L’antico
sito si Camarina sorse sulla foce del fiume Ippari, nei pressi del
centro moderno di santa Croce Camerina, il cui nome richiama
ancora quello della colonia greca, in provincia di Ragusa, sulla
costa meridionale della Sicilia.
La
colonia greca fu fondata da Siracusa nel 589 a.C. e nacque, come
le fondazioni di Akrai e Kasmenai, col preciso compito di
contenere la spinta di Gela contro gli interessi commerciali della
madrepatria. Ma nel 553 a.C. furono gli stessi siracusani a
distruggere la città, non approvando il desiderio di autonomia
dei camarinesi. Da quel momento subì distruzioni e successive
ricostruzioni, fino al 258 a.C. quando i romani la rasero
definitivamente al suolo.
La
zona in cui fu fondata la colonia greca era già abitata, tra il
1800 e il 1400 a.C., infatti sono attestate testimonianze della
cultura di Castelluccio e dello stile di Diana.
Uno
dei primi a interessarsi al sito fu Paolo Orsi, a inizio secolo,
altri scavi cominciarono nel 1958 e misero in luce l’impianto
urbano e la necropoli.
La
città antica fu fondata sulle tre colline di Eracle, di Cassa
Lauretta e di Cammarana (anche in questo caso il toponimo moderno
richiama quello antico), è circondata da una cinta muraria, lunga
7 Km, che fu costruita prima del 553 a.C. e di cui ci restano
alcuni tratti e due torri quadrangolari.
Essa
è costruita con una tecnica a pietrame intonacato, ha uno
spessore di 2 metri e mezzo, e sono state individuate tre porte e
alcune postierle nella cinta.
Le
strade mostravano il classico tracciato ortogonale a plateiai
e stenopoi che
descrivono isolati di ugual misura.
L’unica
zona sacra all’interno della città finora conosciuta è quella
del tempio di Atena, in
cui si può vedere un grande megaron risalente al V secolo a.C., un edificio di notevoli
dimensioni, i cui resti sono ancora visibili nell’area della
fattoria ottocentesca in cui è sistemato il Museo Regionale, era
senza peristasi, con pronao in
antis, cella e adyton. Il
tempio doveva avere un doppio colonnato interno. Tutta l’area
sacra era racchiusa entro un recinto, il temenos,
di cui sono state trovate tracce delle mura. Nel tempio sono
venute alla luce, durante recenti lavori di scavo, ben 167
tessere, note come pinakes,
che probabilmente costituivano un insieme di certificati
d’identità a strisce di piombo arrotolate, che probabilmente
facevano parte di un archivio di grande importanza.
Dell’abitato
si è, come si è detto sopra, ricostruito il tracciato ortogonale
e alcune abitazioni sono state scavate.
La
cosiddetta Casa
dell’Altare mostra una caratteristica delle case di Camarina,
che a questa dà il nome: la presenza di un altare per il culto
domestico nel cortile delle abitazioni (IV – III sec. a.C.); la Casa
dell’Iscrizione, che deve il nome a un’iscrizione in
piombo su cui è registrato un atto di compravendita della casa
stessa; la Casa del
Mercante da cui provengono pesi e uno strumento di misura in
bronzo.
E’
da ricordare, inoltre, la presenza di un quartiere di vasai, in
attività fino alla fine del IV sec. a.C., che testimonia
l’intensa attività artigianale dei Camarinesi.
Tre
le necropoli cittadine vanno menzionate quella di Rifriscolaro,
con sepolture databili tra il VI e il III sec. a.C.; quella di
Scoglitti utilizzata tra il VI e il V sec. a.C.; e quella di Passo
Marinaro e Cozzo Campisi.
Nell’Antiquarium
locale sono conservati i reperti provenienti dagli scavi, tra cui
spiccano le tante anfore recuperate nelle necropoli e provenienti
da tutto il Mediterraneo, testimoni dell’importanza commerciale
che il sito ebbe nell’antichità.