Diagnosi di Autismo più facile con i cartoni animati

Osservare il modo in cui un bambino risponde alla visione dei cartoni animati può aiutare a diagnosticare più facilmente l’autismo.

Lo suggerisce uno studio pubblicato su ‘Nature’ e firmato da ricercatori dell’università di Yale (Usa), che potrà contribuire all’elaborazione di un test specifico per ‘captare’ la malattia e iniziare a curarla precocemente.

I bambini solitamente iniziano a prestare attenzione ai movimenti del mondo che li circonda poco dopo la nascita, raccogliendo informazioni dai segnali che arrivano dall’esterno. I piccoli affetti da autismo, invece – assicurano gli esperti – spesso non si concentrano sui movimenti in generale, ma su quelli collegati a un suono.

Per l’esperimento, gli studiosi hanno creato cinque versioni diverse di video animati per bambini, in cui a vari punti di luce corrispondeva un movimento, ognuno accompagnato da un suono. Nell’altra metà dello schermo la stessa animazione è stata presentata proiettandola al contrario, ma con lo stesso sottofondo audio.

Coinvolgendo 21 bimbi con disturbi autistici, 39 piccoli sani e 16 con problemi di sviluppo ma senza autismo, gli esperti si sono resi conto che il gruppo di bambini autistici, al contrario degli altri due, non mostrava preferenze per la versione normale del filmato.

Se il cartone animato iniziale veniva però mostrato aggiungendo ulteriori chiari movimenti collegati a suoni, come il battere forte delle mani di un personaggio, anche i bimbi autistici preferivano la prima versione del video.

“I risultati ottenuti – sottolinea Thomas Insel, direttore del National Institute of Mental Health, che ha finanziato lo studio – potranno servire a correggere l’attenzione visuale dei bambini autistici e a elaborare dunque nuove terapie contro questa malattia”.

fonte Quotivadis-Roma, 30 mar. (Adnkronos Salute)

La transessualità ha origini genetiche! Parola di scienziato.

Identificato il gene dei transessuali. La scoperta, che sovverte le tesi secondo cui il transessualismo sarebbe una mera scelta di vita, fornirebbe una base biologica a quanti si sentono nel corpo sbagliato. I ricercatori del Prince Henry’s Institute of Medical Research del Monash Medical Centre, in Australia, hanno scoperto che nel Dna di 112 uomini transessuali era presente una versione più lunga del normale di un recettore androgeno.

La prova del nove è stata condotta confrontando quei patrimoni genetici con quelli di 258 persone non transessuali. “E questa caratteristica – rivelano su Biological Psychiatry – determina un segnale più debole dell’ormone maschile, il testosterone”. In ogni caso, aggiungono gli scienziati, “ci sono altri interruttori genetici sospettati di avere un ruolo nel transessualismo da uomo a donna”.

Ma il fatto nuovo è che sono state identificate della cause biologiche, e non psicosociali, che determinano l’identità sessuale. “Il recettore del testosterone meno efficiente – ipotizza la ricercatrice australiana Lauren Hare – potrebbe influire nello sviluppo cerebrale sin dal feto”.

E se così fosse, aggiunge Vincent Harley, “lo stigma sociale che addita l’identità transessuale come una scelta di vita verrebbe meno, lasciando il campo a una spiegazione biologica”.

Queste conclusioni, benché siano frutto del più ampio studio mai condotto finora sulle cause del transessualismo, saranno ora messe alla prova con una sperimentazione da condurre su un campione ancora maggiore della popolazione.

fonte adnkronos

Nascerà in Italia il primo “glucoantibiotico” ?

Il glucosio si rivela un potente antinfiammatorio e, addirittura, un “salvavita” contro le infezioni gravi. È quanto dimostra uno studio, condotto su topolini di laboratorio, del MIL (Mucosa Immunity Lab), Dipartimento di Morfologia Umana dell’Università degli Studi di Milano.

La sperimentazione, spiega il coordinatore dello studio Cristiano Rumio, docente di Farmacia all’università di Milano, «è stata condotta su animali, ma i risultati positivi ottenuti sui topi lasciano ben sperare, anche se successive sperimentazioni saranno necessarie».

Il glucosio è uno zucchero semplice utilizzato dall’industria alimentare e, finora, le sue proprietà antinfiammatorie erano sconosciute.

