upovopasquaLa Pasqua cristiana da quando nel 1582 fu riformato il calendario gregoriano, cade sempre di Domenica, ed essendo primavera è facile capire come l’uovo divenga il simbolo della natura che schiude la nuova vita.

Un’attendibile spiegazione sull’uso di regalare le uova armonizza questo gesto pagano con il Cristianesimo.

In quaresima i nostri nonni vietavano non solo le carni, costituite per lo più da galline, ma il divieto stranamente fu esteso anche all’uovo.

Le tante uova accumulate erano regalate per Pasqua, arricchite da dediche e decorazioni bizzarre: nel settecento si regalavano uova impreziosite da minerali e gemme.

Oggi le uova di cioccolata prodotte artisticamente vengono spesso utilizzate da chi decide di fare un regalo “a sorpresa” alla fidanzata o alla moglie (ed in tal caso al pasticciere viene richiesto di inserire all’interno dell’uovo il gioiello o il monile precedentemente acquistato).

Le uova di cioccolato prodotte industrialmente fanno bella mostra di sé infiocchettate e rivestite di coloratissima carta.

I pupi cù l’uova

Fino a non molti anni fa, nelle famiglie tradizionali si disponevano a tavola le uova sode colorate preparate dalle nostre nonne, “i pupi cù l’uova”, che erano composti da pasta da pane che conteneva, immersi o affioranti dalla pasta, delle uova spesso colorate. Il pane veniva cotto con le forme più svariate e curiose: panierini, uccelli e forme antropomorfiche .

Uova rosse si regalano il giorno di Pasqua a Piana degli Albanesi ove tutti, in costume tradizionale, assistono alla sacra funzione durante la quale, in un tripudio di canti e colori, viene esaltata la resurrezione di Cristo. Al termine avviene la cerimonia della benedizione delle uova rosse che sono distribuite dalle donne in costume al popolo: il colore rosso vuole ricordare il sacrificio cruento di Gesù per la redenzione dell’umanità.

Si acquistano le “picuredda”, le pecorelle di pasta reale con il solito sorriso smagliante e recanti sul dorso lo stesso stendardo che impugna il Cristo risorto.

Nel menù palermitano non doveva mancare il capretto o almeno l’agnello al forno.

Per cucinare questa pietanza, se non si disponeva del forno, ci si riferiva al fornaio più vicino che ben si prestava ad effettuarne la cottura.

Le famiglie con poche possibilità economiche si accontentavano con lo spezzatino di carne e patate come contorno… e spesso più patate che carne.

cassataTutti trionfalmente chiudevano il pranzo con la Cassata Siciliana e i cassatieddi, questo mito della pasticceria che si gustava solamente per Pasqua, trae le sue origini da un dolce arabo: il Quas’at (scodella) una specie di zuccotto di tuma fresca addolcita.

La tuma venne dapprima sostituita con la ricotta dolcificata, e in un secondo tempo la cassata venne “foderata” con il pan di spagna.

Nella metà del settecento, le suore del monastero di Valverde di Palermo aggiunsero le attuali decorazioni barocche rappresentandola come un fiore che sboccia il primo giorno di primavera.

Il lunedì dell’Angelo ( a’ pasquetta) seguiva la gita fuori porta, alla Favorita o a Monte Pellegrino per i meno abbienti; chi poteva era ospitato in campagna. Non doveva mancare la Pasta al Forno con Anelletti e ragù e castrato (agnello particolare privo d’organi genitali e quindi più vigoroso) alla brace.

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