La Cattedrale Normanna, Patrimonio dell’Umanità dichiarata dall’Unesco in Luglio 2015

Alla sontuosa cattedrale normanna, che attira ogni anno un milione di visitatori, si deve la grande fama della città di Monreale.

Imponente con i suoi cento metri di lunghezza, magnifico con le splendide absidi decorate ad archi ciechi, il Duomo di Monreale rivela la sua sontuosità all’interno.

Superato lo splendido portone di Bonanno Pisano – o la porta, non meno bella, realizzata da Barisano da Trani – si resta senza fiato davanti alle pareti rivestite di stupendi mosaici, definiti un miracolo di oreficeria, estesi per seimila e trecento metri quadrati. Mosaici policromi e d’oro zecchino, raffiguranti la Bibbia, la Creazione, i Profeti e la venuta di Gesù, la Crocifissione e la Resurrezione. La prospettiva culmina nel Coro con la grandiosa figura del Cristo Pantocratore, “dai dolci occhi a mandorla, che sembra abbracciare il tempo”, alto ben dodici metri, visibile da ogni parte.

Un capolavoro insuperato anche per la potente forza comunicativa “un inno al trascendente”. Il tetto, anch’esso mirabile, a forma di carena di nave, è costituito da enormi tronchi scolpiti con fregi d’oro.

L’icona di Maria, su cui è scritto in greco “tutta Immacolata” è ospitata nella parte centrale dell’abside maggiore.

Il lato destro ospita i mausolei con le spoglie di Guglielmo II il Buono e di Guglielmo I il Malo, due re dal carattere diverso la cui indole si riflette perfino nei loro sarcofagi: di marmo bianco, istoriato, il primo, di rigorosa e spoglia pietra scura di porfido il secondo.

Nella cripta infine si custodisce anche il tesoro di Guglielmo II, di cui fa parte una spina della corona di Cristo, conservata in un reliquiario d’oro e d’argento.

La visita continua nel chiostro, dalla pianta quadrata sottolineata dall’elegante colonnato composto da centoquattordici coppie di colonnine.

La varietà dei soggetti raffigurati nelle colonnine ne fanno un luogo di riflessione e di preghiera, il cui delizioso silenzio, come scrive Guy de Maupassant, suggerisce “un tale stato di grazia che ci si vorrebbe rimanere all’infinito”. La serie di scale, a chiocciola, scoperte, ripide, alternate da attraversamenti e ballatoi, costituisce le terrazze, altra attrazione del duomo, che salendo sempre più in alto, accompagnano il visitatore su per una serie di panorami e scorci da scoprire, tra cui la vista mozzafiato sulla Conca d’Oro.

Attiguo al duomo è il complesso monumentale, un tempo sede del Convitto dei Benedettini.

Recentemente oggetto di un restauro, il sito, caratterizzato da splendide sale luminose, è stato destinato, tra l’altro, a sede della Galleria Civica d’Arte moderna, intitolata al suo primo curatore e direttore, Giuseppe Sciortino. Notevole lo scalone interno, di fattura barocca, realizzato in marmo di Carrara e di Billiemi. I restauri hanno portato alla luce numerose scoperte, tra cui locali sotterranei ed una splendida pavimentazione.

Del complesso monumentale fa parte anche l’Archivio storico, mentre, attraversato il grande atrio, si accede all’elegante belvedere, un tempo coltivato dai monaci a ortaggi e piante officinali, oggi fitto di ficus centenari e dominato da una grande magnolia. Di fronte al duomo si trova l’accesso alle grotte. Si tratta di cavità naturali che attraversano il sottosuolo del centro storico. Ricche di stalattiti, le grotte passano vicino alle falde freatiche e visitandole si sente il sommesso gorgoglio dell’acqua sotterranea: la località di Monreale abbonda di polle e sorgenti, alcune delle quali convogliate nelle belle fontane, opera del Torres. Le grotte possono essere visitate, appena terminati gli interventi manutentori.

Il settecentesco Palazzo di Città, sul lato sinistro della piazza, custodisce alcuni dipinti di pregevole scuola, oltre a una tela di Antonio Pietro Novelli, padre del più famoso Pietro.

Tra gli altri l’Anapo di Siracusa di Antonio Leto, pittore monrealese dell’Ottocento, che si trova nella Sala Rossa, destinata al sindaco. Qui è custodito anche un gruppo scultoreo in terracotta del Gagini raffigurante la Sacra Famiglia. Di gran pregio i ritratti di Benedetto d’Acquisto e di Pietro Novelli, nonché un dipinto del fiammingo Matthias Stomer, raffigurante “L’adorazione dei pastori”.

L’antico quartiere del Carmine, posto a ridosso del duomo, sul versante sud orientale, conserva ancora lo spirito delle origini, malgrado i segni del nostro tempo. Caratteristici sono i chiassi, (da chiazza, cioè piazza) spazi comuni nei quali al termine della giornata di lavoro i contadini e le loro famiglie sedevano ad ascoltare i benedettini che facevano opera di evangelizzazione e catechesi.

Un altro quartiere storico, a monte, al di là del corso principale della cittadina, è la Bavera, detta così perché abitato dagli esattori del fisco, all’epoca detti bavaresi. Una passeggiata alla Bavera riserva delle sorprese. Le stradine linde, qui e là traboccanti di piante e fiori, si aprono a scorci assai gradevoli e talvolta panoramici. E ci si può rifocillare con il pane fresco o i biscotti sfornati dai forni a legna.

In pochi passi si arriva alla Chiesa della Collegiata, fondata nel Seicento, che ospita il Crocifisso con il Patruzzu amurusu, che miracolò i cittadini dalla peste. La leggenda vuole che le rose dopo essere state “passate” sul crocifisso diventino taumaturgiche. Il tre maggio, data in cui avvenne il primo miracolo, cioè la scomparsa dell’epidemia, si svolge la processione con la vara del crocifisso trasportata a spalla dai confratelli.

Nell’antica chiesetta di San Vito, molto amata dai monrealesi trovarono sepoltura due illustri cittadini, Antonio Veneziano e Pietro Novelli.

Sulla piccola piazza Vaglica si affaccia il Collegio di Maria, con l’armonioso prospetto ceramico a due ordini di finestre. Al Collegio è annessa la chiesa della Santissima Trinità, dall’insolita pianta ottagonale e con un bell’altare maggiore rococò. La chiesa vanta opere del Seicento e un tesoro di paramenti sacri, intessuti da fili d’oro e d’argento.

Al santo patrono di Monreale, San Castrense, è dedicata una chiesa, originariamente annessa a un convento di monache di clausura, sita nella piazza omonima, decorata con statue e stucchi di scuola serpottiana. Le decorazioni, purtroppo, sono state nel tempo ridotte e manomesse a causa di restauri maldestri.

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