche che raffigurano scene di vita del santo. In piazza Duomo si trova la Matrice, dedicata a Maria SS. dell’Annunziata (1639-1646), che presenta un’architettura manieristica, con un campanile del 1700. Bella la barocca fonte ad otto bocche, costruita alla fine del XVIII secolo, che si trova nella piazza principale della città. Partinico ha anche un museo civico, diviso nella sezione archeologica, nella sezione etno-antropologica e nella pinacoteca, dove sono esposte opere di artisti contemporanei. Simile per stile ed architettura a quelli del Foro italico e di Piazza Politeama, a Palermo, é il palchetto della musica di piazza Garibaldi. Da visitare, infine, i conventi seicenteschi dei Cappuccini e dei Carmelitani.
A novembre la festa patronale di San Leonardo mentre ad agosto in festa della Madonna del Ponte, nell’omonima contrada al confine con il comune di Balestrate
testo di Dino Paternostro tratto dall’opuscolo turistico della Provincia di Palermo