«Nel nostro esperimento – spiega Rumio – abbiamo somministrato estratti di batteri a topolini per via orale e abbiamo così indotto negli animali una forma di colite. A questo punto, abbiamo somministrato alte dosi di glucosio per via orale, riscontrando una successiva guarigione dei topolini». In una seconda fase, prosegue l’esperto, «abbiamo quindi somministrato ai topolini, in contemporanea, degli estratti di batteri e dosi di glucosio. Si è così visto che l’infezione non compariva».

Ma il glucosio potrebbe addirittura rivelarsi un “salvavita”: «Abbiamo indotto in animali – prosegue Rumio – uno shock settico, ovvero un’infiammazione di tutto l’organismo che può portare a morte; quindi, sono state somministrate negli stessi animali dosi di glucosio, constatando che in questo modo l’infiammazione si arrestava fino e scomparire». Lo studio, sottolinea Rumio, «dimostra quindi, per la prima volta, come, in modo assolutamente sorprendente il glucosio, se somministrato per via orale e in alte dosi, sia in grado di impedire la morte in animali in cui è stata indotta la sepsi, oltre ad essere in grado di ridurre lo stato infiammatorio negli stessi animali, aumentando la produzione nell’organismo della citochina anti infiammatoria IL10». Il prossimo passo, conclude l’esperto, «dovrà essere l’avvio di una sperimentazione sull’uomo».

fonte: sito Ordine Medici Palermo

Piccoli italiani in sovrappeso, ma le mamme negano !

Sono più di un milione i bimbi italiani fuori peso forma, nella fascia di età tra 6 e 11 anni; ogni 100, 24 sono in sovrappeso e 12 obesi.

Questo è quanto emerge da “Okkio alla salute”, un’indagine condotta in 2.610 classi, circa 46.000 bambini, in 18 regioni italiane dal ministero del Welfare, coordinato dall’Istituto superiore di sanità in collaborazione con il Miur e con la partecipazione dell’Istituto nazionale di ricerca e nutrizione.

I numeri, proiettati a tutta la popolazione nella fascia di età tra 6 e 11 anni, indicano l’Italia divisa in tre blocchi: a Nord il peso dei bambini è entro la media nazionale (Sardegna compresa), in Centro è leggermente superiore mentre a Sud è decisamente superiore.

In particolare, se il sovrappeso è abbastanza diffuso ma con valori vicini alla media nazionale del 24% nelle diverse aree, per l’obesità si riscontrano più variazioni.

“I numeri di Campania (21%), Sicilia (17%), Molise (16%) e Calabria (16%) si scontrano con una media nazionale del 12%, e con i minimi di Friuli Venezia Giulia (4%), Valle d’Aosta (6%) o Sardegna (7%)”.

L’indagine ha permesso anche di delineare le abitudini alimentari e l’attività fisica dei bambini italiani: “L’11% dei bimbi salta la prima colazione e il 28% la fa in modo sbagliato, la merenda di metà pomeriggio è troppo calorica per l’82%, e quasi uno su quattro non consuma né frutta né verdura.

Solo un bimbo su 10 pratica l’attività fisica raccomandata per la sua età.”. Inoltre, ad allarmare gli specialisti, il fatto che le mamme italiane sembrano non accorgersi del problema dei loro figli: quattro mamme su 10 con bimbi in sovrappeso non ritengono che il proprio figlio abbia un problema di questo tipo e sottovalutano la quantità di cibo che consumano.

Nelle scuole italiane la situazione sembra migliore: il 64% delle scuole ha una mensa e il 12% prevede la distribuzione di alimenti sani. Il 74% delle scuole, inoltre, ha inserito nei programmi approfondimenti in tema di nutrizione e il 71% delle classi svolge due ore di attività motoria a settimana.

Fonte: Adnkronos salute

Obesità: tredicimila passi al giorno per prevenirla nei bambini

Tredicimila passi al giorno e non più di due ore davanti a tv e videogames. Funziona davvero la ricetta anti-obesità per bambini messa a punto dai pediatri americani: lo dimostra uno studio di un gruppo di ricercatori dell’università statunitense dell’Iowa pubblicato sulla rivista Journal of Pediatrics.

Per evitare i chili di troppo già nell’infanzia, i medici dell’American Academy of Pediatrics raccomandano innanzitutto attività fisica, 13.000 passi al giorno per i maschi e 11.000 per le femmine, e poca tv (non più di due ore al giorno).

