Il
              Colle Madore è un rilievo di modeste estenzione alto m. 779 s.l..m.
              in posizione quasi centrale tra la costa tirrenica e quella
              mediterranea distante in linea d’aria rispettivamente 30 e 50
              km. ca. ed è collocato nell’alta vallata del fiume Torto
              proprio alle spalle dell’abitato moderno di Lercara Friddi,
              sullo spartiacque tra i bacini dei fiumi Torto e Platani.
              
              Il rilievo ha forma allungata in senso Est-Ovest con pareti
              rocciose a strapiombo sul versante nord e nord-est; il versante più
              facilmente accessibile è quello meridionale, qui il terreno
              declina con decisa pendenza senza tuttavia costituire un ostacolo
              particolarmente difficile per l’accesso alla parte superiore del
              monte.
              
              L’area occupata dal colle, nei limiti che possono
              interessare l’abitato indigeno, non supera i 5 ettari, va
              comunque precisato che l’immagine attuale esterna del Madore è
              profondamente trasformata a causa dell’intenso sfruttamento
              minerario del sito, per l’estrazione del gesso e dello zolfo.
              
              
              L’idagine
              archeologica
              
              In questo sito la Soprintendenza Beni Culturali di Palermo
              ha effettuato due brevi ma intense campagne di scavo
              rispettivamente nel 1995 e nel 1998.
              
              L’esplorazione archeologica ha consentito di mettere in
              luce strutture pertinenti ad una prima fase di abitato indigeno (a
              partire almeno dall’VIII sec. a.C.) con resti di una capanna
              circolare, e di una successiva fase della seconda metà del VI
              sec. a.C., che denunzia una profonda ellenizzazione riscontrabile
              dall’alta percentuale di materiali importati e da alcuni aspetti
              legati alle tecniche costruttive delle strutture.
              
              Una violenta distruzione è documentata nell’area di
              scavo tra la fine del VI e i primi del V sec. a. C., tuttavia la
              vita proseguì, anche se in tono ridotto, fino agli ultimi decenni
              del V sec. a.C.
              
              Una frequentazione di età preistorica è documentata da
              frammenti di ceramica di Rodì-Vallelunga; in età arcaica si
              sviluppò un fiorente centro indigeno, legato sia alla buona
              posizione topografica sia alle diverse risorse dell’area. Con la
              metà del VI sec. a.C. l’influenza delle colonie greche, già
              percepibile a aprtire dalla fine del VII sec. a. C., crebbe sempre
              di più.
              
              La cima del colle Madore dovette avere, con molta
              verisimiglianza, una destinazione sacra, organizzata forse con un
              piccolo santuario incentrato su un edificio circolare che
              probabilmente alla metà del VI secolo occupò il posto di un
              edificio più antico.
              
              L’area esplorata si trova a sud della cima del colle, si
              tratta di un piccolo pendio ben definito sui quattro lati da
              confini naturali; esso è di forma irregolarmente quadrangolare
              ampio ca. 400 mq.
              
              Tra
              i primi risultati l’individuazione di una strada orientata in
              senso est.ovest e costituitra nella metà orientale da un battuto
              compatto di roccia locale e nella restante parte pavimentata con
              un lastricato realizzato con blocchi di calcare compatto.
              
              A nord della strada si rinvengono vari ambienti
              interpretati quali vani di servizio al sacello posto
              immediatamente a monte di essi; questi presentano almeno due fasi
              edilizie che sono direttamente in relazione con le vicende
              storiche del sito.
              
              In uno di questi ambienti si sono rinvenuti una serie di
              fornelli realizzati in argilla che ci permette di considerare
              l’intero vano quale una vera e propria officina metallurgica.
              
              Il sacello è un vano di forma rettangolare del quale si
              conservano solo parte dei muri perimetrali a livello di
              fondazione; al di sotto del piano pavimentale, costituito da
              roccia locale compattata, si sono rinvenuti parte dei materiali
              conservati presso la saletta espositiva attrezzata dal comune di
              Lercara Friddi nei locali della Biblioteca Comunale.
              
              Tra il materiale esposto si segnalano: diverse laminee
              bronzee decorate a sbalzo tra cui due con volto antropomorfo (VII
              sec. a.C.), un modellino fittile di capanna circolare (VII-VI sec.
              a.C.), ed un grande pithos arcaico decorato con motivi impressi e
              incisi (fine VI-inizi V sec. a.C.); altro reperto di grande
              interesse è un edicola di pietra con bassorilievo di una figura
              maschile alla fontana interpretata come Eracle (VI sec. a.C.)