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a cura di C. Ossequio


Il Tempio di Segesta

Distante da Trapani circa 41 Km. e 74 da Palermo

Segesta fu, con Erice ed Entella uno dei centri abitati fondati dagli Elimi.

Il sito fu scoperto dall’erudito Tommaso Fazello, ma fu grazie al pittore francese Jean Pierre Houel che nel 1700 si diffusero le immagini delle sue imponenti vestigia archeologiche.

La storia della città è caratterizzata dal conflitto con la vicina Selinunte per il controllo delle pianure fertili bagnate dal fiume Mazaro.

Si alleò con Atene nella guerra contro Siracusa e le sue colonie (418-417 a.C.), in seguito al fallimento dell’impresa militare, si alleò con gli storici nemici degli Elimi, i Cartaginesi e con questi distrusse le città greche di Agrigento, Imera e la stessa Selinunte.

Essendo quindi alleata di Cartagine subì un assedio da parte dei Siracusani nel 397 a.C. e in seguito fu conquistata da Agatocle (307 a.C.), i furono delle deportazioni e la città ebbe il nuovo nome di Diceapoli, ma già un anno dopo tornò sotto il dominio dei Punici.

Nel 276 fu alleata dai Pirro, finché nel 260 finì definitivamente sotto il dominio dei Romani, da cui ebbero un trattamento di favore grazie alla tradizione delle origini troiane degli Elimi, fu esentata, infatti, dall’obbligo di pagamento dei tributi, ebbe maggior controllo sulla città di Erice e conobbe una grande fioritura economica, i latifondi assunsero grandi proporzioni e da qui prese le mosse la rivolta servile del 104 a.C.

Molto scarse sono le notizie sulla vita della città in epoca romana, da Cicerone apprendiamo che fu libera et immunis; la sua fine invece è dovuta alla distruzione causata dall’arrivo dei vandali.

Dell’antico splendore della città restano poche vestigia, ma enorme importanza; anzitutto, il tempio dorico, posto sulle pendici del pianoro noto come Monte Barbaro, all’esterno della città, che risale alla fine del V secolo a.C.

Il tempio occupa una posizione estremamente scenografica, legata completamente al paesaggio circostante, che fece scrivere a Guy de Maupassant: <<sembra essere stato posto ai piedi della montagna da un uomo geniale che aveva avuto la rivelazione del punto unico in cui lo si doveva erigere>>.

Questo splendido tempio, di ordine dorico, presenta un peristilio di 6 colonne sui lati brevi per 14 sui lati lunghi (circa m. 21x56) e si eleva su un basamento a tre gradini.

Il tempio è d’ordine dorico, ha i timpani piuttosto bassi, manca la cella, le colonne sono completamente prive di scanalature ed è senza copertura, riguardo alla quale, si era pensato che potesse essere un fatto voluto a favore di un culto particolare che prevedeva un santuario a cielo aperto, ma dagli ultimi scavi si è potuta confermare la prima ipotesi del tempio incompiuto.

In effetti, ci si è chiesto, come fosse possibile che una città ricca come Segesta non abbia mai deciso di terminare quest’opera straordinaria.

Fuori dalle mura della città è il santuario in contrada Mango, di cui si conosce poco, ma in base alle emergenze si può dire che l’area sacra appare di grandi dimensioni, collegata alla città da due strade sui cui lati sono state trovate delle edicole votive.

Si trova un muro in blocchi che cingeva il temenos entro il quale sono stati scoperti resti di decorazioni architettoniche, colonne, capitelli, sole testimonianze degli edifici che sorgevano nel tempio.

E’ stato anche segnalato, nell’area del temenos, uno scarico di ceramiche del periodo compreso tra l’VII e il V secolo a.C. su cui sono decorazioni graffite in lingua elima, che hanno consentito ai linguisti di appurare che la lingua degli Elimi appartiene al ceppo indoeuropeo.

In essa erano due templi dorici del VI e V secolo a.C., purtroppo si ignora a quale divinità fossero consacrati.

Infine, il teatro che sorge sull’acropoli nord, un’area che ha restituito anche materiale preistorico.

Risale, con ogni probabilità, al IV secolo a.C., ma sono riconoscibili vistose tracce di restauri. Possiede una cavea semicircolare, in parte intagliata nella roccia e in parte sostenuta da blocchi in pietra calcarea, di cui resta parte delle gradinate, divise in sette cunei; le parodoi la dividono dalla scena, che aveva due parasceni quadrati ai lati, decorati da immagini del dio Pan. Un muro in una tecnica costruttiva più modesta cingeva l’edificio teatrale.

E’ in buono stato di conservazione e rappresenta una fase di transizione tra il tipo di teatro greco e quello romano.

L’ultimo restauro del teatro risale al 1932, oggi il teatro è usato per le rappresentazioni di tragedie greche antiche.

La città doveva avere un impianto urbanistico regolare, con strade ortogonali ed era difesa da mura  e torri; le mura della città presentano una doppia cintura, ma non sono ancora ben studiate e non sono perfettamente chiari i rapporti tra le stesse.

A est della città è stata individuata una discarica in cui è stato recuperata una grande quantità di materiale ceramico e altri importanti reperti conservati per lo più presso il Museo archeologico di Palermo.

Le necropoli della città non sono ancora state individuate.

La città disponeva di un porto, ma non è ancora stata scoperta la strada che lo collegava alla città, e di una zecca e sono tantissime le monete della città rinvenute negli scavi, tutte con legenda in greco.

Gli studi sulla città, che proprio in questo periodo stanno godendo di una nuova fioritura, dovrebbero fornire nuovi dati sulla topografia della città e farci comprendere meglio le peculiarità che caratterizzano l’ethnos degli Elimi.
 

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