Per verificare l’efficacia di queste raccomandazioni, i ricercatori guidati da Kelly Laurson hanno sottoposto a una serie di test 709 bambini tra i 7 e i 12 anni. Hanno così scoperto che queste semplici regole permettono di ridurre addirittura di 3-4 volte il rischio di sovrappeso.

In particolare, tra i bambini più diligenti, il peso forma è stato superato solo dal 10% dei maschi e dal 20% delle femmine. Tra i più pigri, invece, il 35-40% dei bambini è diventato sovrappeso.

fonte: www.ordinemedicipa.it

Infarti e ictus: prevenzione di massa dopo i 50 con l’aspirina

Prevenzione di massa contro l’infarto utilizzando uno dei farmaci più antichi che la medicina conosca: l’aspirina. I benefici di un uso quotidiano dopo i 50 anni potrebbero essere considerevoli: -10% di infarti.

Una cifra che solo in Italia si potrebbe tradurre in 20 mila casi l’anno considerando che sono 200 mila gli italiani che subiscono un attacco di cuore. E’ la British Heart Foundation a consigliarne l’utilizzo alla luce dei risultati di uno studio condotto dalle Università di Nottingham e Sheffield su 12 mila pazienti per 10 anni: uomini con più di 48 anni e donne oltre i 57.

L’aspirina è da molto tempo il farmaco d’eccellenza nella prevenzione delle malattie cardiache e milioni di persone in tutto il mondo ne fanno già uso quotidiano, prescritta fino ad ora però solo a categorie con rischio più alto. Le raccomandazioni della British Heart Foundation, potrebbe quindi allargare gli orizzonti di utilizzo di questa molecola, per la quale ora se ne consiglia l’uso di massa dopo i 50 anni.
I benefici, spiegano gli esperti, con una riduzione del 10% di infarti e ictus, sono maggiori rispetto ai rischi come le ulcere gastriche. Ma gli esperti inglesi, riferisce il sito della Bbc, non dimenticano di invitare a valutare il proprio rischio individuale, migliorando i propri stili di vita.

“E’ un’idea sensata – commenta il farmacologo Luciano Caprino – uno dei maggiori esperti di farmaci antiaggreganti – e il vantaggio di ridurre del 10% gli infatti giustifica il consiglio di un utilizzo esteso dell’aspirina. Ma ci sono dei problemi: quelli allo stomaco, le piccole emorragie che si possono sviluppare e i rischio di complicazioni renali. Per evitare problemi è considerato più conveniente dare dosi molto basse a stomaco pieno” la cosidetta “aspirinetta”.

In futuro, ha concluso Caprino, sarà possibile individuare con test biochimici e funzionali le persone più a rischio e concentrare su di esse le terapie. Ma il farmaco, secondo altri studi, fra i quali anche uno italiano, sarebbe capace di offrire vantaggi nella prevenzione dei tumori della bocca, della gola e dell’esofago.
All’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri hanno, infatti, verificato che assumere aspirina regolarmente per cinque anni ridurrebbe di 2/3 il rischio di contrarre tumori del tratto aerodigestivo superiore. Secondo i ricercatori non è da escludere poi un ruolo del farmaco nella prevenzione dei tumori dell’intestino già suggerito da precedenti studi.

fonte: www.ordinemedicipa.it

Piercing: una volta su quattro porta complicazioni

Il pearcing alla lingua, quello che ha portato una ragazza di 15 anni in ospedale a Galatone (Lecce), è proprio quello considerato più a rischio complicazioni da parte degli esperti.

La moda ha un costo elevato di salute e in un caso su 4 si verificano problemi, tanto da avere spinto molte istituzioni sanitarie locali e nazionali a disporre norme di sicurezza per bloccare il fenomeno di abusivi che operano senza rispetto di norme igieniche o nozioni di sicurezza.

A questo puntano le linee guida emanate nel 1999 dal ministero della Salute ma, secondo i dati dell’associazione italiana tatuatori riuniti, applicate soltanto in 6 regioni. Solo due mesi fa una donna fu ridotta in gravi condizioni per un piercing al sopracciglio

Più di un quarto delle persone che si fanno un piercing soffre di complicazioni e l’1% dei giovani tra i 16 ed i 24 anni che si fanno bucare la pelle in punti diversi arriva in ospedale. Il dato deriva da un recente studio della London School of Hygiene and Tropical Medicine, su un campione di 10.503 persone dai 16 anni in su, 1.049 delle quali avevano piercing.

