Il sito di Monte Adranone si trova a nord
dell’abitato di Sambuca di Sicilia ed occupa un monte (ca. 1.000
s.l.m.) che domina un’importante strada antica, nella valle del
fiume Belice.
Il centro che vi ebbe vita si presenta
molto interessante in quanto posto sulla via di penetrazione selinuntina e al tempo stesso lungo la fascia di contatto fra l’area
sicana e quella elimo-punica; si trovò quindi, per la posizione
geografica, a subire le influenze di diverse culture. Controversa è
la questione dell’identificazione del sito antico che ebbe sede sul
monte Adranone.
E. De Miro ritiene che tale sito si debba
identificare con l’Adranon menzionata da Diodoro in relazione alla
prima guerra punica e conquistata dai romani nel 263 a.C. Il nome è
naturalmente da collegare all’omonima divinità sicula venerata in
più luoghi della Sicilia.
Secondo De Miro è verosimile che il centro sia stato
spostato in età ellenistico-romana in c/da Serrone, a ca. 2 km. di
distanza. In passato, tuttavia, Cluverius (1619) riteneva che
Adranon diodorea dovesse trovarsi ad Ad ragna; Spata a Driagnu,
presso Palazzo Adriano; Di Giovanni (1869) a Pozzo Morione.
L’ipotesi di De Miro è oggi generalmente accolta, ma contro di essa
si è pronunciato Giustolisi (1985) per il quale a Monte Adranone
andrebbe collocata l’antica Nakone, mentre Adranon dovrebbe essere
situata a Castellaccio di Sagana (Montelepre) lungo la via Macella
(Monte d’Oro di Montelepre) – Adranon (Castellaccio di Sagana) –
Paropo (Monte Porcara, presso Bagheria).
L’antica città sorgeva su un terrazzo di
forma grosso modo triangolare culminante a NE nella rocca
dell’acropoli, protetta alle spalle dal costone roccioso e
degradante in terrazzamenti verso SO.
Nel 1885 venne casualmente scoperta la c.
d. Tomba della Regina con il relativo corredo. Si tratta di una
tomba a camera ipogeica di VI-V sec. a.C., fra le più interessanti
della Sicilia.
Vere e proprie esplorazioni archeologiche
sul sito furono avviate dalla Soprintendenza di Agrigento a partire
dal 1967-1968, condotte da E. De Miro e G. Fiorentini. Tali scavi
sono continuati in campagne annuali sistematiche e hanno portato in
luce la necropoli, la massiccia cinta muraria di fortificazione e
vasti settori della città e dell’area extra-urbana.
Sulle pendici S del monte, ai margini
dell’area della necropoli, ha sede un piccolo antiquarium
dove è conservata una raccolta di materiali d’uso e votico degli
scavi; vi sono custoditi anche notevoli pezzi architettonici ed un
sarcofago fittile con coperchio a doppio spiovente, realizzato con
pezzi ad incastro, proveniente dalla necropoli greca. Gran parte del
materiale venuto in luce a Monte Adranone è conservato presso il
Museo Archeologico Regionale di Agrigento.
Sulle pendici S del monte si estende
l’area della necropoli nella quale si distinguono diversi
tipi di sepolture riferibili a diverse fasi cronologiche: tombe a
camera ipogeica (VI_V sec. a.C.) fra cui la c.d. Tomba della
Regina; tombe a cassa con pareti di blocchetti di marna (IV sec.
a.C.); sepolture terragne (IV-III sec. a.C.) per lo più sovrapposte
a quelle più antiche. Lungo il margine S i rinvenimenti di ceramica
a stralucido rosso del tipo Pantalica Nord permettono di ipotizzare
l’esistenza di un villaggio del tardo Bronzo che continuò a vivere
durante la prima età del Ferro, comeaatestato dalla grande quantità
di ceramica indigena incisa ed impressa e di quella dipinta
rinvenuta e i resti di capanne semicircolari con vestibolo, visibili
in quest’area e immediatamente oltre la cinta muraria.
Nella seconda metà del VI sec. a.C.al
villaggio capannicolo si sovrappone un centro greco fortificato
fondato, assai verosimilmente, da Selinunte. E’ con questo centro
greco che si dovrebbe identificare l’Adranon diodorea. La città subì
una pesante distruzione verso la fine del V sec. a.C., forse in
connessione alla caduta di Selinunte.
