La bellissima Chiesa di S. Agostino a Palermo dove si svolge il rito delle Rose dedicato a Santa Rita. Ogni giorno, numerosi devoti affluiscono nella chiesa che il popolo ha ribattezzato “di Santa Rita”.
In particolare, vi si affollano per tutti i giovedì dell’anno, abbigliati per dedizione con l’abitino nero e bianco, stretto dalla cintura agostiniana.
E ancora oggi la venerazione espressa all’interno della trecentesca chiesa e convento di S. Agostino, nel quartiere Capo, esprime il culto per una Santa che il popolino palermitano venera per i suoi interventi nei casi più disperati, e perciò ha definita la “Santa degli impossibili”.
Rita, singolare portatrice del miracolo e persona eccezionalmente forte nello spirito, nacque a Roccaporena, nella provincia Umbra, nel 1381. I suoi genitori le imposero il nome di un fiore: Margherita, e da qui il diminutivo, Rita.
Particolare e incessante il pellegrinaggio che i devoti compiono il 22 maggio, giorno in cui ricorre la festa della Santa, in concomitanza della sua morte, avvenuta il 22 maggio 1457.
Con epistola papale di Leone XIII del 24 maggio del 1900, Essa assunse agli onori degli altari, e venne presentata come la “Gemma dell’Umbria”.
La celebrazione raggiunge l’apice con la commovente benedizione delle rose, poi gelosamente conservate nelle case dei fedeli, affinché possano proteggere la famiglia da ogni male.
La rosa fu scelta come rappresentazione della santificazione, dalla stessa santa. Racconta la leggenda che, costretta a letto da quasi quattro anni, Rita fu visitata da una sua cara parente la quale, nel congedarsi, le domandò se desiderasse qualcosa da casa sua.
Rita rispose che desiderava una rosa dal suo orticello di Roccaporena, desiderio quasi impossibile da esaudire, stante il fatto che si era nel rigido mese di gennaio. La parente trovò invece con sua sorpresa una bella rosa fiorita e fresca in mezzo al rosaio dell’orto di Roccaporena.
Si premurò allora di portarla alla Santa che, dopo averla odorata, ringraziò il Crocifisso e ne fece dono alle sue consorelle, stupite di tanta gentilezza, per ringraziarle di tante premure durante la sua malattia. Da quel dì al maggio susseguente il tempo fu breve. Essa sarebbe volata al cielo per divenire un petalo della “candida rosa”.
Il culto per la Santa, a Palermo si diffuse nel 1922, anno in cui si organizzò la prima festa in suo onore per volere dell’allora provinciale agostiniano padre Campione, e con l’ausilio del terz’ordine agostiniano ricostituitosi nei primi mesi del 1921. Quest’ultimo ordine agostiniano, da allora in poi e fino a oggi, fra le tante attività si dedica al culto della Santa agostiniana Rita, eletta patrona del terz’ordine agostiniano palermitano, occupandosi annualmente della sua festività.
L’ordine laico i cui componenti sono chiamati “terziari” segue la regola del Santo padre Agostino, e si attaglia con lo “scapolare” di colore nero che reca al centro un medaglione d’argento in cui è impresso lo stemma agostiniano: un cuore trafitto da una freccia, che rappresenta l’amore a Dio da parte di S.Agostino, il bastone episcopale e il libro che simboleggia la sapienza di S.Agostino. Il cappuccio e la cintura agostiniana, voluti dalla Vergine Maria e suggeriti a Santa Monica, completano l’abitino del terziario.
Dal 1960 oltre al terzo ordine maschile si è costituito l’ordine femminile che con vera abnegazione e spirito di carità cristiana ha saputo negli anni seguire l’esempio agostiniano.
La domenica successiva al 22 maggio, si snoda una solenne processione durante la quale viene condotto per le strade del quartiere il fercolo con il simulacro della Santa.
Una moltitudine popolare accompagna il simulacro, oltre ai terziari che, rincuorati dal loro Priore, trascinano la “vara”. Si accodano i devoti per manifestare la loro devozione, vestiti con il tradizionale “abito di S.Rita”, a piedi scalzi e con grossi ceri, segno di ringraziamento per grazia ricevuta.
La devozione di portare l’abito simbolo della fede dell’agostiniana Rita la vollero proprio i religiosi, che introdussero la pia pratica dei quindici giovedì di Santa Rita, che consiste nel celebrare i quindici giovedì che precedono la festa della Santa con particolari pratiche di pietà, meditazione sulla vita o a qualche sua virtù e si conclude con l’accostamento ai santi sacramenti.
Commemorazione che ricorda i quindici anni durante i quali S.Rita portò sulla fronte la dolorosa ferita arrecatale dalla spina, dono singolare del Crocifisso, sposo diletto della sua anima.
Ma il popolino, non curante delle disposizioni dei religiosi agostiniani, ha voluto santificare tutti i giovedì dell’anno al culto di S. Rita.
Durante la processione è consuetudine che il fercolo con l’immagine sacra sia condotto all’interno della caserma dei vigili del fuoco, ove il suo ingresso è accolto con il suono delle sirene dei mezzi presenti: La sua presenza porta coraggio all’immane e sacrificale lavoro che i vigili del fuoco affrontano ogni giorno.
La statua, che staziona sull’altare maggiore, fu commissionata ad una ditta romana nel 1922, e fu eseguita in gesso in posizione eretta nell’identica altezza della Santa in vita, con l’abito talare bianco e nero, con gli occhi fissi su di un piccolo Crocifisso che tiene tra le mani in atto di porgere il suo divino ideale.
A pagare l’opera contribuirono gli abitanti del quartiere, attraverso la questua da parte di fra’ Nicola Gambino, il quale domandava un’offerta per l’arrivo di una sua sorella.
All’arrivo, il simulacro fu posto in uno degli altari della cappella dedicata a Santa Monica, e ivi rimase fino al 1970, quando tale divenne la diffusione del culto e l’afflusso di fedeli, che si preferì installarla sull’altare maggiore.
A conclusione dei festeggiamenti annuali, religiosi e devoti si danno appuntamento per tutti i giovedì fino al giorno della successiva festa, il 22 maggio dell’anno successivo, che nella chiesa agostiniana è considerato una seconda Pasqua.