Donne e giovani sono le categorie più propense a farsi fare un piercing. I punti più comuni sono l’ombelico (33%), il naso (19%) e le orecchie (13%), seguiti da lingua e capezzolo (entrambi al 9%), sopracciglio (8%), labbra (4%) e parti intime (2%).

Tra i disturbi più comuni che i piercing possono provocare vi sono gonfiori, perdita di sangue e infezioni.
A richiedere più attenzione sono in particolare il piercing alla lingua (50%), parti intime (45%) e capezzoli (38%). Gli esperti invitano alla cautela anche per il rischio di trasmissione di virus come HIV o epatite attraverso i piercing.

Ecco alcune regole per orientarsi nel mondo dei tatuatori senza correre rischi: no ai tatuaggi e piercing a casa; no a chi lavora on-the-road; rivolgersi a studi specializzati; chiedere di vedere gli aghi, che devono essere usa-e-getta; verificare che le superfici siano protette da coperture monouso. Molta attenzione deve venire anche da chi si fa fare il piercing: è necessario disinfettare e pulire la parte più volte al giorno e usare creme antibiotiche.

Scoperto il gene responsabile del neuroblastoma

Aprirà prospettive per i test predittivi e per nuove terapie

L’equipe di John Maris, dell’University of Pennsylvania School of Medicine di Filadelfia, ha scoperto una mutazione genetica all’origine della maggior parte dei casi ereditari di neuroblastoma, il tumore cerebrale responsabile del 15% di tutte le morti oncologiche in eta’ pediatrica, con una probabilita’ di sopravvivenza inferiore al 40%. Secondo gli autori dello studio, pubblicato online su ‘Nature’, questa ricerca apre le porte allo sviluppo di test predittivi e nuovi trattamenti efficaci.

Il sospetto che alla base del neuroblastoma ci fosse un’alterazione genetica risale a oltre 30 anni fa.

Un’intuizione confermata definitivamente dallo studio di Maris e colleghi. Il team Usa ha analizzato il genoma di 20 famiglie con casi di neuroblastoma, individuando nella maggior parte di questi gruppi familiari la stessa mutazione genetica: un’alterazione puntiforme al gene che regola la produzione del recettore ALK dell’enzima tirosina chinasi. La forma mutata del recettore – spiegano gli esperti – induce una proliferazione cellulare senza sosta, che alla lunga finisce per scatenare il cancro.

L’alterazione del recettore ALK e’ stata riscontrata anche in alcune forme sporadiche di neuroblastoma. Gli scienziati ritengono che, in futuro, sara’ possibile sviluppare nuovi test molecolari per diagnosticare la predisposizione genetica ad ammalarsi di neuroblastoma. Sono inoltre convinti che il recettore ALK potrebbe essere utilizzato come nuovo target per terapie ad hoc.

fonte: Sanitanews del 26/08/08

Oscar Pistorius infiamma la torcia olimpica

Oltre al problema Tibet le prossime Olimpiadi passeranno alla storia anche per il caso Oscar Pistorius.

Importanti organizzazioni sportive internazionali decideranno infatti tra pochi giorni sulla partecipazione dell’atleta paraplegico, privo di gambe, che corre con l’ausilio di protesi.

E c’è il rischio che l’esclusione già paventata nei mesi scorsi venga confermata. L’argomento addotto finora è che l’atleta sarebbe avvantaggiato dalle protesi rispetto agli altri atleti. Ma ciò non tiene in alcun conto nè le difficoltà di adattamento alle gare sportive nè il puro spirito partecipativo e quindi olimpico di cui Pistorius è portatore.

D’altra parte se è ritenuto portatore di handicap come è pensabile possa essere avvantaggiato? I veloci progressi della scienza medica hanno portato in questi giorni all’uso di occhi bionici: allora dovremmo impedire le gare di tiro con l’arco a chi ha occhi finti? E che dire allora delle nuove mute per le gare di nuoto che sono state autorizzate e che migliorano di molto le prestazioni sportive?

Non è anche questo un apporto esterno ai mezzi del proprio fisico? Il problema è che i continui progressi della scienza porteranno nel tempo sempre più a vedere persone con arti o parti bioniche e allora ci si dovrà interrogare se aprire le gare olimpiche soltanto a pochi intimi o se garantire un’ampia partecipazione alla maggior parte della popolazione.

Il caso Pistorius ci obbliga a guardare lontano e con nuovi occhi. Approfittiamone.