Nel IV sec. a.C. il centro fu
riedificato, caratterizzato da una notevole impronta punica,
probabilmente in conseguenza del rafforzarsi del predominio
cartaginese in tutta la Sicilia dalla caduta di Selinunte alla morte
di Dionisio I. Questa influenza punica perdura dal IV al III sec.
a.C.
Nelle mura di fortificazione, che
si snodano per una lunghezza complessiva di ca. 5 km., si possono
distinguere tre fasi edilizie: la prima di VI-V sec. a.C.; la
seconda di IV sec. a.C. e l’ultima di III sec. a.C. Tali mura sono
spesse da m. 2 a m.2,80 ed in alcuni punti si conservano sino a 6 m.
di altezza.
Attraverso la monumentale Porta S
fiancheggiata da torrette si accede ad un complesso extra-urbano,
già parzialmente saggiato. L’area era precedentemente occupata dalle
capanne a pianta semicircolare del villaggio protostorico; nel V
sec. a.C. si sovrappose un quartiere abitativo extra-urbano
che si accrebbe nei primi anni del IV sec. a.C. con la costruzione
di un sacello e di una serie di vani di servizio ad esso pertinenti.
Verso la metà del IV sec. a.C. in tale area, sovrapposta ai resti
dell’abitato, ma rispettando l’area occupata dal santuario, venne
costruita la c. d. Fattoria, una notevole struttura a pianta
rettangolare (m. 57,50 x 38,50) con cortile interno, intorno al
quale si dispongono ca. 30 ambienti principali, molti dei quali
ulteriormente suddivisi all’interno; in questa struttura è da vedere
probabilmente una caserma destinata ad ospitare una
guarnigione punica.
Il santuario punico è costituito
da un temenos, un recinto sacro, di forma grosso modo
trapezoidale, il cui ingresso S introduce in un’area lastricata che
mostra al centro il sacello in conci di marna e tufo arenario, a
pianta rettangolare ed ingresso sul lato S. Una parete trasversale
suddivide in due vani l’interno del sacello delimitando un piccolo adyton. All’interno si trovano una piattaforma circolare, un
altare rotondo posto al centro dell’ambiente ed una panchina in
pietrame a secco che corre lungo tutte le pareti. Un’analoga
panchina si trova all’esterno del sacello nella parete frontale.
Esternamente vi è anche un bothros di forma quadrangolare con
un foro che lo rende comunicante con l’interno del sacello. Davanti
alla parete frontale vi è un ulteriore altare quadrangolare di
pietra.
Fra l’abbondantissimo materiale vascolare
e le terrecotte votive venute in luce in quest’area spiccano una
notevole testa di Demetra con polos in pietra tenera di
produzione locale, ma che mescola elementi greci e
punico-ellenistici, nonché busti di divinità con volto di Persefone.
Verosimilmente il santuario dovette essere dedicato al duplice culto
di Demetra e Persefone.
Risalendo il monte, attraverso la turrita
e monumentale Porta N, si accede ad un terrazzo pianeggiante
posto ai piedi dell’acropoli, dove, in posizione topograficamente
significativa nella città antica, è collocato un complesso
monumentale sacro.
L’area è caratterizzata da un edificio
principale, un santuario definito punico, a pianta rettangolare, di
ca. m. 21 x 8, orientato con gli angoli da NE a SO. Tale edificio è
formato da due vani, uno dei quali è caratterizzato dalla presenza
di tre vaschette in pietra arenaria addossate alla parete NE, mentre
altre vaschette potrebbero trovarsi sotto il crollo del muro
divisorio fra i due ambienti. Il secondo vano è, invece, un
temenos, un recinto sacro senza copertura, la cui destinazione
cultuale è testimoniata dalla presenza di due betili a
piastrino, su base quadrangolare in arenaria, addossati alla parete
di fondo, davanti ad uno dei quali è un’area rettangolare in pietra
parzialmente combusta. Al momento dello scavo il pavimento di questo
edificio si presentava coperto da uno strato piuttosto spesso d’uso,
con bruciato e resti di animali, in particolare astragali. Da questo
strato provengono più di 200 monete, per lo più dei tipi
siculo-punici.
Nel banco marnoso, alle spalle dell’edificio vi è una
grandiosa cisterna rettangolare fornita di due vaschette
circolari di decantazione, usata sia per i riti del santuario che
come riserva idrica dell’abitato.
Nei pressi delle mura, verso SE, sono visibili, i
resti di un’ulteriore struttura rettangolare e bipartita,
forse un’edicola gemina o un torrione.
