Carini sorge su una collina a 162 metri sul livello del mare, all’interno della catena dei monti Ericini che dalla punta Lilibeo vanno fino a Capo Gallo.

Distante circa 26 Km da Palermo, il suo territorio si estende fino al mare.

Il nome Carini deriva dal sostantivo “Hyccara”, nome originario del paese.

Il primo insediamento nel territorio sarebbe stato verosimilmente ad opera dei Sicani, in un tratto di costa ad occidente di Palermo, che si estendeva nelle attuali zone della “Chiusa Carrubba”, “Piraineto” e “Carbulangeli”.

Il re Cocalo avrebbe dato incarico all’architetto Dedalo di costruire in questo territorio una città-fortezza, affidandogliene la signoria. Secondo Tucidide, Hyccara raggiunse il suo massimo splendore nella seconda metà del V secolo a.C. Divenuta un importante emporio marittimo, fu molto frequentata dai Fenici che vi portarono numerosi prodotti e metalli sconosciuti alla nostra isola.

Scoppiata la guerra tra Atene e Siracusa, gli Ateniesi vennero in Sicilia chiamati da Segesta e Selinunte, nemiche di Siracusa. Nel 415 a.C. Nicia, al comando di 5.000 guerrieri Ateniesi, assalì e distrusse Hyccara. I suoi abitanti furono fatti schiavi e venduti al mercato di Catania. Fra i prigionieri, viene ricordata l’etera Laide che, portata a Corinto, divenne famosa per la sua bellezza.

Gli “Iccarensi” scampati all’eccidio e alla schiavitù, per ragioni di sicurezza edificarono la seconda Hyccara lontano dal mare, vicino alla montagna, fra i boschi, nella contrada oggi chiamata “San Nicola”, intorno al 370 a.c. Il territorio fu abitato anche da numerosi Cartaginesi, attratti dalla fertilità del suolo, a protezione del quale costruirono il cosiddetto “muro di Carini”.

La pratica dell’agricoltura e del commercio portò presto ricchezza a questa città, dove sorsero case sontuose, molte delle quali con pavimento a mosaico, di cui rimangono ancora oggi testimonianza. Sotto il dominio romano, dopo la sconfitta dei Cartaginesi (264 a. C. ), seguì un lungo periodo di pace, nel corso del quale fiorì in particolare l’agricoltura. Il primo importante evento citato dagli storici di Roma, è il soggiorno dell’imperatore Antonino Pio, ricordato da Plinio, mentre resti di una catacomba paleocristiana nell’area dove oggi sorge la frazione di Villagrazia, attestano la particolare diffusione della fede in Cristo nel territorio, in epoca anteriore al Vl-V secolo.

Tra l’VIII ed il IX secolo d.C, la seconda Hyccara subì incursioni saracene fino a quando venne definitivamente conquistata dagli Arabi, insieme a tutta la Sicilia occidentale.

Il periodo arabo fu, in generale, prospero per il nostro territorio, grazie anche alla vicinanza di Palermo, la cui corrente di traffici era molto fiorente in quell’epoca. Sorsero manifatture artigiane e furono attivate terme molte adatte a chi soffrisse malattie della pelle e del ricambio.

Con la conquista normanna, nel 1072, il conte Ruggero assegnò la baronia di Carini a Rodolfo Bonello che fece edificare alla fine del sec. XI una “fortezza” che dominava il territorio. Lo stesso viaggiatore arabo Idrisi testimonia nel 1154 l’esistenza di questa costruzione. Sotto la dominazione sveva la borghesia dell’Università di Carini ebbe quattro rappresentanti, a testimonianza dell’importanza che questa cittadina andava acquisendo.

Nel periodo angioino la signoria della città fu affidata a Palmerio Abbate, la cui famiglia rimase al potere fino al regno di Martino I, fino a quando, cioè nel XIV secolo il re aragonese non confiscò tutti i beni agli stessi Abbate, accusati di fellonia, a seguito dell’alleanza con I Chiaramonte. Nel 1397 il feudo fu concesso al catalano Libertino La Grua, la cui figlia Maria, sua erede, andò in sposa a Gilberto Talamanca. Nacque in questo modo la dinastia La Grua-Talamanca che mantenne la baronia di Carini fino al XIX secolo.

L’inizio del XV secolo segnò un periodo di risveglio e di benessere per tutto il territorio. Sorsero molte costruzioni attorno al castello e ville nelle aree limitrofe. Fiorì l’architettura laica ed ecclesiastica, mentre venne lentamente configurandosi un ceto borghese, grazie alla concessione di numerose enfiteusi e allo sviluppo dell’attività commerciale. L’agricoltura si arricchì di oliveti e di colture particolari, come quella della “cannamele”.

Molti titolati della Palermo vicereale vennero a villeggiare nel nostro ameno paesaggio. Nacque così, fra le altre, la borgata di Villagrazia.

L’architettura del castello si accrebbe di numerosi interventi nelle varie fasi di ampliamento e trasformazione, anche se nell’anno 1563 un’ombra tragica si abbattè su di esso con la morte di Laura Lanza di Trabia, moglie di Vincenzo II La Grua, uccisa per mano del padre Don Cesare Lanza. L’evento rimase nella memoria popolare come “L’amaro caso della baronessa di Carini”.(vedi in fondo alla pagina)

Il legame dei La Grua con Carini cominciò ad allentarsi alla fine del 700; poi, l’abolizione della feudalità (1812) e il trasferimento di Antonio Francesco La Grua a Parigi (1839), fecero sì che agli antichi signori rimanesse soltanto la proprietà del Castello.

Liberatosi della baronia, il Comune di Carini ebbe presto uno sviluppo nel campo della pubblica istruzione e della cultura, attrezzandosi, fra l’altro, di un teatro e valorizzando la Biblioteca fondata nel 1775 da padre Francesco Scavo. Al tempo stesso, l’incalzare degli eventi del nostro Risorgimento trovò in questa città terreno fertile e sorprendente partecipazione. I moti del ’48 si trasformarono in una grande adesione popolare che sfociò in una sorta di festa di liberazione. Dopo la repressione del ’49, dalle residenze estive di Villagrazia al centro urbano, i venti di cospirazione si fecero sempre più forti. Il convento dei Carmelitani diventò il centro di raccordo dei rivoluzionari, e vi si prepararono armi e munizioni. Fu così che da Carini, il 4 aprile 1860, partirono ben 400 uomini alla volta di Palermo, e dopo la nuova dura repressione borbonica, che costò la vita a numerose vittime in città, Carini fu ancora testa di ponte dei vicini Comuni, anche della provincia di Trapani, per dare man forte con successo a Garibaldi.

Dopo l’unità d’Italia, la storia di Carini è quella del frazionamento delle terre, soprattutto agrumeti e vigneti, ma anche quella che porta ai grandi flussi migratori. L’ultimo Ottocento è tuttavia caratterizzato da una consistente regolarizzazione dell’impianto urbano, accompagnato dalla costruzione di bei palazzi e di fontane. La seconda metà del Novecento è invece l’era dell’industrializzazione che ha, come conseguenza, un consistente calo dell’attività agricola.

Nonostante ciò, Carini mantiene forte ancora la sua identità, che scorre lungo tutta la verticalità che congiunge il suo bellissimo mare attraverso il verde ridente dei giardini di limoni fino alla terrazza sullo stupendo paesaggio del golfo che congiunge Palermo a Punta Raisi, e che rimane sospesa sotto il grande castello a fianco della bella città.

E’ così che si presenta oggi al turista, splendida del sole mediterraneo; ricca del fascino della sua storia millenaria e di tante testimonianze d’arte.

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