L’endometriosi

L’endometriosi è una malattia complessa e cronica, originata dalla presenza anomala del
tessuto che riveste la parete interna dell’utero, endometrio, in altri organi quali ovaie, tube,
peritoneo, vagina, provocando sanguinamenti interni, infiammazioni croniche e tessuto
cicatriziale, aderenze ed infertilità.

Ogni mese, sotto gli effetti degli ormoni del ciclo mestruale, il tessuto endometriale
impiantato in sede anomala , va incontro a sanguinamento, nello stesso modo in cui si
verifica a carico dell’ endometrio normalmente presente in utero.
Tale sanguinamento comporta un’ irritazione dei tessuti circostanti, il quale dà luogo a
formazione di tessuto cicatriziale ed aderenze.

L’irritazione dei tessuti può essere talvolta presente anche in sedi non prettamente di
natura genitale quali: intestino, vescica, ureteri, legamenti utero sacrali. L’infiammazione di
questi tessuti, incide pesantemente sulla qualità di vita della donna in quanto, il dolore che
l’ endometriosi extra genitale comporta, invalida il normale svolgimento delle attività
quotidiane, i rapporti interpersonali e di coppia. Spessissimo questi dolori vengono
associati o attribuiti alla sindrome del colon irritabile o a stress. Una diagnosi tempestiva è
fondamentale affinché l’endometriosi extra genitale, non possa provocare danni importanti
a carico di organi vitali come il rene.

Dolore ai rapporti sessuali, dolori lombari cronici ed inspiegati, stitichezza alternata a
diarrea, sciatalgia presente durante la fase mestruale, potrebbero essere tutti sintomi
legati alla patologia endometriosica.
L’endometriosi è spesso dolorosa (60% dei casi circa) fino ad essere invalidante con
sintomi molto caratteristici: dolore pelvico cronico, soprattutto durante il ciclo mestruale (o
in concomitanza con lo stesso), dolore ovarico intemerstruale, dolore all’evacuazione.
Ci sono anche altri sintomi, non meno significativi: il dolore durante e dopo l’atto sessuale
(64%), infertilità (30/35%), aborti spontanei, affaticamento cronico, periodi di stitichezza
alternati a diarrea.
Questi ultimi sintomi vengono molto spesso associati ad una diagnosi di “colon irritabile” in
quanto i sintomi sono simili tra loro.
Talvolta l’endometriosi è riscontrabile anche in sede intestinale e vescicale, sui legamenti
utero sacrali, nel setto retto vaginale, tube.
Si stima che in Europa circa 14 milioni di donne siano affette da endometriosi e che in
Italia il 20/25% di donne in età fertile, soffrano per le conseguenze dell’endometriosi.

In Europa il costo delle giornate di lavoro perso a causa dell’endometriosi, è stimato
intorno ai 30 miliardi di euro.
Purtroppo le percentuali sono in aumento ed al momento non sono disponibili ulteriori
statistiche relative ai casi di endometriosi in Europa.
Nei primi mesi del 2005, la EEA (European Endometriosis Alliance), ha sollecitato i
membri del Parlamento Europeo dei propri paesi d’appartenenza, ad apporre la firma sulla
dichiarazione di consapevolezza dell’endometriosi, sulle sue conseguenze e
sull’importanza della ricerca.

266 parlamentari hanno firmato la dichiarazione la quale è stata presentata il 13 giugno al
Parlamento Europeo dai rappresentanti delle varie associazioni di pazienti affette da
endometriosi, presenti in Europa.

L’alto numero dei firmatari ha fatto si che la dichiarazione risultasse un vero successo; di
seguito alcuni stralci:
· Aumentare le risorse per la ricerca sulle cause e la cura dell’endometriosi
· Includere la prevenzione dell’endometriosi nei programmi della salute pubblica

Un altro passo importante per le donne affette da endometriosi, è stato raggiunto il 18
gennaio 2006, giorno in cui è stato approvato il documento conclusivo sull’indagine
conoscitiva sul fenomeno dell’endometriosi come “malattia sociale”.
Il documento, presentato al Senato dalla Senatrice L. Bianconi, ha visto la sua conclusione
il giorno 30 novembre 2005.

Ci auspichiamo che con il passaggio alla Camera, il documento possa essere tradotto in
legge, con tutti i benefici che ne deriverebbero.

(pervenuto da Loredana Cucchiara: apeonlus, progetto per l’endometriosi)