Da questo terrazzo è possibile accedere ad un
ulteriore terrazzamento, anch’esso posto ai piedi dell’acropoli,
dove si trova un grande edificio a pianta rettangolare, orientato
NE-SO, sovrapposto a più antiche strutture. L’edificio (m. 18,20 x
10,50 ca.) è preceduto da un portico colonnato di ca. m. 3 di
profondità, del quale permangono due basi di colonne inglobate nel
posteriore muro di tamponatura dell’intercolumnio. Nei pressi di
questo edificio si trova un monumento a pianta circolare, definito tholos, costruito precedentemente all’edificio e circoscritto
da muretti. L’ubicazione di questo edificio vicino alla tholos,
le sue connotazioni architettoniche, nonché il materiale votivo
venuto in luce negli ambienti dove si trovano delle basi circolari,
indicano che questa struttura dovesse avere un uso pubblico; il
ritrovamento di cereali sui pavimenti degli ambienti a NE potrebbe
avvalorare questa ipotesi secondo l’uso greco di conservare derrate
alimentari in luoghi pubblici, o indurre a pensare ad un riutilizzo
posteriore dell’edificio, come magazzino o deposito, durante
l’ultima fase di vita della città.
Dal piazzale nel quale è posta la
tholos si imbocca la via che conduce all’acropoli. Lungo tutta
la strada sono visibili i resti di quelle che furono abitazioni
private e costruzioni di uso pubblico, fra le quali spiccano una
grande cisterna cilindrica, un edificio con colonnato
da cui proviene materiale pertinente al culto, ed un sacello
preceduto da un porticato, con resti di un altare circolare
nella cella.
Nell’ultimo tratto di strada è possibile
individuare un imponente complesso a pianta quadrata
suddiviso in più ambienti che si aprono su di un angusto cortile
centrale in mezzo al quale scorre una cabaletta di scarico. Tale
edificio, che doveva avere un ulteriore piano, ingloba i resti di
strutture più antiche ed è caratterizzato dalla presenza di botteghe
e magazzini.
Attraversando una porta fiancheggiata da
torrette si giunge al “luogo alto” sulla cui area culminale ha sede
il grandioso tempio punico.
Si tratta di un edificio a pianta
rettangolare, orientato con gli angoli in senso E-O; esso è
composto, nella pianta originale, da tre vani successivi, non
comunicanti tra loro. L’accesso è a S, con tre soglie che
immettevano nei tre vani, dei quali il principale era quello
mediano. Questo vano centrale era un recinto a cielo aperto, che
tuttora presenta tracce di appoggio di piastrini rituali o conici.
Intorno al recinto vi erano gli altri ambienti coperti: a NO un vano
bipartito, a SE l’altro, a cella unica caratterizzato da particolari
elementi architettonici, crollati in situ, greci e punici.
Sembra ritenersi in relazione a questa
fase originaria del tempio una grande cisterna a vasca
rettangolare, realizzata in conci di arenaria, intonacata
esternamente, presumibilmente con copertura retta da due piastrini
ancora visibili sul fondo, posta a ca. m. 8 dall’edificio.
Successivamente, probabilmente sempre
durante il IV sec. a.C., la pianta originaria venne modificata ed
ampliata, verosimilmente in relazione a più complesse esigenze
rituali collegate forse, secondo la Fiorentini, al culto della
divina coppia di Baal-Ammon e Tanit, predominante a Cartagine dal V
sec. a.C.
La struttura sacra fu, quindi, ampliata
con l’annessione a NO di un ulteriore ambiente bipartito; con un
lungo porticato su tutta la lunghezza del lato SO, con ante a “L” e
fila di colonne lignee, delle quali si conservano in situ
solo cinque basi in lastre di arenaria; con una piattaforma
sopraelevata, probabilmente una sorta di altare appoggiato
all’estremo del lato SE.
In connessione con le funzioni rituali
dell’edificio venne realizzato un complesso sistema di cabalette
atte a convogliare nella grande cisterna le acque piovane. Altri
piccoli vani quadrangolari furono costruiti fra il tempio, la grande
cisterna e le mura di fortificazione.
La grande cisterna, durante la prima guerra punica,
venne riempita e riutilizzata come trincea difensiva nella
resistenza ai Romani; infatti, sui piani di calpestio sono venuti in
luce proiettili litici per catapulte e punte di freccia.
La distruzione definitiva e l’abbandono
del sito è da porre intorno alla metà del III sec. a.C. proprio in
relazione alla prima guerra punica.