Gran fermento tra bambini e ragazzi che di casa in casa percorrevano le anguste vie del centro storico e i brulicanti quartieri popolari di Palermo.

Foto e Testi © Carlo Di Franco

Nei vicoli, negli slarghi e nelle piazze, tutti affaccendati ad accumulare vecchio mobilio, assi, tavole, oggetti e materiale di ogni genere facilmente combustibile sacrificati per il rito del fuoco.

Fermento nei giorni prima del 18 marzo; la tradizione vuole infatti che nel pomeriggio di quel giorno, con il rito delle “vampe”, si annunci la festa di S. Giuseppe.

Le vecchie facciate delle case vengono rischiarate a giorno da giganteschi falò e spesso le cataste assumono tali dimensioni e le fiamme diventano così alte che è necessario l’intervento dei vigili del fuoco; tanto è vero che ogni anno le autorità cittadine tentano invano di proibire l’usanza.

Disposti a cerchio intorno al fuoco i ragazzi girano intorno alle fiamme e, a fuoco quasi esaurito, saltano sulla brace, cantando e gridando un tonante “Viva San Giuseppe”.

Altri, con un continuo via vai, cercheranno di alimentare ancora il fuoco per non farlo morire.

Al di là delle pur validissime interpretazioni antropologiche, la notte delle vampe è un momento di grande aggregazione, che vede gli adulti impegnati a tenere lontano dal fuoco i più piccoli, mentre la grande folla si riunisce per guardare affascinata la propria roba che brucia.

In Sicilia le feste del fuoco sono antichissime e, in diversi periodi dell’anno, vengono ancora oggi celebrate cerimonie nelle quali il fuoco è il principale protagonista.

Esse, secondo antichissimi riti, sanno di magico, perché connesse al culto del sole e nel contempo rivestono funzione di purificazione, bruciando le influenze dannose.

Questo rito, a Palermo, si attribuisce ad un’origine remotissima connessa al culto del sole; infatti il rito coincide con una data astronomica: l’equinozio di primavera.

Con il fuoco si vuole scacciare il freddo e la magra stagione, salutando l’arrivo della primavera e la imminente stagione dell’abbondanza.

Riscaldati e stanchi, nessuno rinuncia a gustare il dolce tradizionale palermitano, le “sfinci” di San Giuseppe, dolcissimi babà ripieni con crema di ricotta e gocce di pistacchio.

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