Nel mese di dicembre il giorno sei del calendario gregoriano si festeggia San Nicola comunemente conosciuto come di Bari o Mira, vescovo di questa antica città della Licia in Asia Minore, nel nostro tempo, Turchia.
Perpetuato a noi palermitani dalla cultura bizantina e dalla religione ortodossa, nella nostra città gli furono dedicate diverse chiese tra cui l’attuale parrocchia dell’Albergheria e, la distrutta basilica dei greci, attualmente configurata nella chiesa detta della “Martorana”.
Il culto per San Nicola fu introdotto in Sicilia probabilmente dagli Erbitani verso la fine del IV secolo al tempo dell’imperatore bizantino Arcodio.
Reputato Santo da vivente nacque a Pàtara probabilmente intorno al 250 e 270 d.c., allora provincia romana sotto la giurisdizione di Cesare Augusto, divenuto vescovo di Mira (oggi Dembre) al tempo dell’imperatore Diocleziano, subì la tortura e la prigione per poi essere rimesso in libertà con l’avvento dell’imperatore Costantino.
La sua vita fu caratterizzata dalle numerose opere di pietà e di carità, divenuto orfano di entrambi i genitori non volle continuare a vivere nell’agiatezza che i suoi gli avevano lasciato, pensò di distribuire le sue abbondanze in favore degli ultimi per onorare Dio.
La leggenda narra che durante il suo vescovato avrebbe richiamato in vita tre fanciulli che un macellaio voleva farne carne per vederla nel suo negozio.
E tanti altri ancora che ben presto accrebbero la fama di Santo riconosciutagli dai suoi stessi contemporanei.
La sua considerazione si sparse ovunque e per la sua preparazione culturale e soprattutto religiosa con molta probabilità partecipò al concilio di Nicea del 325.
Morì il 6 dicembre a Mira in una data incerta fra il 345 e il 352 è venne sepolto nella cattedrale di questa cittadina, onorato in tutte le chiese soprattutto a partire dal X secolo, le cui reliquie rimasero lì fino al 1087, quando dei marinai baresi li portarono via di nascosto e li trasferirono nella cattedrale di Bari dove attualmente sono mantenute, in seguito fu proclamato patrono della città e d’allora il Santo fu conosciuto generalmente come San Nicola di Bari, in Russia è riconosciuto il patrono della chiesa ortodossa.
Considerato patrono dei marinai, viaggiatori, pastori, dei prigionieri, delle fanciulle da marito e delle zitelle e soprattutto dei bambini, quest’ultimi la tradizione dei paesi anglosassoni che allacciano San Nicola con la grande festa della natività di Gesù, divenendo il famigerato Santa Claus e Nikolaus per i tedeschi che a Natale spostandosi di casa in casa portano doni a tutti i fanciulli.
Il tempo ha fatto mutare le sue sembianze, la pianeta rossa si è trasformata in giacca e pantaloni bordati di pelliccia bianca, la mitra di vescovo divenne un cappuccio a punta di color rosso delimitato di bianco, ha conservato la folta barba bianca ed è aumentato di peso con una pancia da bonaccione.
In Europa in tempi recenti divenne Babbo Natale, il vecchio barbuto con il suo aspetto sorridente e instancabile che distribuisce regali ai bambini proprio come San Nicola di cui mantiene lo spirito e la capacità di donare.
Le zitelle e le fanciulle, che è il loro patrono, si rivolgono a lui per trovare un marito, la cosa nasce in un momento particolare delle vita del Santo che intende dare ai poveri tutti i suoi averi affinché vivano una vita più dignitosa.
Una leggenda di quel periodo in cui il vescovo Nicola esercitava il suo mandato, intese che un povero padre dovendo maritare le sue tre figlie e non avendo i denari per mettere insieme la dote, vantaggiosamente, aveva deciso di mandarle a prostituirsi.
Nicola, venuto a conoscenza di questa pensiero, fornì tre sacchetti di monete d’oro che costituirono quindi la dote delle fanciulle, salvandone la purezza.
Nicola che in greco significa vincitore del popolo, nella sua iconografia popolare siciliana è facilmente riconoscibile perché tiene in mano tre sacchetti, certe volte simboleggiati in uno solo, di monete d’oro, il più delle volte è rappresentato sotto forma di tre palle d’oro.
Il volto austero e barbuto, ha il corpo rivestito da una tunica di colore rosso coperta da un mantello, sulla testa ha la mitra che è involta all’interno dell’aureola.
Nella mano destra tiene il bastone episcopale e con la sinistra benedice, alla sua destra, ai suoi piedi, da un barile si mostrano tre bambini esultanti e all’inpiedi, di cui uno ha le mani unite in segno di preghiera.
Il suo attributo principale sono i tre pomi d’oro ad indicare i tre gruzzoli di monete, mentre le prerogative secondarie sono costituite dal pane, dal modellino della chiesa, dall’ancora, dalla nave e dal vangelo.
Il pane segno dell’abbondanza, nelle case dove ancora lo preparano le donne, si benedice al momento di impastare la farina, la benedizione augurale finisce invocando San Nicola affinché il pane cresca ed ingrossi fino ad non entrare nel forno.
A questo Santo il giorno della sua festa, vi si dedicano dei piccoli panetti detti “panuzzi di Sanni Nicuola” che secondo la tradizione erano ritenuti rimedio infallibile per spegnere un incendio, per salvare da un grave pericolo imminente, per ridare la salute agli ammalati e, nei pericoli derivanti da fulmini correggeva la traiettoria.
Nel palermitano San Nicola viene simboleggiato e impersonato dai bambini nella coccinella septempunctata, e quando cade a loro un dente (quelli di latte per intendersi), lo si nasconde in un buco, pregando il Santo affinché l’indomani faccia trovare qualcosa.
Una volta all’introduzione del dente nel buco seguiva una invocazione da parte dell’adolescente affinché si invocasse il Santo a fargli trovare qualcosa:
Santu Nicola,
Santi Nicola
vi dugnu la zappa vecchia
vui mi dati la zappa nuova.
Il giorno dopo i genitori provvedono a mettere qualche moneta in quel buco, per cui il ritrovamento di questo premio può costituire una particolare contentezza.
Questa credenza deve essere nata dal fatto particolare della vita del Santo in riferimento alla leggenda delle tre sorelle.
Nell’eparchia di Piana degli Albanesi dove il culto per San Nicola è molto sentito è ritenuto il padre della provvidenza, nel paese di Palazzo Adriano il giorno della sua festa (lo festeggiano due giorni il 5 e 6 dicembre) le ragazze per l’occasione indossano il costume tradizionale e portano alla vita, la fibbia d’argento con l’effige del Santo che porta tanto bene e fortuna, cantano per cercare marito:
Io ti preu Niculò Santu
Pri la carità chi avisti
tri donzelli maritasti
e di grazii l’arrichisti
tu cu mia accussi a fari
e di mia nun t’ha scurdari.